Quanti voti sposta Chávez osannato a Venezia? Un milione? Due milioni? A destra.
Quanto più modesta, matura e generosa Noemi Letizia intervistata da Sky, benché aspirante ragazza di successo, a fronte di Veronica Lario e sua figlia. Che, benché ricche e potenti, proterve ne hanno fatto una puttanella.
Lario e figlia che sono però moglie e figlia di Berlusconi.
Anima dell’appello resistenziale degli economisti contro Tremonti è il professor Giavazzi. A cui si deve un anno fa l’alt sui ricercatori universitari al governo. Che su suo resistenziale ultimativo consiglio ha imposto alle università di tornare all’antico, al concorso per titoli – “chi più ha lavorato più merita”. Concorso che, dice “il Messaggero”, le università hanno subito applicato, riducendo i titoli al minimo: tre, massimo quattro. Quanto basta per rimettere in gara figli, nipoti e amiche. Nei 170 concorsi banditi in questi mesi, da 27 università, il 50 per cento degli atenei ha tradito la riforma, ha scoperto Anna Maria Sersale.
Perché non fare un esame ai professori universitari anche del senso del ridicolo?
“Povera Italia, con un sistema informativo come questo!”, dice Berlusconi si telegiornali assumendo appropriato cipiglio. E nessuno può dargli torto. Anche il Vaticano l’ha detto – senza dirlo ovviamente, facendo dimissionare Boffo dopo che i giornali avevano intitolato: “Il papa ha respinto le dimissioni”.
Il massimo del torto che si dà a Berlusconi è: è la stampa che lui ha creato. Ma Berlusconi ha creato la televisione, non la stampa.
Maria Teresa Meli, democratica, pugliese, è l’addetta del “Corriere della sera” alla periodica inervistona con D’Alema e i suoi in Puglia, Emiliano, Latorre. Questa è nuova nei giornali, il tribalismo. Meli è ciclista e non velista, ma per il resto la tribù è omogenea.
Il solo problema in questi casi è che non sapremo, per esempio, come Emiliano di sente, lui che si definisce un magistrato, a rappresentare una città dove gli imprenditori fanno i magnaccia e le signore si fanno pagare.
“Repubblica” informa che “il magazine croato “Gloria”, con foto, ha intervistato D’Addario.
Boffo si dimette denunciando un’aggressione nei suoi confronti. Che è vero: Feltri è stato miglior gesuita.
Prima di dimettersi, Boffo ha impedito al tribunale di Perugia la pubblicazione del procedimento che lo concerne, per molestie. Anche qui Feltri lo ha giocato: ora Boffo non potrà querelarsi, altrimenti darà a Feltri il diritto a vedere le carte.
Scrivono sedici economisti ai maggiori giornali, che pubblicano la lettera in prima pagina, contro Tremonti in difesa della libertà di stampa: “La difenderemo alla morte”. E non si sa come prendere l’impegno: sono gli economisti che scrivono sugli stessi maggiori giornali, sempre in prima pagina.
“Baarìa”, l’opera della vita di Tornatore, sul papà comunista buono, trenta milioni di costo in ben due anni, è stato finanziato da Berlusconi. Qui non c’è conflitto d’interessi.
Va al festival dei suoi, Fini, della ex An, e attacca. Dice che la legge che porta il suo nome non impone alla domestica filippina di farsi un’andata e ritorno con la madrepatria – una gita fuori porta, che? - e due mesi di disoccupazione prima di cambiare (legalmente) lavoro. E che non c’è l’obbligo per un imprenditore della chiamata nominativa di un manovale del Congo, o delle Maurizio. Cose che invece lui ha imposto.
Ora, si penserebbe Fini l’uomo giusto al posto giusto, che l’ipocrisia sia cioè di destra. Ma al “suo” festival pochi lo hanno ascoltato e nessuno lo ha applaudito.
Ha atteso le querele di Berlusconi per dire basta alle polemiche, e farsi applaudire al festival Democratico a Genova: non si può dire che Fini non impari rapidamente il suo nuovo ruolo a sinistra. Ma allora nel senso peggiore: dell’ipocrisia, l’opportunismo. Non ha avuto parole nei tre mesi in cui di Berlusconi le note riservate hanno fatto ludibrio. Ora si sente mancare la terra sotto i piedi, da vecchio moralista incapace qual è sempre stato, dal 1992. Sa anche lui, come D’Alema, da dove vengono le note riservate su Berlusconi?
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