Si dovrebbe dire che Napolitano ha preso partito contro il “partito” dei giudici, ma non è così: la verità è che il presidente della Repubblica si sente solo contro il partito dei giudici. Senza sostegni validi, cioè, e anche, va detto, senza argomenti. Perché il capo dello Stato non ha bisogno di sostegni quando deve affrontare i giudici, è lui che incarna l’autonomia e l’indipendenza dei giudici. Ma questo si può solo recriminare. Il fatto è che Napolitano, avendo abdicato come Ciampi i poteri di controllo sull’operato dei giudici, si deve appellare a noi, agli elettori, uomini della strada, i nessuno della politica, che tuttavia impersoniamo il common sense: liberatemi voi, è come se avesse detto.
A ventiquattro ore dal suo drammatico appello, “senza precedenti”, “irrituale”, “fuori programma”, questo è il solo significato dell’appello che Napolitano ha dettato al Quirinale ai cronisti appositamente convocati, di mattino, con le redazioni ancora sobrie, dall’esordio drammatico: “Sento il bisogno di dire qualcosa in questo particolare momento”. Il significato è quello che Vincino ha disegnato oggi per il “Corriere della sera”: un appello a Berlusconi perché governi. Più chiaro del resto il presidente della Repubblica non poteva essere: “Nulla può abbattere un governo che abbia la maggioranza in Parlamento”. Nulla.
Napolitano ha vissuto drammaticamente, anche da presidente della Camera dei deputati, gli scioglimenti arbitrari del Parlamento perpetrati da Scalfaro nel 1994 e nel 1996. Drammaticamente, cioè da uomo laico e onesto. E non vuole ripetere l’esperienza: non vuole restare prigioniero degli avventurieri della politica, procuratori della Repubblica, editori, monsignori, che vent’anni fa si divertirono a disintegrare la politica e le istituzioni – compresa inevitabilmente la stessa presidenza della Repubblica, ricattata o altrimenti collusa. Napolitano ha già dovuto provvedere a uno scioglimento anticipato delle Camere, per obiettiva mancanza di una maggioranza in Parlamento, e sa quanto ciò costi alla necessaria Auctoritas dei pubblici poteri.
Napolitano è anche un uomo di principi, e non cede agli umori. Specie nella fattispecie. Svillaneggiato da Berlusconi quale ispiratore della Corte costituzionale contro il lodo Alfano, ha scelto di attenersi alle cose. E le cose sono che ha un Parlamento eletto appena diciotto mesi fa, con una maggioranza solida, e che non si possono fare colpi di stato giudiziari. Basandosi su un pentito (uno solo, un mafioso che fa il teologo, dopo quindici anni…). Berlusconi d’altra parte sarà pure in paranoia, specie dopo la macelleria processuale dei suoi averi e della famiglia scelta dalla pia donna di sua moglie, ma in queste cose ci azzecca. Lui sapeva già sei mesi fa che si preparava il pentito Spatuzza, a Palermo e a Firenze. Non poteva prevedere il rigetto senza appello del lodo Alfano della Corte costituzionale, dopo quello condizionato di cinque anni fa. Né che il Csm discutesse di acquisire i verbali delle riunioni del suo partito…
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