Resta il monumento a Berlusconi, mai così bello, persuasivo, perfino onesto - nessun regista di casa Fininvest è stato così bravo. Anche, indirettamente, per l’addomesticamento di Bossi, che qui si vede trionfante senza contrappunto a Venezia proclamare la Padania indipendente – vezzeggiato allora, si sa, da Scalfaro e dalla sinistra. Non c'è molto altro da vedere in questo film del 1998, nella restrospettiva che Sky (Murdoch...) dedica a Moretti: un anticipo del “Caimano”, anche se con siparietti più vivaci.
Moretti cresce e scopre che non sa niente di politica (in realtà che non gli interessa). Ma esita (paura? opportunismo?) a farne un film. Costeggia la verità ma si ritrae (nella piccola gag delle lettere non spedite al partito, conferma il feroce antisocialismo del Pci, cioè la faziosità, la politica come assolutismo – ancora non c'erano da digerire i democristiani nel Pd...). Anche in questo anticipa il "Caimano": qui nel chiamarsi fuori, lì nell'invettiva. Ma sempre nell'ambiguità. Entrambi i film - veniva da dire entrambe le operazioni - sono “berlusconiani”: pamphlettistici, ma senza fantasia né ispirazione, e per questo “berlusconiani”, per l'opportunismo commerciale e la prevalenza del marketing (i tempi di uscita, le molte copie, i suggerimenti di lettura...).
La vita col figlio, alla nascita e di un anno, che è il suo lato migliore, resta un fatto privato - tutte le famiglie ormai si fotografano a ogni momento. Per il resto poco di memorabile: il viaggio nel deserto a Brindisi dove sono morti gli albanesi, un'ottantina di persone (non si sa nemmeno quanti sono stati i morti...), della Kater I Rades, speronata dalla Marina italiana, il giornale unico, e il mambo finale in pasticceria – un’altra eco del Moretti che avrebbe potuto e non è stato. O sarà aprile, come vuole Eliot, il mese più crudele.
Nanni Moretti, Aprile
mercoledì 4 novembre 2009
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