Il padre è la figura del padre, anche in forma di Dio, ma è soprattutto una persona. Il tema è come sempre l’amore, così facile e così difficile. Ma l’amore di e per David Maria Turoldo, il bellissimo servita che tra Milano e Firenze fu per un trentennio, fino agli anni Settanta, al centro di vivaci, seppure trascurati, cenacoli religiosi e poetici. Centrati sulla vita: la condizione umana, filosofica e pratica, con una distinta curvatura estetica, poetica, tragica. È una celebrazione, in memoria. “Io venni alla Corsia de’ Servi\ e appena ti vidi la mia ragione ammutolì”. “La tua bellezza disorientava le folle che non capivano le tue parole”. Ma è di più.
Una serie di prime linee superbe inanellano un ritratto fantastico del prete-poeta, il santo della prima giovinezza della poetessa. “Partorii un figlio una notte\ e aveva il tuo volto”. “La passione è un inverno”. “In ogni animo c’è un albero cavo”. Il forte sentimento religioso di Alda Merini genera qui una trasfigurazione, o reincarnazione. Ripetute nei tre poemetti in morte di Giovanni Paolo II, “chiuso fra le pareti del mondo”. Un gioiello non polveroso di poesia mistica - esemplare non comune, direbbe il libraio, nella biblioteca contemporanea.
Alda Merini prosegue imperterrita il suo percorso obsoleto di Poeta Io. Seppure aggiornato dalla condizione esistenziale, la malattia mentale, la povertà. E pur usando del poeta oggettivo eliotiano le antenne sensibili del corpo e degli oggetti, di un mondo vigile e animato. Da qui la peculiare cifra di classico vivente. Che è pestifero, ma la Merini sa fronteggiare.
Alda Merini, Padre mio, Frassinelli, pp. 106, € 15
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