Protesta l’Unione Europea per inutile ripicca con la Turchia, che ospita il vertice islamico, e con esso anche i non voluti Bashir e Ahmadinejad. Per ripicca perché è stata tenuta fuori dal revirement in atto della politica americana nel mondo islamico, con più attenzione ai gruppi d’interesse sunniti nell’area della crisi. Inutile perché in ogni caso il processo va avanti: un riavvicinamento è indispensabile al momento in cui le truppe americane lasceranno l’Iraq, sono i gruppi di interesse arabi meglio organizzati - non si deve aprire un vuoto in Iraq fra qualche mese, tutti lo sanno e lo capiscono, eccetto, forse, Bruxelles.
In Turchia, dove ancora si fa politica, il riassestamento è stato subito percepito. Anche perché il contatto è sempre rimasto stretto con Washington. Il prossimo ritiro americano dall’Iraq ha una minima possibilità di stabilizzare l’Iraq, e una invece amplissima di sovvertire, con l’Iraq, tutto il fronte fino al Libano, Siria compresa. Un evento che solo si può prevenire riconoscendo gli interessi dei gruppi sunniti, che mostrano di dominare la zona di Bagdad, e hanno terminali pesanti altrove. Hezbollah in Libano mostra peraltro di averlo ben capito, pur rappresentando i gruppi sciiti, in collegamento con Teheran: la Siria consiglia un accordo e Hezbollah accetta di far parte del governo odiato di Hariri. Né c’è alternativa per gli Stati Uniti in Iraq se non il ritiro: l’America non può battersi su due fronti, e l’Afghanistan passa da retroguardia da consolidare a fronte principale, di fronte alla minaccia concreta di uno Stato talebano-qaedista, che sovvertirebbe il Pakistan, e quindi tutta l’Asia meridionale – non molto è cambiato dal Grande Gioco di “Kim”.
Ma, poi, si dice Unione Europea ma s’intende la Francia. È la Francia che Obama tiene fuori dal riassestamento del Medio Oriente. L’Iran compreso e la questione nucleare in Iran. Sarkozy ha saldato parecchie delle ferite aperte con l’America dall’opportunismo di Chirac, il presidente di destra eletto dalle sinistre. Ma la Francia non dà un contributo, né militare né diplomatico, a nessuna delle vicende dell’arco della crisi, a Beirut, a Bagdad, a Teheran, in Afghanistan, e gli Usa comunque ormai non si fidano.
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