Galileo – Si rovesciano i ruoli curiosamente nelle celebrazioni: i laici sono per la tribunalizzazione della storia, i credenti felici che la chiesa si sia sbarazzata delle pretese tribunalizie.
Curiosamente ma non troppo: questo Duemila è un seicento rovesciato, altrettanto svagato, pettegolo. La scienza è inquisitoriale, che si vuole senza limiti, fino a imporre cloni e morti precoci, i fedeli invece sono contenti che la chiesa li lasci liberi.
Nietzsche - È molto Machiavelli, nel discorso sulla fortuna (ratio irrationalis) e contro la virtù cristiana.
Parola – Vale – pesa – per la quantità? Un tempo significava, aveva anche sensi forti, ampia materia ha dato alla filologia. Era l’epoca del riserbo. Ora tende all’indistinto: le parole esagerate devono esserlo sempre di più, e sono il linguaggio della politica, dell’economia, della sociologia, della giustizia (i tribunali stabiliscono che niente più è ingiurioso, visto i linguaggi correnti), perfino della tecnica, ma non dicono nulla. Quelle della filologia è da tempo che non dicono più, e bisogna inventarne di nuove, come se i concetti fossero nuovi tipi di particelle, quanti, quark, bosoni. È l’epoca della loquacità: telefono, televisione, internet, talk show, reality.
C’è un’epoca per le parole significanti e una per le insignificanti? Se è così, non può essere la pace (siamo in pace da sessant’anni, malgrado tutto) il pegno del linguaggio insignificante, le passioni spente, la noia? La pace e il benessere, malgrado tutto.
O necessitano le parole balzi sempre più azzardati, eccessivi, per farsi udire? O è in corso un rinnovamento semantico, un’altra specie di uomo e di linguaggio? Forse per questo la letteratura non recupera più, come ha sempre usato ciclicamente da Omero, le vecchie ambizioni di durata.
Pirandello – Curioso il suo fascismo: tiepido, se non ostile, quando tutti erano fascisti, Croce compreso, passa con Mussolini per il delitto Matteotti. C’è una vena di bastian contrario in questo autore così poco, anzi nient’affatto eccentrico, tutto casa e lavoro?
La vita coniugale, di follia ordinaria, e il rapporto virginale con Marta Abba, altra follia. Pirandello non sarebbe che un realista, dietro il linguaggio espressionista delle narrazioni, e i soggetti tagliati sul bizzarro – più che nei bozzetti siciliani. Per uno, certo, che era nato al Caos. Vicino ad Agrigento, la città di Empedocle – c’è un destino in tutti i suoi nomi, da Caos in qua.
Non fa un teatro dell’assurdo ma delle possibilità. "Soltanto i pazzi sono sicuri e risoluti", direbbe il Montaigne dei "Saggi" (I, 26). Esplora altri terreni, allentando la briglia all’invenzione. Senza preoccuparsi della norma e senza esercitarsi nell’innovazione che divora se stessa. Alla maniera di Dante all’"Inferno" (XI, 93): "Che non men che saper dubbiar m’aggrada". Procede così a ranghi sciolti su un fronte vasto, da esperienze trite: la casa, la famiglia, la professione, il reddito. Ibsen irrompe nella personalità – nella personalità della morale puritana: non c’è una Nora palermitana o napoletana, e neppure lombarda. Pirandello irrompe nell’ordinario quotidiano.
Romanticismo - È una forma di femminismo. Si fa nascere da un falso, il falso Ossian, puritano, cioè portato alla morte. E questa tendenza ce l’ha, sono due secoli ormai che opprime il mondo. Ma l’idea romantica della donna e dell’amore è opera delle donne: D’Aulnoy, Monaca portoghese, Lafayette – quella dei trovatori e della cavalleria è posata, formale. Quindi nei romanzi e all’opera una serie di eroine si sono succedute, Bovary, Anna Karenina, Norma, Violetta, Tosca, Lucia, con un contorno d’imbecilli.
Roth Joseph – Wittgenstein incontra a Vienna ("Diari segreti", 6 gennaio 1915) un capitano Roth "infinitamente antipatico" a pranzo a Möndling. J. Roth è invece "infinitamente simpatico": è questa la qualità della sua prosa, accattivante.
È eccezionale perché è tedesco. È l’unico scrittore tedesco (forse anche Schiller – Goethe l’avrebbe voluto) aperto alle passioni. Scrittore di cuore e non di testa.
