lunedì 19 ottobre 2009

L'uomo-penna

Il letteratissimo “uomo-penna” (di cui all’amante da giovane, la poetessa Colet) amava scrivere ma odiava il mondo letterario: “Sarebbe una bella idea”, scrive all’amico Maxime du Camp, “quella di un gagliardo che, fino ai cinquant’anni, non pubblicasse niente e poi, d’un colpo, facesse comparire, un bel giorno, le opere complete, e la finisse là”. Uno che non può fare altro ma sente la scrittura come una fatica. Un giorno. Un altro sente il desiderio di scrivere montare “come eiaculare”, scrive alla Colet - “come fottere” a Taine.
Questa minuscola scelta della corrispondenza puntata sulla scrittura offre però, fra le tante chicche, di cui la corrispondenza di Flaubert mai è avara, quella del plagio. Di quando Flaubert si scopre Balzac, avendolo infine letto: una scena di “Bovary” è uguale nel “Medico di campagna”, mentre “Louis Lambert”, personaggio e titolo di un altro romanzo di Balzac, è l’amico di Flaubert morto giovane Le Poittevin, e comincia “con una frase di «Bovary»”. Dopo il lampo sull’’89: “Non trovate”, scrive a George Sand, “in fondo, che, dopo l’’89, siamo via di testa? Invece di continuare sulla grande strada, che era larga e bella come una via trionfale, ci siamo perduti per le viuzze”. Tradizionalista: “Prima di ammirare Proudhon, se si studiasse Turgot? Certo lo CHIC, questa rivoluzione moderna, che ne sarebbe”. E all’illustre amica anticipa le frasi fatte: “Opinioni scicche (o cicche): essere per il cattolicesimo (senza crederne una parola)…”
Gustave Flaubert, L’homme-plume, Mille-et-une-nuits, pp. 112, € 1,95

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