A Kardamyli Leigh Fermor ha da tempo completato la memoria del suo memorabile viaggio a piedi da Londra a Costantinopoli negli anni 1934-37, iniziata con “Tempo di regali” nel 1977 e di cui questa seconda parte è uscita nel 1986, ma non trova il filo. È possibile. Qui il suo talento di far rivivere il nulla, luoghi scomparsi, parole, usi in disuso, appare disappetente. Raggiunge sempre le vette del narrare breve note ai suoi lettori, anche in un capoverso, o in una frase. La storia del Filioque, che tuttora alimenta inimicizia acerrima tra il Vaticano e Costantinopoli, è magistrale in mezza pagina. Ma più che altro si parla di baroni, conti e duchesse con lo stampo, o zingari e pastori, poco sbalza: Leigh Fermor gira l’Austria, l’Ungheria, la Transilvania come i trovatori la Provenza e l’Aquitania, da un castello all’altro. Ci sono anche disattenzioni. Errori (Mattia Corvino alla liberazione di Otranto dai turchi, o le guerre di successione al trono di Polonia). Ripetizioni e imprecisioni nel calderone della Transilvania, tra le tante orde che fino ai turchi presero possesso a ondate dell’Europa latina.
Ritorna tre volte la storie dei mongoli che nel Duecento avevano conquistato il mondo, dalla Cina all’Ucraina e all’Ungheria. In un anno, o poco più. Ma all’improvviso, essendo morto nel Karakorum Ogoda, il successore di Gengis Khan, i capitribù voltarono i cavalli per correre alla successione. Dopodichè si scordarono di tornare. E questo è forse augurale, se al posto dei mongoli si mettono i cinesi invasori dell’Unione europea.
Era di Leigh Fermor originariamente, di un suo personaggio, il conte Jëno Teleki, l’idea di far derivare gli ebrei ashkenaziti dai Khazari, la fantomatica tredicesima tribù convertitasi dal paganesimo all’ebraismo. Confidata a Koestler a pranzo in una taverna di Atene, è divenuta un anno dopo “La Tredicesima tribù” dello stesso Koestler.
Patrick Leigh Fermor, Between the Woods and the Water, Nyrb, pp. 294, $ 15,95
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