Perché è ebreo? Ma era ebreo Freud, che invece scrive di testa. C’è uno scrittore ebreo passionale e non cerebrale? Qualcuno arriva all’ironia – Singer, Philip Roth.
È poeta dei reduci. Poeta in quanto non è riuscito a andare a fondo del loro dramma, da idealista buttato nel sangue e nel fango. Non si pone mai la domanda, con facile risposta: che idealismo era il suo? Per il vecchio kaiser? Per una patria che nessuno minacciava? Per acquisire un’altra identità, tedesca, comoda nello Stato plurinazionale?
Se così è, è un caso drammatico dell’assimilazione – della trasmigrazione in una cultura e una società "superiori". Perché l’ironia di J. Roth, il suo senso critico, si ferma al di qua? La sua tragedia è in questo essere un moderno nessuno, vissuto e non di comodo. Si salva col dono della scrittura, da giornalista e da narratore.
Può darsi che la capacità di affabulazione ottunda o acuisca l’autocritica (l’autodissoluzione, il masochismo involontario)? Heine se ne sta fuori allegramente, Kafka e J. Roth vi s’impantanano. Se l’autocoscienza è una pesca random, l’affabulazione ne ingigantisce e irrobustisce le reti micidiali.
Shakespeare – L’onestà, secondo Antonio del "Giulio Cesare", è la forma più raffinata d’inganno.
Di che cultura è la violenza di Shakespeare: della Controriforma, della Riforma?
Stendhal – Il Cenci-don Giovanni assomiglia al "Don Juan" di Byron. Stendhal incontra Byron con Hobhouse a Milano nel 1816: è uno sconosciuto, gli inglesi se lo filano poco. Byron compone il "Don Juan" nel 1818.
Hobhouse è l’unica testimonianza vera su Stendhal a Milano. Tardiva, a cinquant’anni dai fatti, quando scopre che Stendhal è diventato una celebrità. E tuttavia sempre riduttiva. Lo incontra con Byron, a casa Breme e altrove, con "molte celebrità", che Monti, Pellico…: "Uno degli Intendenti dei Mobili della Corona, già segretario di gabinetto di Napoleone"; "c’era lì un Monsieur de Bayle, uno dei segretari di Napoleone"; "ha un modo troppo crudo di dire le cose"; "ha l’aria d un materialista, e lo è senza dubbio".
Strutturalismo – Musil, "Saggi", 76, contro le analogie cui indulge Spengler: "Esistono farfalle giallo-limone ed esistono cinesi giallo-limone. In un certo senso si può allora dire: la farfalla è il cinese nano alato mitteleuropeo".
Che c’entra Spengler con lo strutturalismo? Già.
Tomasi di Lampedusa – L’incongruità di una moglie lituana, nobile spiantata, analista. Moglie di quanto di più siciliano c’era a Palermo, e refrattario alle psicoscienze.
Chi la frequentava? Aspiranti mondani, abbastanza freddi da superare il ridicolo? Borghesi ricchi? Le signore? O non era la principessa Tomasi ritenuta una strega – atteso anche l’aspetto fisico? La psicanalisi si presterebbe a rinverdire l’esoterismo – pendoli, divinazione, spiritismo – in ambiente disponibile. I cugini Piccolo ne erano ghiotti.
Tomasi sarà stato inattaccabile a tutto quello con cui ha convissuto.
Wagner – Come non leggerlo con la "grammatica" di Ludwig I e II, falso Rinascimento, Neuschwanstein, etc.? Con la differenza che i Ludwig non ne facevano una filosofia, tanto meno dell’avvenire. Non ne facevano nemmeno un’arte, essendo in parte buontemponi in parte matti.
Woolf, Virginia – Il cambiamento di sesso ("Orlando"), come trovata, non è inedito. Come caso doloroso, di grave squilibrio psicologico (Herculine Barbin). Come caso d’avventura ("L’alfiere"). Nel porno (Eleonora, nel racconto omonimo della rivoluzione francese, cambia sesso con le circostanze). Altre volte è vissuto, nella realtà o nell’apparenza (Capitan Fracassa, Giovanna d’Arco), come maschera liberatoria, un esercizio teatrale. Ma Orlando non soffre, non gioca e non insegue il piacere. È l’indifferenza sessuale.
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