Balzac scrisse quaranta volumi in cinque anni, secondo la sorella Laure. Un volume ogni quaranta giorni, scrivere senza pc era molto più lento, soprattutto fare le copie. A trecento pagine in media a volume, dieci pagine al giorno, tolte le domeniche, le feste e qualche convegno amoroso. Erano libri di vario genere, che pubblicava sotto vari pseudonimi. Questo ai suoi vent’anni – ai trenta-quaranta, dal 1827 al 1848, novantasette opere, trentamila pagine, quattro-cinque in media al giorno, di cui rivedeva le bozze normalmente dieci-undici volte, nel mentre che viaggiava, come gli piaceva, e chiacchierava.
Camilleri a ottant’anni, non abbiamo fatto il calcolo, ma probabilmente è sopra la media di Balzac, che finora era un record: da un paio d’anni ormai è a un libro al mese. In più, pur usando lo stesso nome, esprime una multipla personalità, sulla traccia di Kierkegaard e Pessoa: è autore di Montalbano, di romanzi storici, di romanzi francesi di costume, di libri d’attualità, e di novelle metafisiche, non male, queste ultime. “La rizzagliata”, per non perdere tempo con gli editori, che pur essendo anch’essi diversi, stanno attenti a non intasare le librerie con più di un Camilleri al mese, lo ha pubblicato l’anno scorso in Spagna.
Questo è un libro diverso, un altro genere nei multipli Camilleri. Un giallo, ma non alla Montalbano. Uno palermitano, molto. Che è anche un vero romanzo storico, come pretende l’autore, seppure di attualità, e un romanzo di costume solido, ben difeso dalle fregne. È e sarà il romanzo del compromesso storico, dove ogni infamia è normale – come “Todo modo” è il romanzo della Dc e di Moro. Ma questo è il meno, chi vuole lo legge ogni giorno sul giornale. Il libro è molto più – anche se lascia per una volta cauto l’incensatore del risvolto, Salvatore Silvano Nigro.
La città, la Sicilia, vi è rapida e acuminata, da cultura metropolitana. Piegata infine su se stessa dalla nota piaga, compiaciuta, del potere che fa aggio su tutto, che ha fottuto e fotte la Sicilia. Scintillante. Di una tortuosità cristallina, Camilleri vi fa ottima resa della verità, che a Palermo si adegua: plastica, informe, cera fusa, e sempre mortale. Avviluppandola e svolgendola senza una debolezza, un’indecisione, una faglia. Dopo aver fatto giustizia, sbadatamente, delle cianfrusaglie che ancora si vendono sul Sud, sulle donne, le corna, e le mafie.
A proposito di Spagna e di morte: c’è chi dice che la Spagna è sopraffatta dal senso della morte, per il funerario asburgico, le mantiglie, le corride, ma non può essere che sia stata Palermo, che Sciascia vuole molto spagnola, a infettare la Spagna? Che di suo, in fondo, è vandala, un po’ vagabonda cioè, e quando vuole sa applicarsi, si fa i conti, vede le convenienze. L’italiano dialettizzato, cui Camilleri costringe i lettori anche in questo romanzo metropolitano, non si spiega altrimenti, che come riaffermazione di una vecchia superbia.
Andrea Camilleri, La rizzagliata, Sellerio, pp. 211, € 13
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