La scopata è quella che Manganelli si prese in testa, da parte di uno zio spazzino di Alda, uscendo dall’albergo dove faceva l’amore con la poetessa “minorenne”. Giorgio, racconta Alda, scappò in Lambretta.
È una storia d’amore atipica, sotto forma di racconto di Natale, che Alda Merini detta a Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, nella proliferazione purtroppo incontrollata da ultimo dei suoi testi, nell’ansia del riconoscimento. La storia è vera: Manganelli si portava la sedicenne Alda, già da quindicenne, anche nel pied-à-terre di Maria Corti, coltre che in camere a ore, ed è per più aspetti una violenza, seppure consensuale, della “ragazzetta” già ricoverata per disturbi mentali.E tuttavia dà l’immagine più viva che resista di Giorgio Manganelli, il grande amore di ragazza di Alda, bello perfino, anche se “non è che brillasse per potenza”.
È anche un ritratto malinconico di un modo d’essere tra poeti di nessuna attrattiva e letizia, anzi sordido, con compiacimento. Con un dato autobiografico infine certo e importante: la giovane poetessa che i poeti si scopavano e magari amavano, ma non abbastanza da fare con lei famiglia, che per questo allora si scelse un operaio – “un uomo del tutto simile a Quasimodo, nero di capelli, con baffi e passo spedito”, ed è tutta qui la disgrazia della poetessa morta.
Alda Merini, La scopata di Manganelli, Acquaviva, pp. 95, € 11
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