È pesce d’aprile a ripetizione per la stampa in Italia. Che mai se ne accorge, non lo mostra. Da ultimo un archivio Vasari di un conte Festari, che l’aveva già impegnato e perduto per debiti più volte, è stato dato per acquistato alla morte del conte, il 17 ottobre, da un magnate russo, per 150 milioni. Con alti lai sul patrimonio culturale depredato, eccetera. Da un magnate che invece era morto quaranta giorni prima, e prima di morire non aveva comprato niente. “Avrebbe potuto”, commenta imperturbabile il mediatore, un signor Stepanov che suona in russo come un signor Nessuno, che forse ha pure un ufficio, alla periferia di Mosca, alcuni operai stanno pulendo un appartamento con le insegne della sua società. Tutto questo non sui giornaletti scandalistici ma sui migliori quotidiani, la coscienza dell’Italia civile.
Prima ha occupato le cronache un signore americano che voleva comprarsi il Bari, e per questo festeggiava per le vie della città – ora si capisce perché, dopo Berlusconi - e sulla gradinate del san Nicola. Prima ancora, periodicamente, c’è la vendita della Roma, la squadra di calcio, ora ai padroni della Bmw, insomma a un parente dei padroni, ora perfino a George Soros, di solito a un non descritto magnate russo. Roba ogni volta non innocente, il titolo i Borsa schizza in su e in giù consentendo fortune rapide, mentre i migliori giornali di Roma, la Figc, il Coni non risparmiano valutazioni, analisi, dottrine.
Uno si chiede perché queste patacche non ricorrano nella stampa inglese, per dire, o spagnola. E l’unica risposta possibile è che i giornali sono di bocca buona solo in Italia: è roba da frustrati, non può essere solo stupidità. Le sòle fanno il paio con la citazione nervosa, compiaciuta, provinciale di quanto di nefando, osceno, oscuro, è si scrive di noi a opera di giornalisti angloindiani. Una volta l’acquirente della Roma era un avvocato di New York, dove però non esercitava. Che, quando dovette esibire i titoli per comprarsi la squadra, optò per il Bologna. A Bologna fu anche visto, ma presto scomparve: provinciale non vuole dire stare in provincia.
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