Don Liborio Romano, il ministro dell'Interno di Francesco II, non tradisce il suo re, ma scopertamente gli spiega che Garibaldi e l’Italia hanno vinto. A Garibaldi, che sta a Salerno indeciso se marciare su Napoli, “All’Invincibilissimo Generale Garibaldi”, scrive: “Con la più grande impazienza, Napoli aspetta il vostro arrivo, per salutare in Voi il Redentore dell’Italia".
L’atto per cui Garibaldi si ricorda a Napoli dopo la liberazione fu la nomina a Direttore dei Musei e degli Scavi di Alessandro Dumas. La nomina più longeva della caotica transizione, quasi quattro anni, finché Dumas non si stancò.
Appena a Napoli, Garibaldi scriveva a Vittorio Emanuele così: “Sire, dimettere Cavour e Farini. Datemi Pallavicino come pro-dittatore. Datemi il comando di una delle vostre brigate e io rispondo di tutto”.
La scomparsa di Mazzini
A Napoli è sparito, col repubblicanesimo, anche Mazzini. Che vivrà fino al 1872, ma è sparito dalla storia d’Italia e d’Europa, e dalle commemorazioni. Specie della Repubblica.
Dopo essere tornato brevemente con Mussolini, nella ultima vicenda, tragica e ridicola, del Duce. Riseppellendosi quindi con le sue gloriose insegne nel sacrario ignoto del Msi.
A Napoli riappare, con Garibaldi e Mazzini, per poi scomparire definitivamente, anche Carlo Cattaneo. Cattaneo era fuori della realtà dal 1848. A Napoli fece campagna contro l’annessione. Quando Pallavicino, l’inviato del re, si manifestò incapace, Garibaldi tentò di proporre Cattaneo a pro-dittatore. Su insistenza del dottor Bertani, altro milanese, il capo dei radicali. La cosa finì nel nulla, e Cattaneo resterà a Napoli in secondo piano, buono per i comitati repubblicani nelle manifestazioni, o per i colloqui con Garibaldi. Non aveva sessant’anni, ma non avrà più futuro politico. Alla riunione finale con Garibaldi a Caserta l’11 ottobre, prima di Teano, Cattaneo, venerabile dottrinario, sostenne l’argomento legale che Vittorio Emanuele era sempre il re del Piemonte e non dell’Italia, malgrado l’annessione della Lombardia, dell’Emilia e della Toscana, e si disse convinto che le popolazioni delle due Sicilie non avevano nessun motivo di volere l’annessione al Piemonte, sia pure attraverso plebisciti ed elezioni politiche.
Agostino Bertani è un altro che scompare a Napoli dalla storia dell'unità. Capo dei radicali, fu colui che volle, finanziò e organizzò i Mille – Garibaldi era incerto se salpare da Quarto il 5 maggio. Senza aiuti dalla Società Nazionale, dal Fondo per un milione di fucili, da Cavour, dal re. Ma si oppose all’annessione del regno delle Due Sicilie e fu per questo accusato di ogni bassezza – i dossier sono all’origine della storia dell’unità.
Bertani aveva governato Napoli come Segretario Generale della Dittatura coi suoi “Implacabili” dopo la liberazione, ed era l’autore della lettera ultimativa di Garibaldi al re. Lombardo, sospettava dei piemontesi. Ma al dibattito parlamentare del 2 ottobre 1860 sull’unione da fare, Bertani fu in aula calmo e disponibile, e chiese a Cavout di andare personalmente a Napoli e stringere la mano a Garibaldi.
I personaggi dell’unità erano popolari. Plon-Plon era il Principe Napoleone, cugino di Napoleone III. Mazzini era Pippo. Bombino Francesco II re di Napoli, o Franceschiello, figlio del re Bomba. Garibaldi era il Paladino e, per il re Francesco II, Don Peppino. Cavour papà Camillo.
sabato 24 ottobre 2009
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