Il passo è ancora prematuro. Ma Bersani, o comunque il Pd, dovrà prendere atto del potenziale distruttivo illimitato della (ex) Dc: hanno ucciso Fanfani e Moro, si sono uccisi nel 1992-94, figurarsi se arretrano di fronte a un Bersani. Non ci sono solo Bindi e Franceschini, contro Bersani lavorano anche i vescovi di partito, operosi a disinnescare ogni novità in fatto di diritti delle coppie di fatto e di bioetica. Con la parola d’ordine, neanche mascherata, di “tornare al centro”. Da intendersi: tornare a Casini, senza neppure dover passare da Rutelli.
Le riforme passano attraverso la non Dc. Attraverso le varie sinistre, cioè, e quel che c’è di socialista, liberale, radicale nel partito di Berlusconi. Escludendo da questo partito gli ex Dc, e Fini e i suoi colonnelli, la generazione politica più incredibilmente improduttiva nella storia del Parlamento repubblicano. Una o due riforme basterebbero, quella parlamentare e quella della giustizia. Ma il punto è: si possono fare con questa maggioranza e in questo Parlamento, di cui Bersani ha assoluto bisogno per tutt’e tre anni e mezzo restanti? La debolezza di Berlusconi è paradossalmente la debolezza maggiore di Bersani.
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