Tanto gas, e ora anche petrolio: c’è più di un fronte in cui l’Italia ancora conta, malgrado la si voglia sparita, e in quello del rapporti con la Russia e del mercato degli idrocarburi è anzi centrale. Lo sa la Farnesina e lo sa l’Eni, dove i rinnovati tentativi di smembramento portati avanti da soci americani cosiddetti indipendenti non hanno ingannato nessuno.
L’Eni, che un tempo si diceva “il lungo tubo di Mosca”, resta il canale privilegiato del petrolio e del gas russo in Europa. Un asse che la Casa Bianca vede come il fumo negli occhi. Obama ora come già Bush jr. e Clinton. Berlusconi immaginò di superare le riserve Usa proponendo a Gazprom un partner privato – un affare doppio, poiché questo privato, un certo Mentasti, era amico suo e di sua moglie. Putin lasciò passare e poi fece formalizzare, gradualmente, i contatti con l’Eni. Obama ha abbandonato la pregiudiziale antirussa, ma resta contrario a un asse eurorusso, e quindi a una stabilizzazione della forniture di energia, che l’asse renderebbe un dato di fatto. Anche se non ha carte in mano, a parte naturalmente l’obbligo per ognuno di mantenere relazioni speciali con gli Usa.
La tournée europea di Hillary Clinton, che ha volutamente escluso l’Italia, non ha ottenuto niente nelle capitali europee ritenute più affidabili, quali Berlino – che Washington ora si associa in tutte le iniziative che vedono coinvolti come compagni di strada gli altri europei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, Francia e Gran Bretagna. Anzi, il progetto Nabucco, che Washington ha messo su, potrebbe dirsi nell’occasione finito, pur godendo ancora dell’appoggio entusiasta della Commissione di Bruxelles, dove il commissario per l’Energia risponde agli interesse dell’Enel tedesco, la Rwe, che sola è interessata al progetto. Il Nabucco prevede l’aggiramento della Russia, convogliando il gas di Azerbaigian, Turkmenistan, Iraq e Iran attraverso la Turchia. Un gasdotto dai costi improponibili, per forniture da paesi di nessuna affidabilità, al contrario della Russia.
Germania, Francia e Olanda, che avrebbero dovuto sostenere Nabucco, sono ora orientati per il Nord Stream, un gasdotto che bypassi l’Ucraina attraverso il Baltico, per lo sfruttamento dei nuovi giacimenti di Yuzhnoi Russkoye e Shtokman. Vi sono interessati i gruppi tedeschi E.on e Basf Wintershall, le francesi GdF-Suez e Total, e l’olandese Gasunie.
Ma Gazprom trova soprattutto sbocco con l’Eni. Che, in aggiunta ai 10-12 miliardi di metri cubi l’anno importati via Ucraina, ha già avviato un gasdotto via Mar Nero, il Blue Stream. E di un altro, il South Stream, ha definito con Gazprom gli accordi in dettaglio. In South Stream entrerà anche il colosso Electricité de France.
Una terza grande condotta Eni potrebbe avere la partecipazione russa, il Tap, Trans Anatolian Pipeline, da Samsun a Ceyhan, che porterà al Mediterraneo il petrolio del grande giacimento kazako di Kashagan. La Russia è interessata a utilizzare l’infrastruttura per le proprie esportazioni. È in questa prospettiva, ancora riservata, che Berlusconi è stato inopinatamente invitato dal suo amico Erdogan al vertice russo-turco di due mesi fa. Berlusconi, cambiato il referente a Washington, è ora solidamente per l’Eni.
lunedì 19 ottobre 2009
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