Un Céline accudito dai suoi fino al soffocamento, con molte spese (pianoforte, lingue, soggiorni all’estero, corredo militare) e non nella povertà. Che ha sempre “problemi di denaro”, specie per le donne. Che nella tarda adolescenza sono la sua unica occupazione: infermiere, anche anziane, attricette, incontri al caffè – al Café de la Paix dove s’installò per qualche mese nel 1916, in congedo malattia dal fronte, dava il nome di Kennedy. Noto agli amici per il “temperamento focoso”, e per “le clienti dei gioiellieri in là con gli anni” (Céline era stato apprendista dal gioielliere Lacloche), e per le “massaggiatrici di quarta pagina”. È per una donna, scrive agli amici nel 1915, che “fugge a Londra”. Dove ne deve sposare una. Da alcune riceve soldi.
È il Céline vero, in queste prime lettere, scritte e ricevute, tra i diciotto e i venticinque anni. Un po’ baro e un po’ no: fantasioso. È già anche scrittore. Céline non viene fuori all’improvviso nel 1932 col “Viaggio”, lo è nelle lettere al padre dal Camerun, a ventitrè anni, e con le relazioni sanitarie per la Fondazione Ford a venticinque. La vita miserabile (il missionario senza missione nella Guinea spagnola, la procedura per bere un po’ d’acqua…)dei coloni nell’Africa equatoriale è buon reportage, ma è anche, nella sua crudezza, Céline: muoiono come mosche, sopravvivono come larve, per un guadagno comunque irrisorio. È Céline pure nel razzismo scontato – non argomentato, non ideologico - verso gli africani, che sono “nessuno” (“trenta giorni senza parlare con nessuno”, cioè con nessun bianco, è un ritornello).
È un ritratto definitivo dello scrittore che queste lettere giovanili bizzarramente fissano, così come sono, senza apparati, con la sola nota d’inquadramento di Véronique Robert-Chovin, che è stata confidente di Lucette Destouches, l’ultima moglie dello scrittore, con la quale ha compilato dieci anni fa il video-libro “Céline vivant”.
Devenir Céline, Lettres inédites 1912-1919, Gallimard, pp.205, € 16
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