sabato 10 ottobre 2009

Non ci sono giudici a Torino

Non è una coincidenza, è un errore, e anche grave, avere una Consulta di dieci meridionali su quindici, nove di essi napoletani. Non c’è fra essi un giurista di Torino, che pure fu culla del diritto liberale e laico, da ultimo con Jemolo, Bobbio e Galante Garrone. Non c’è un padovano, o un veneto qualsiasi. E l’unico lombardo, Frigo, rappresenta gli avvocati. Il più a nord viene da Savona.
Una prevalenza che, sommata alla presidenza della Repubblica e a quella del Csm, con altri due napoletani al vertice, fanno un quadro non attraente. Si spiega pure così che la Lega abbia ragione, a volte. Anche perché ci sono al Sud sicuramente anche quindici giuristi veri, ma non sono evidentemente alla Consulta. Al posto per esempio del professor Cassese, che si rimangia nel 2009 quello che aveva scritto nel 2004 – per un posto da senatore Pd, d’accordo, ma senza sapere che il Pd non è più in grado di garantire i posti in Parlamento.
Bossi glissa sulla Consulta dei Masanielli. Cioè, ne chiede l’abolizione, ma - è perfino più elegante dei gravi giurisperiti, e dei loro presidenziali patroni – evitando di sottolinearne la forte etnicità. Una palla così per le regionali, però, nelle quali spopolerà in tutto il Nord, non gliel’aveva finora sollevata nessuno. Ed è la ragione non ultima per la quale Berlusconi attacca anche Napolitano - Mancino non ha nemmeno bisogno di attaccarlo. Tocca a Berlusconi “governare” Bossi, contenerlo cioè, indirizzarlo a fin di bene.

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