astolfo
Gattopardismo – È inteso trucco dei gruppi dominanti. Così lo intendeva lo stesso Tomasi di Lampedusa: era il suo orizzonte politico, di Borboni e Piemontesi uguali. Mentre il popolo, a lui sconosciuto, è fino a prova contraria buono. Ma è un errore, è il popolo che più spesso non vuole cambiamenti, la massa.
Sessant’nni di voto libero lo documentano. La gente si lamenta ma è molto partigiana: sono semrpe gli altri che rubano, governano male, o ci privano della libertà – prima i comunisti, poi Craxi, e sempre i democristiani, ora Berlusconi. Quando c’è mai stata una rivolta popolare in Italia? Forse i Vespri Siciliani, ma chi ne sa nulla? Le rivolte sono effimere, e quasi sempre di comodo: non c’è idealità sufficiente nemmeno ad arrivare a un cambio di governo, uno vero. È fra i gruppi dirigenti che, al contrario, si trovano lampi d’illuminismo e d’idealità, ma nella democrazia i voti si contano.
Gli inglesi, reputati flemmatici e conservatori, riescono a cambiare perfino dentro la reazione: la Thatcher è stata un cambiamento radicale, a partire dalla sua persona. Noi conserviamo tutto. E tutti conservano, il potente partito Comunista come la Dc, e ora Berlusconi – i socialisti e i laici, che volevano cambiare e stavano cambiando, li hanno eliminati.
Giustizia – Il giorno del giudizio Dio “giudicherà secondo giustizia”, dice san Paolo. Si può giudicare secondo giustizia, o senza (contro).
Grecale – Come fa un vento di Levante a spirare sul Tirreno? Attraverso le montagne? Via mare seguendo le correnti? O i venti non si formano come gli antichi greci pensavano: per il capriccio di un genio tellurico, fosco, grumoso, tanto incandescente da essere freddo, e tagliente come il ferro acuminato? I venti soffiano improvvisi, per coagulazioni bizzarre, da un certo punto in una certa direzione. Costanti, però, nei millenni.
Intellettuale – Ha bisogno di stare fuori, ipercritico – o depresso cronico. E se ne fa un dovere e un privilegio. Non per l’utopismo irenico del Cinque-Seicento, quando l ruolo si configurò. È semplicemente voglia di stare fuori, una nevrosi igienistica: è sporco il politico, è sporco l’economico, è sporca l’editoria con tutti i letterati, è sporca l’università.
Non è superbia, è un residuo della decadenza: dopo l’estetismo c’è solo l’ingiuria, la misantropia, la follia. Gli intellettuali alla deriva individuano a stento, con dubbi ricorrenti, cioè odi, un sentiero proprio, fuori del corso delle cose, della storia, cui guardano con fastidio. Parlare di se stessi a se stessi (ai complici) è l’ultimo rimedio.
C’è gratificazione evidentemente in questa pratica. Che, da intellettuali, sarebbe abominevole: l’autocompiacimento nelle persone semplici è comprensibile, si muovono in un orizzonte breve, non in chi filosofa, poeta, storicizza. Ma si è intellettuali nel tempo, o non si è.
Négritude – Elaborata con lo scopo di servire la liberazione degli africani, d’irrobustirne la personalità storica, ha finito invece presto per limitare l’una e l’altra. è una petizione di principio e un folklore.
Occidente – Pur viaggiando a Occidente, Colombo ritiene che il paradiso terrestre, sua metà d’obbligo, sia a Oriente, al fondo dell’Oriente. Lo stesso viaggio è paradigmatico: arrivare all’Oriente per via di Occidente: l’Occidente è una scorciatoia, l’età dell’oro è in Oriente. Che non vuol dire nulla, ma è pensarsi ancillari, servili.
Usa - I tre tipi di pensiero giuridico di Carl Schmitt, ciascuno dei quali attribuisce a un popolo: il normativismo, il decisionismo, e l’ordinamento concreto (la prassi). Il pensiero giuridico dell’America è il primo, anche se Schmitt lo limita agli ebrei – “senza territorio, senza Stato, senza Chiesa, esistono soltanto nella «Legge»”. A differenza degli ebrei del tempo di Schmitt, l’America ha un territorio e uno Stato, ma non ha una chiesa, e non ha realmente una storia.
Ci sono negli Usa due Rome, contradittorie, che poi sono le due Atene di Tucidide. C’è la repubblica popolare, in realtà aristocratica, e c’è la repubblica imperiale, molto democratica, quella dell’“armiamoci e partite”, che fu sempre in crisi e durò cinque secoli. L’America le ha adottate tutt’e due, e niente ci salverà da questa.
La verità più semplice è indimostrabile, che l’America è una sorta di opera di fantascienza, un mondo possibile reale. Oppure, direbbe lo storico, una rivoluzione, la prima dopo la Repubblica romana, a opera dei belli-e-buoni della nazione – le avanguardie, le élites, le logge, ogni orientamento politico la può vedere in modo lievemente diverso – che ne disegnarono i contorni, il corpo e la fisiologia. Con materiali esistenti, non agisce l’uomo altrimenti, ma secondo un meccanismo suo proprio. Ma radicale, come la rivoluzione vuol essere, avendo cancellato gli indiani da una parte e la madrepatria dall’altra, la cultura autoctona (che invece, preservata comunque dagli spagnoli, condiziona il resto dell’America, non felicemente) e quella inglese.
Democratica, nel senso che periodicamente si sottopone a censura. Ma non più di un orologio, che deve muoversi secondo i congegni. E protettiva, come ogni rivoluzione vuole, se non di una ortodossia ideologica, proprio del dominio della legge. Con cui periodicamente sterilizza l’infima materia di cui è fatta l’America, quegli emigranti che hanno molta forza nel fisico e nella mente, ma il più turpe bagaglio delle loro provenienze, vecchio, rivendicativo, abborracciato.
astolfo@antiit.eu
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