giovedì 22 ottobre 2009

Il "Todo modo" del compromesso

Balzac scrisse quaranta volumi in cinque anni, secondo la sorella Laure. Un volume ogni quaranta giorni, scrivere senza pc era molto più lento, soprattutto fare le copie. A trecento pagine in media a volume, dieci pagine al giorno, tolte le domeniche, le feste e qualche convegno amoroso. Erano libri di vario genere, che pubblicava sotto vari pseudonimi. Questo ai suoi vent’anni – ai trenta-quaranta, dal 1827 al 1848, novantasette opere, trentamila pagine, quattro-cinque in media al giorno, di cui rivedeva le bozze normalmente dieci-undici volte, nel mentre che viaggiava, come gli piaceva, e chiacchierava.
Camilleri a ottant’anni, non abbiamo fatto il calcolo, ma probabilmente è sopra la media di Balzac, che finora era un record: da un paio d’anni ormai è a un libro al mese. In più, pur usando lo stesso nome, esprime una multipla personalità, sulla traccia di Kierkegaard e Pessoa: è autore di Montalbano, di romanzi storici, di romanzi francesi di costume, di libri d’attualità, e di novelle metafisiche, non male, queste ultime. “La rizzagliata”, per non perdere tempo con gli editori, che pur essendo anch’essi diversi, stanno attenti a non intasare le librerie con più di un Camilleri al mese, lo ha pubblicato l’anno scorso in Spagna.
Questo è un libro diverso, un altro genere nei multipli Camilleri. Un giallo, ma non alla Montalbano. Uno palermitano, molto. Che è anche un vero romanzo storico, come pretende l’autore, seppure di attualità, e un romanzo di costume solido, ben difeso dalle fregne. È e sarà il romanzo del compromesso storico, dove ogni infamia è normale – come “Todo modo” è il romanzo della Dc e di Moro. Ma questo è il meno, chi vuole lo legge ogni giorno sul giornale. Il libro è molto più – anche se lascia per una volta cauto l’incensatore del risvolto, Salvatore Silvano Nigro.
La città, la Sicilia, vi è rapida e acuminata, da cultura metropolitana. Piegata infine su se stessa dalla nota piaga, compiaciuta, del potere che fa aggio su tutto, che ha fottuto e fotte la Sicilia. Scintillante. Di una tortuosità cristallina, Camilleri vi fa ottima resa della verità, che a Palermo si adegua: plastica, informe, cera fusa, e sempre mortale. Avviluppandola e svolgendola senza una debolezza, un’indecisione, una faglia. Dopo aver fatto giustizia, sbadatamente, delle cianfrusaglie che ancora si vendono sul Sud, sulle donne, le corna, e le mafie.
A proposito di Spagna e di morte: c’è chi dice che la Spagna è sopraffatta dal senso della morte, per il funerario asburgico, le mantiglie, le corride, ma non può essere che sia stata Palermo, che Sciascia vuole molto spagnola, a infettare la Spagna? Che di suo, in fondo, è vandala, un po’ vagabonda cioè, e quando vuole sa applicarsi, si fa i conti, vede le convenienze. L’italiano dialettizzato, cui Camilleri costringe i lettori anche in questo romanzo metropolitano, non si spiega altrimenti, che come riaffermazione di una vecchia superbia.
Andrea Camilleri, La rizzagliata, Sellerio, pp. 211, € 13

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