Hanno dato con diletto le graduatorie e i “giudizi taglienti” del “Financial Times” e dell’“Economist” sull’Italia – su D’Alema, non su Berlusconi. E si sono trovati il giorno dopo senza argomenti. Senza il coraggio di denunciare la stampa di regime britannica, ma senza argomenti da opporre alla tragicomica nomina di una signora ignota, di un paese e un partito contrari a una politica estera e di difesa europea, a ministro europeo della difesa e degli esteri.
Con la parziale eccezione della “Stampa”, che ha, cautamente, fatto capire ai suoi lettori la trama delle nomine europee, i grandi giornali italiani si sono concentrati sui risvolti italiani. E non avendo in questo caso i soliti argomenti contro Berlusconi, hanno montato un “caso umano” D’Alema. Il “Corriere della sera” e “Repubblica” hanno preferito dare addosso alla Francia per il “mani” di Henry – ma a danno dell’Irlanda… Nessun commento alla spregiudicatezza di Londra nelle nomine, e ai giornali britannici che ne hanno favorito attivamente le manovre.
Il giornale milanese in particolare, che più degli altri si fa eco di cosa hanno detto l’“Economist” e il “Financial Times”, si è visto spiazzato da questi suoi autorevoli numi su entrambi i suoi fronti d’impegno, D’Alema e Tremonti. Per D’Alema la mancata nomina (a favore di “una certa Ashton”) non è un incidente di percorso come un altro, è un quasi accantonamento. Il ministro dell’Economia, destinato nel Grande Disegno milanese a presiedere il governo di unità nazionale post-Berlusconi, sarà soppiantato l’anno prossimo a capo dell’Eurogruppo, carica che riteneva orma sua, dalla ministra francese – fa parte dell’accordo: a Francia e Germania il business, a Londra la (non) politica europea.
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