Giuseppe Leuzzi
Il tarì lo stesso Pirandello chiama arabo. Mentre è bizantino, spiega lo storico Placanica, tarion, taria. C’è un orgoglio arabo in Sicilia, per Bisanzio solo oblio.
Lord Russell, il filosofo di Cambridge che fu nel cuore di molti per l’impegno a favore del disarmo, ha visto nei suoi ricordi una Sicilia “nera”, girandole attorno col suo yacht.
Non era simpatico “Bertie” Russell, neppure ai suoi amici, che pure spesso poterono, in virtù della sua filosofia del libero amore, farsi con comodo le sue mogli, e perfino averne dei figli. Le sue quattro o cinque mogli alla fine sempre lo hanno odiato. Anche quelle dalle quali ebbe dei figli. E una lo ha lasciato proprio sulla famosa barca della Sicilia, nel 1950, quando ebbe il premio Nobel per la letteratura - un filosofo letterato non si è mai più visto, potenza dell’ego. Era una donna di quarant’anni, la metà dei suoi, dai capelli rosso fuoco, che l’aveva stregato quindici anni prima e poi lo ha odiato più di tutte - potenza dei diavoli di Sicilia? vedeva Russell nero per questo?
La giustizia negata. Mafia
È l’inferno di Swedenborg, retto dal potere: una eterna congiura di tutti contro tutti. Se non fosse farle troppo onore, è solo violenza.
La mafia è l’organizzazione sociale più stupida. Che non accumula ma si distrugge, sempre, in ogni circostanza, con ogni imprevedibile metodo. Ma è vero che è pervasiva. La famosa intervista di Barbara Berlusconi sul suo papi è tutta un insinuare, che si direbbe di gergo mafioso: dire una cosa per dirne un’altra, e magari il suo contrario, per chi possiede il codice, è l’avvertimento mafioso. Mafiosa è anche l’incontinenza della giovane plurimamma: in un periodo breve le interviste e le lettere delle sue donne non lasceranno nulla di Berlusconi, né la figura politica né l’impero economico, e la famiglia potrà finire, come tutte le famiglie di mafia, senza una seconda generazione.
Il linguaggio mafioso è diffuso non per la forza di penetrazione della mafia, come molti siciliani anche illustri amano fantasticare, ma perché è il linguaggio della stupidità.
Il problema della criminalità è la legalità.
Anche l’istinto, la pratica, l’uso sociale, insomma la razza – anche se l’estrema violenza si accompagna all’estrema mitezza e alla insouciance. Ma ci sono crimini dove non c’è la legge.
In tutte le vicende di mafia e antimafia sempre si viene prima o poi a sapere - lo dicono gli stessi inquirenti, quelli che vengono dopo - che carabinieri e magistrati hanno contatti e confidenza con i maggiori uomini di mafia (manca, per ora, solo Riina), e anche con i minori. Il fatto dovrebbe aprire un’altra prospettiva su mafia e antimafia, ma non viene rilevato. Per i cronisti è normale, insomma irrilevante: lo hanno sempre saputo, il loro nervo etico è ottuso.
All’inizio dell'accumulazione c’è sempre un sopruso, che qualche volta è un delitto, raramente è veniale. Non è una teoria di comodo, per frequentare senza arrossire ladri e imbroglioni. È come leggere un romanzo inglese del Settecento, prima del Grande Umido e del moralismo: De Foe, Richardosn, Fielding, Cleland rappresentano pianamente il mondo - questo mondo, di gente d’iniziativa, con le sue forche, gli assassinii, le torture, le prostituzioni, per quello che è. Ne ricavano personaggi, anzi, simpatici.
Anche Marx, in questo è molto Settecento. L’accumulazione originaria del capitale è rapina pura e semplice. Se dobbiamo accettare il capitale, dobbiamo accettare la mafia, la verità probabilmente è questa. Se vogliamo lo sviluppo, il progresso, la civiltà, l'iniziativa, dobbiamo accettare la conquista, la violenza, la prevaricazione? Il capitale.
