C’è chi fornisce le notizie, in segreto, e chi le riceve, è questo il ritratto dell’informazione in Italia. Malinconico, in questo l’Italia è sicuramente malata: la formazione dell’opinione pubblica, che è lo snodo centrale della democrazia, è in mani occulte. Il mercato dell’informazione non è il campo della verità, in cui fatti, eventi, persone vengono rilevati e analizzati, magari con errori, ma in buona fede, bensì un jeu de dupes, una fregatura. Leggendo il giornale bisogna sempre chiedersi: chi dà le notizie, a chi, per quale motivo, e che notizie sono?
Ci sono notizie e “notizie”. E queste solo alcuni hanno, cioè hanno ricevuto: non sono rese pubbliche, come si dovrebbe con le notizie, e come avviene per ogni altro fatto o evento, ma vengono offerte a interlocutori privilegiati, affidabili se non complici. È il famoso mercato dei dossier, le “notizie” fabbricate per un fine: da Fabrizio Corona e Lele Mora per le 71 testate di gossip, da gente che rimane nell’ombra per i dossier politici, di cui però si sa che sono giudici, politici e ufficiali in carriera. Da gente di onore quindi, ma per fini che non possono, in nessuna ipotesi, essere onorevoli.
Non è una novità. Questo è sempre avvenuto nella cronaca giudiziaria, e da qualche tempo dilaga nei migliori giornali, insieme con la cronaca giudiziaria. Ma è sempre stato negato, proprio per non essere pratica onorevole. Ora Ferruccio de Bortoli ne dà agghiacciante, onesta, conferma. Nelle risposte lunedì e oggi agli incredibili attacchi dei concorrenti saprofitici (i personaggi che si fanno forti dell’autorevolezza altrui), il direttore del “Corriere della sera” contesta in particolare l’accusa “di aver nascosto la notizia di Patrizia D’Addario poi diventata famosa in tutto il mondo”. E spiega: “Non è così. Intanto, è stato uno scoop del «Corriere». Certo, l’abbiamo pubblicata con la dovuta cautela e tutti (i) punti interrogativi di una vicenda ancora oggi poco chiara. Altri due giornali, che l’hanno avuta prima di noi, non l’hanno pubblicata”.
“Avuta” la D’Addario? No certo, la “notizia”. Che dunque è stata offerta. L’italiano nello sdegno è venuto traballante, si fa confusione tra i generi e, nel genere femminile, tra la notizia e la D’Addario. Ma non si può pensare che il “Corriere” abbia “avuto” la D’Addario, ha avuto la “notizia”. Che era stata offerta ad altri due giornali (“Stampa” e “Repubblica”, n.d.r.). Da chi? Con che criterio (perché in prima battuta a quei due giornali e non ad altri)? Con quali garanzie di affidabilità?
Il fatto che il “Corriere della sera” avesse recepito e pubblicato la “notizia” in prima pagina era stato subito rimarcato da questo sito: non poteva trattarsi, come voleva l’articolo, della confidenza spontanea di una prostituta di Bari, un giornale di Milano, il più importante, non se ne sarebbe occupato. La notizia, ora lo sappiamo ufficialmente, non si trovava per strada, è stata offerta singolarmente, recapitata. È stata anche pagata? C’è un mercato dei dossier? E se non è stata pagata in euro con che? La credibilità, forse.
Resta poi sempre da accertare da chi e perché il “Corriere della sera” ebbe a fine 1994 la famosa “notizia” di reato a Berlusconi, che, infondata, servì a buttarne giù il governo appena eletto. Quella è sempre il culmine di questo mercato delle notizie. Anche perché sicuramente non è stata pagata.
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