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Ateismo – Il credente e l’ateo entrambi hanno visto Dio – quest’ultimo anche nella forma dell’agnostico. L’uno se ne ritiene salvato, l’altro abbandonato. “Non credo in Dio perché non l’ho visto”, dice il Caeiro pastore di Pessoa. Ma questo è l’indifferente – c’è il credente per abitudine (consuetudine) e l’ateo per indifferenza (insensibilità).
Dio - È una Differenza, tra pensare e non pensare. Riconoscerlo è atto d’orgoglio, e dunque peccato?, se un po’ ovunque si raccomanda che non ne parliamo.
Immaginazione - È ciò che fa l’uomo, dal pianto al riso. Nelle forme della logica e della fantasia. Che null’altro nella natura contiene.
Logica – È la scienza del non essere. Che è la storia, e l’incoerenza.
Nella logica nulla è reale. Nulla avviene, tutto si dissolve, in perfezionamenti.
Mito - Tutto, a fine Ottocento, era demi: demi-monde (Dumas figlio), demi-vierge (Prévost), demi-ton, demi-regard… Abbiamo avuto il mini, all’epoca del gigantismo (fusioni, incorporazioni, conglomerati). Poi, all’epoca del “piccolo è bello”, abbiamo avuto il maxi. Ora, all’epoca della vergogna, abbiamo l’etica. Piccole mitologie. Il mito è ciò che manca?
Morale - La morale vuole morti. È l’ordine, una forma di. Non c’è ordine senza vittime – esclusi – ma quella della morale è un’esclusione totale (la legge tempra la pena, legandola a stadi del delitto). Quant’è morale la morale?.
Morte – La morte della morte, per nessun motivo, sia pure deludente (l’età, la malattia), altro che il numero, sotto l’atomica o nella camera a gas. Dove morirono, è bene ricordarlo, non tutti gli ebrei, alcuni: i non ricchi e i non maneggioni. Per un credente può non cambiare nulla. Ma la morte della morte è la fine di ogni altro significato della vita.
Norma - È conservativa: è ciò che è stato. E non ha altro potere se non esterno – la forza nel caso della norma giuridica (Kelsen). La sua razionalità interna è la statistica, e la tradizione.
Quella innovativa è la tradizione recente, la tendenza.
Riso – Democrito ride, Eraclito piange. Ma il primo è superbo.
Santità – Sante e streghe sono persone simili, e i fenomeni che vivono equiparabili. Malee bene in esse si equivalgono, se non per circostanze esterne e minori, soprattutto l’ignoranza e la povertà (le sante nate in famiglie povere sono recenti, a meno che non fossero “semplici”, un po’ matte). Ciò per non vale per i santi, per i quali il male è il male, e il bene, tutto sommato, il bene.
La differenza sta probabilmente nel fatto che la santità maschile si realizza nel mondo, con le opere, mentre quella femminile è psicologica, introiettiva (visioni, macerazioni, rifiuti). Ma tanto più, allora, per essere il quesito così assolutizzato: c’è un’indifferenza femminile tra dio e demonio? Indifferenza storica, naturalmente, non genetica.
Storia – È la realtà. In più di un modo: le fonti, le cause, buone o cattive, i fini, i sentimenti, gli imprevedibili avvenimenti, e le bugie, le furbizie.
È muta, senza la tradizione e la cultura, è contestualizzazione. Si veda dal turismo di massa, che quando si applica alla storia è indigente. Per un americano del Kansas il Panteon è ammirevole per i volumi, l’altezza e il numero delle colonne, la durata nel tempo. Per l’industriale di Cuneo, persona altrettanto egregia del cittadino del Kansas, il calligrafismo giapponese è semplicemente inchiostro.
Non sarà agli inizi? Ancora corriamo, dopo il Big Bang qualche milione di anni fa – 65 milioni di anni fa c’erano i dinosauri, gli esseri umani solo cinque milioni di anni fa, l’homo sapiens Appena duecentomila anni fa.
Tempo – La stazionarietà è impossibile. Impensabile. Non auspicabile.
Virtù – Solo i ricchi sono – possono essere – disinteressati, generosi, cortesi. E belli, nobili, coraggiosi, voluttuosi.
letterautore@antiit.eu
mercoledì 14 ottobre 2009
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