Calabria
La Grecia ionica è la Calabria, il linguaggio è lo stesso: girarsi andando in moto per la curiosità, marciare in moto affiancati, conversando, fermarsi affiancati in macchina a parlare. Ma un greco ti agevolerà sempre il sorpasso, rallentando dove opportuno, spostandosi sulla linea bianca a destra, segnalando con la mano, un calabrese mai. Rallenterà nei percorsi a curve, accelererà nei brevi rettilinei, si sposterà sulla sinistra.
Questo, detto da un calabrese, potrebbe essere il “tutti i cretesi sono bugiardi” del cretese Epimenide. E un po’ lo è. Ma è vero che puoi cominciare le mille curve della Bagnara-Bovalino dietro un camion carico con rimorchio e arrivare dopo un paio di giorni – ti puoi fermare per una sosta ma non accelerare, è lui che per due giorni farà il passo.
Per ipotesi, un giorno che la Bagnara-Bovalino fosse percorribile, e non lo è dal 1951.
I calabresi siamo nervosi. Nervosissimi, e troppo sentimentali. Un niente ci fa infuriare, per eccesso di sensibilità. Che si chiama suscettibilità.
Quella che si chiama testardaggine è suscettibilità, la pointe francese – l’impegno prolungato anzi ci fa anch’esso infuriare.
Scrive Strabone, “Geografia. L’Italia”, 9: “Il fiume Alice, che divide il territorio di Reggio dalla Locride passando attraverso una profonda valle, ha questa particolarità riguardo alle cicale: quelle sulla riva locrese cantano, mentre quella sull’altra riva non hanno voce”. Il fiume che passa attraverso una profonda valle potrebbe essere la fiumara La Verde, che corre in un canyon d’insuperabile selvaggeria. “Un tempo”, continua Strabone, “veniva mostrata a Locri la statua del citarista Eunomo con una cicala posata sopra la cetra”. Locri che ora è sinonimo di morte.
Le leggi ebbero origine a Locri, i codici. Lo ricorda poco prima lo stesso Strabone: “Fra le prime novità introdotte da Zaleuco (di Locri) vi fu questa, che, mentre anticamente si affidava ai giudici il compito di determinare la pena per ciascun delitto, egli la determinò nelle leggi stesse, ritenendo che le opinioni dei giudici, anche intorno agli stessi delitti, potessero non essere sempre uguali come invece sarebbe necessario che fossero”.
Sarà stata qui l’origine della disgrazia, l’aver colpito l’autonomia dei giudici?
Da “Fuori l'Italia dal Sud”, 1993, p. 30:
“Alle elezioni faccio campagna per un mio amico. ‘Ntoni G. si giustifica dicendo che un suo cognato ha beneficiato di una riduzione di pena e che tutta la famiglia si è impegnata a raccogliere 200 voti per il ministro. È il 1968, ministro della Giustizia è Oronzo Reale, repubblicano. Alle elezioni i repubblicani agiungono esattamente 20 voti alle poche diecine che normalmente prendono, e per la prima volta eleggono un deputato in Calabria, l’ingegner Terrana”. Fu anche l’ultima.
Totò Delfino, lo scrittore recentemente scomparso che all’epoca era in politica alla provincia di Reggio, diceva che è attraverso don Stilo che erano stati comprati i condoni di Reale in cambio di voti. Don Stilo frequentava il paese perché collector di regalie per le sue opere di bene.
Misasi si faceva invece pagare i condoni con assegni di parecchi milioni. Lo dicono i Mammoliti, che hanno pagato per il loro fratello Nino, condannato a trent’anni per la faida con i Barbaro, e condonato da Misasi dopo dieci anni.
In precedenza si era detto di Misasi che si vendeva i posti nella Forestale.
È improbabile. Ho conosciuto Misasi, vice di De Mita, il “Sismi” delle lettere di Moro, per persona estremamente riservata. Ma è vero che ovunque nell’Aspromonte s’incontrano forestali mafiosi. Alcuni dichiaratamente, e quindi millantatori, il genere piuttosto dei confidenti - ma con l’uso privato dei gipponi aziendali, con cui pavoneggarsi nei paesi, ostruendo il traffico.
leuzzi@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento