Chi erano i fratelli Bandiera? “Veneziani che muoiono in Calabria nel tentativo di promuovere l’unità e l’indipendenza d’Italia”: W.R.Thayer, “Life and Times of Cavour”.
Lo storico americano, il cui ottimo Cavour un secolo fa ha avuto il pregio di non essere mai tradotto, caso unico nella storia del Risorgimento, fa sempre attenzione alla provenienza dei patrioti e alle loro caratterizzazioni locali, oltre che personali e ideologiche. Leghista ante litteram? In quanto registra la persistenza del tribalismo sì.
Benché storico di Cavour, in due densissimi volumi, Thayer ha la più alta considerazione di Garibaldi. In questi termini. I Mille sono “un’avventura senza paragoni nel mondo modrno”. Garibaldi “l’eroedi un’impresa che ebbe fin dall’inizio contorni leggendari”. La sua spedizione richiamò “la mitica prodezza degli Argonauti che Giasone condusse alla Colchide, riprodusse il trionfo che Dione, l’antico liberatore, ebbe in Sicilia su Dionigi, l’antico tiranno, eguagliò in improbabilità gli epici fatti di Giovanna d’Arco”. Ma, al contrario di Giovanna, Garibaldi, “che aveva invincibile ocoraggio, mancava dela fede che muove le montagne”. E quindi: “Fosse stato per lui, i Mille non avrebbero salpato il 5 maggio 1860; ma klui era nelle mani di abili pianificatori, che non avevano cautele né scrupoli”.
Un milione di moschetti per Garibaldi
Il 5 gennaio 1860 Garibaldi, con l’assenso del governo piemontese, diede incarico ai massoni Giuseppe Finzi e Enrico Befana di organizzare una raccolta di fondi per “Un milione di fucili per Garibaldi”. Furono raccolti poco più di due milioni di lire. Non una grande cifra.
Ma il Fondo era già attivo a New York, col nome più bellicoso “Un milione di moschetti per Garibaldi”. Il “New York Times” ne parla il 9 novembre 1859, a lungo, lamentando la scarsa partecipazione del pubblico alla raccolta: “In seguito a un annuncio pubblicato da questo giornale, per un’assemblea dei residenti italiani che prenda delle misure a sostegno di Garibaldi e della racolta fondi per un milione di fucili, poche persone si sono riunite ieri sera allo Stuyvesant Institute. L’incontro era presieduto dal generale J. Avezzana. Il quale ha lamentato che così pochi dei ventimila residenti italiani a New York abbiano risposto al richiamo della patria…”. Il professor Achille Magni ha quindi esposto in breve la storia dell’Italia dal 1848, i soprusi cui è andata soggetta da parte dell’Austria, chiedendo una risposta all’appello del “povero generale Garibaldi”.
L’articolo prosegue dando in dettaglio una serie di mozioni votate dall’assemblea.
Il mese successivo, il 5 dicembre, il “New York Times” dà notizia che altre personalità sono entrate a far parte del Comitato per il Fondo di Garibaldi, illustri esponenti della comunità massonica cittadina. Un busto di Garibaldi a olio, offerto dal pittore Giuseppe Gerosa, da sorteggiare fra i sottoscrittori, sarebbe stato esposto, informa il giornale, alla Borsa.
Avezzana, volontario napoleonico, fu successivamente un guerrigliero in varie parti del Sud America. Comandò la Guardia Nazionale di Genova nel 1849, quindi fu a Roma, ministro della Guerra della Repubblica. Nel 1850 aveva raggiunto anche lui, dopo Garibaldi, New York.
martedì 27 ottobre 2009
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