Trentasei comuni della Piana di Gioia Tauro visitati in un mese e mezzo, due. Sei mesi dopo il terremoto del 1908. Con la rilevazione di una ventina di indici diversi, istruzione, sanità, fisco, amministrazione pubblica. A opera di un vicentino, Malvezzi, e di un piemontese, Zanotti-Bianco. Un lavoro non preciso, s’immagina, benché dettagliato. E tuttavia la ristampa dopo un secolo – le “Note” sono uscite nel 1910 - sembra di un libro attuale.
L’incuria è forte. La religiosità pure, con grande sperpero di denaro per le feste religiose. Il latifondo, ce occupa gli storici calabresi, vi è sconosciuto: “La proprietà vi è fazionata oltre ogni credere”. I luoghi sono feraci, di olio, di vino, di ortaggi, ricchi di350 frantoi: “La Piana di Gioia, che si estende dalla marina fin dentro l’Aspromonte, è uno dei più incantevoli paesi d’Italia”. Lo Stato non c’è – c’è ma è come se non ci fosse. E il ceto politico: “Ricordo”, scrive Zanotti-Bianco, “con che senso di meraviglia un deputato raccoglieva da noi informazioni sui paesi più abbandonati del suo collegio”.
Bene, non è cambiato nulla. Cioè male. Dei 33 comuni di cui i due studiosi hanno indagato i bilanci, l’80 per cento delle entrate era dato dalla sovrimposta sui terreni e i fabbricati, uguale per tutti, a prescindere dal reddito complessivo dei soggetti, e dai dazi al consumo, l’Iva di oggi, in aggiunta alla patrimoniale e ai dazi del governo. Il contributo del governo non arrivava al 5 per cento del bilancio dei comuni. Imposta e sovrimposta sui terreni erano quelle di quarant’anni prima, quando il vino valeva il doppio, e i vigneti non erano stati colpiti dalla filossera, e l’olio tre volte il prezzo corrente.
I sussidi dello Stato sono indirizzati alla scuola. Ma sono una miseria: i Comuni spendono per la scuola un quinto delle entrate, lo Stato contribuisce per appena un sesto della spesa. “Interamente privo di sussidi governativi è il settore sanitario”. Niente anche ai lavori pubblici. Edifici scolastici compresi. Neppure dopo il terremoto.
Il divisionismo
Opera d’insolita intelligenza anche fuori della statistica, là dove affronta la futura storia delle mentalità, con la “personalità dei paesi” di Rodenbach: ogni paese “ha, si può dire, uno «stato d’animo» che lento s’insinua, che non sentito s’inocula in ci lo vive e lo soffre”. Uno Squillace “studioso della questione meridionale”esperto del Meridione si segnala con questa citazione da antologia: “La ragione prima della lentissima evoluzione della Calabria va ricercata in certe passate condizioni di fatto che hanno formato quello spirito di individualismo che pirta non al separatismo, a cui nessuno pensa, ma al divisionismo; cioè alla mania di appartarsi ognuno per sé, contento di un ideale ristretto qual’è quello della propria famiglia o del proprio villaggio, e che porta, per immediata e necessaria conseguenza, il concetto esagerato della propria individualità. La solidarietà sociale è in Calabria un’idea inconcepibile, e la cooperazione delle forze un fatto finora quasi impossibile. Questo divisionismo, alla sua volta, non è che l’effetto dello stato di profonda ignoranza che rappresenta non solo un ostacolo passivo ma una forza attiva che agisce contro il progresso”. E quanto attiva…
La storia certo può cambiare. Gerace, che i pochi anni di deputazione di Vittorio Sgarbi hanno mutato in città di arte e storia, è ricordata da Malvezzi e Zanotti-Bianco per “le grotte trogloditiche”. Fra un secolo ci sarà magari uno Sgarbi per tutto l’Aspromonte occidentale, che pure è tanto ricco.
Giovanni Malvezzi, Umberto Zanotti-Bianco, L’Aspromonte occidentale, Nuove Edizioni Barbaro, pp. 180, € 12
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