Un monumento all'immutabilità delle logiche politiche.
Anche alla forza politica della retorica: Cicerone dice e non dice, accusa senza accusare, nomina Verre perché è in disgrazia presso i senatori, dopo tre anni e montagne di malversazioni, ma non nomina gli altri profittatori, né accusa realmente i publicani, gli affaristi che furono una creatura dello stesso Senato. Ma soprattutto conferma la persistenza delle logiche politiche.
Cicerone attacca il Senato, non può non farlo, ma per ristabilire il diritto a esercitare quel potere giudiziario di cui Silla avrebbe voluto privarlo. Perché è nel Senato il potere: il potere economico, o meglio finanziario, delle rendite urbane. Ogni rivoluzione giudiziaria - ogni rivoluzione? - è un esercizio di potere.
Già all'epoca si praticava il maquillage finanziario, il window dressing.
Cicerone, I processi di Verre
domenica 20 dicembre 2009
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