lunedì 2 novembre 2009

Breve storia dell'unità - 10

In difficoltà a tradurre le ditirambiche “Memorie” di Garibaldi sui Mille, volendo restare fedele all’originale, fino alla “incoerente sintassi”, lo storico americano W.R.Thayer suggerisce “un interessante parallelo tra i migliori passaggi di Garibaldi e quelli di Whitman”, il poeta.

La spedizione dei Mille ebbe lunga e non segreta preparazione. Già in aprile Genova era piena di patrioti. Ma senza armi né fondi. A metà aprile Crispi andò a Milano, a chiedere del Fondo per un milione di fucili, come mai le promesse non venivano mantenute. Finzi spiegò che le armi erano state sequestrate al momento in cui, già disposte nelle casse, stavano per essere spedite. Crispi si rivolse allora a Farini, ma il ministro dell’Interno rispose che la questione doveva essere risolta da Cavour e Garibaldi. I radicali ne trassero motivo per incolpare Cavour del sequestro delle armi. Ma la decisione era del governatore di Milano, Massimo d’Azeglio. Che lo riconoscerà in questi termini, in una lettera un mese dopo: “Poiché ho la reputazione di uomo onesto da mantenere, a Milano seguo la mia propria politica. Ho rifiutato le armi a Garibaldi, ho dimesso un sindaco che invitava ad arruolarsi per la Sicilia, e ho notificato agli Italianissimi che, a mio avviso, si può dichiarare guerra a Napoli, ma non avere un ambasciatore lì e mandare armi ai siciliani”.
Aveva puntato su Milano fin da giovane, Massimo Taparelli D’Azeglio, per quella carriera di “artista e letterato e musico e scrittore di scienze politiche e condottiero di truppe e presidente di ministero” che si era presto disegnata. E di Milano aveva puntato al cuore, i “Promessi Sposi”. Al suo intendente a casa scrisse subito, quando a trentatrè anni, bello e ricco pittore bohémien, emerse a Milano: “La mia idea di diventar cognato dei promessi sposi potrebbe realizzarsi presto”. Dopo un mese era già nel cuore di Alessandro Manzoni, tutto quello che Manzoni non era riuscito e non riusciva ad essere, sfrontato, e dopo due ne aveva sposato la figlia Giulia. Da cui ebbe la figlia Alessandrina, Rina. E subito dopo mantenne in un certo senso anche l’impegno a diventare cognato. Alla nascita di Rina, infatti, seguirono la morte di Enrichetta Blondel e di Giulia. A meno di un anno dalla morte della moglie, D’Azeglio era già risposato con Louise Maumaray, una cugina di Enrichetta chiamata in casa Manzoni tante Louise. Manzoni reagì male, e fece anche causa a D’Azeglio per l’eredità della nipote Rina. Ma presto nuovamente soggiacque all’impeto del genero.

I Mille del Granicolo sono tutti vecchi. Presero i Borboni per stanchezza?

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