zeulig
Curiosità - È stupida (non è profonda), ma tiene compagnia. È socievole.
Aiuta, bisogna sempre cominciare qualcosa di nuovo.
Democrazia – Forse è una dottrina senza fondamento. È un raffinamento dello spirito – proprio così, alla Crébillon fils, come la galanteria, per quanto oggi sembri inverosimile, lo era a quei tempi. Si prenda il democraticismo (egualitarismo) intellettuale. È snob, superficiale, comodo, ipocrita, pudicamente perverso, perfino opportunista, libertino incoerente. Anche nella passione. È visionoe, forse turpe. Allora, la democrazia non dev’essere intellettuale? Non teorizzata ma praticata? Deve venire dai fatti, dalle viscere? Non è mai successo: la gente si accomoda al peggio, ci sguazza. L’uguaglianza è solo una dottrina, non innocente.
L’uguaglianza presuppone l’individualismo. Non come dottrina, come prassi consolidata, robusta. Non come causa, come fattore coesivo. Può aversi in una società libera, realizzata, matura, la sola che possa cominciare a pensare ai beni collettivi. L’ugualitarismo sovietico è stato un guscio vuoto e lascia tante macerie perché inculcava l’odio dell’individuo, il peccato.
Dialettica - È l’indeterminato delle filosofie orientali. È cabbala: dal due l’uno etico. È anche l’atto della riproduzione.
Divenire – Tutto scorre da dove a dove, da nessun inizio a nessuna fine, dal nulla al nulla, significa anche: qui siamo e qui restiamo. Segnali d’aria, nella macchina del vento – banderuole?
L’essere certo è divenire, ma non per questo è (più) consistente. Non è neppure tanto logico. Bisogna anche intendersi sul nulla, se nulla viene dal nulla, come dice Lucrezio, e nulla vi finisce, come dice la chimica. Che è ben detto, ma insensato: tutta la letteratura sul nulla è aria.
Dio – Forse vuol essere normale, sarà per questo assente. Ha tentato con la creazione, non gli è venuta bene, e se ne sta tranquillo, per i fatti suoi.
Nietzsche l’ha detto chiaro nel”Crepuscolo degli dei”: “Non ci sbarazziamo di Dio perché crediamo ancora nella grammatica”. Il Dio che è morto è quello della logica.
È “quella cosa che si chiama Dio” di san Tommaso.
Elementi – Le quattro sostanze della fisica antica, e della musica, ci sono. Hanno statuto di forze della natura nella fisica contemporanea: gravità, elettromagnetismo, forza nucleare forte, forza nucleare debole.
Entelechia - È la qualità della cosa nel senso del limite, il destino avverso – altrimenti la cosa è espansiva, innovativa. Uno è quello che è in negativo, altrimenti si trasforma. Chi è nervoso non fa differenza fra un mal di testa e un cancro, un pettegolezzo e una citazione in tribunale, uno scherzo e colpo di cannone. Chi ha paura di tutto non distingue un topo da un’atomica. Chi ama piangere piangerà tutte le gioie della sua vita. Chi è pacifico non lo scuoterà la guerra.
Ognuno nasce col destino – il carattere. Con i limiti dell’imprinting, la storia, i linguaggi, la fisiologia. Ma la razionalità, il cambiamento in corsa, è eccezionale, è vero.
Erotismo - È un linguaggio naturale, il linguaggio del silenzio quanto nessun altro. La parola vi entra per il suono, non per il significato: “Ti amo” è un concetto banale. La pulsione è un gergo naturale, non storico.
Esilio – È la condizione normale: movimento, migrazione, sradicamento. La stabilità è valore massimo perché è qualcosa che si perduto, da cui i riflessi condizionati tuttavia fuggono,, per qualcos’altro ce forse è un miraggio ma è più appetibile perché è promesso di diverso. Contro venti e tempeste, una migrazione ininterrotta si affolla implacabile per i sentieri del mondo. È una migrazione volontaria. Metà dell’Italia del Nord vent’anni fa era nata in un altro luogo.
Si fugge tuttavia dal “mismanagement and grief” di Brodskij, dal peggio al meglio. Gli emigranti come gli esiliati. Non si va dal meglio al peggio, da Roma al mar Nero.
Filosofia – Procede per verbi infiniti, perfino sostantivizzati, specie la filosofia tedesca. Quindi per indeterminativi. Quando li complica in phrasal verbs va per fantasmi.
È poesia, legnosa, inelegante? Plutarco da tempo lo dice: “Principio della filosofia èla ricerca, e principio della ricerca sono lo stupore e il dubbio”.
Libertà – La zingarella che abbindola la vecchietta, il borsaiolo egiziano dalla faccia impassibilmente tosta, lo scippatore inespressivo, uno penserebbe ai destini perduti. Ma non c’è sfruttamento, né reale bisogno, mentre c’è l’uso, se non il piacere dell’abiezione, nell’abilità dell’azione. Come per alcuni c’è il piacere della violenza. La felicità, che fonda il progresso, e presuppone la giustizia, che a sua volta presuppone i “valori” (il bello e il buono), è esito psicologico, mentre la violenza è istintuale, e il fanatismo (pregiudizio) tribale. La libertà è una scelta – un problema di libertà. “Puttana libertà” la dice Berni nelle “Rime”.
La libertà si definisce solo socialmente, con la libertà degli altri. La legge che entra nei diritti soggettivi, come modernamente usa (suicidio, o eutanasia, droga, terrorismo intellettuale) ha questo limite.
Lingua – Che parentela ha con il sesso? La sperimentazione linguistica si eccita con i turbamenti erotici: Joyce, Proust, Céline, Breton. O compensa il sesso: Sylvia Plath, Virginia Woolf.
Normalità – È connessa al numero, anzi è solo statistica. Normali sono anche le devianze, cioè la contraddizione, nel senso della Varka di Cechov (“Voglia di dormire”), la bambinaia che strangola il bambino nella culla per poter dormire: ingordigia, masochismo, violenza. L’equilibrio e la forza di conservazione, sempre necessari alla propagazione della specie? Sono forse dei processi chimici – ora disponibili in farmacia su ricetta della Asl.
Politica – Prolunga la gioventù, la fase della vita dai molti progetti e dalle poche o nulle responsabilità, e per questo è ambita e popolare. Altre attività, meno selettive e faticose e di maggior successo, economico e anche sociale, l’avvocatura, la medicina, l’ingegneria, implicano comunque delle responsabilità anche gli inizi. La politica è come l’imprenditoria: pur assorbendo tutto il tempo e l’attenzione, è accrescitiva e non responsabile, o poco in rapporto all’illimitatezza del progetto.
C’è un’età della vita, connotata dal fare più che dagli anni, in cui si progetta: ci si proietta liberamente, e con relativa irresponsabilità, nell’immaginario, la fantasia, la creatività. E un’età, che può anche cominciare presto, in cui la responsabilità prevale, e quindi l’ananke: la regolarità, la continuità, la prudenza.
Razionalità - È un processo, non un fatto: da ciò che è percepito in modo chiuso (ostile, distruttivo) a ciò che è percepito in modo chiaro (nelle conclusioni o anche soltanto nell’analisi). È un modo. Heidegger, “Oltre il limite”, 11, ne parla come di un metro, una misura.
Statisticamente è la follia – un’anomalia l’anormalità.
C’è solo in Occidente, ma l’Occidente è piccolo, e nella sua storia la razionalità ha uno spazio ridotto, in paragone con l’esoterismo, il masochismo, la numerologia, l’alchimia, lo sciamanesimo, l’astrologia, la religione, eccetera.
La crisi della ragione è la crisi della politica. Della razionalità ridotta a tecnica servile, nella dottrina (Diamat), il potere (burocrazia, totalitarismo), desiderio (propaganda e consenso).
Realtà – Una sensibile lastra fotografica “vede” più dell’occhio umano, un rilevatore di ultrasuoni “sente” di più.
Tempo – La stazionarietà è impossibile, impensabile anche. Perché l’essere è il divenire, certo. Ma si sa che è una misura, di che?
Utopia – È la certezza, non il sogno, di una cosa.
zeulig@antiit.eu
sabato 29 agosto 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento