Quindi Pasolini era completamente “scarico” di erotismo, seppure ne era ossessionato prima della morte. La sua passione è di testa: numeri, geometrie, filologie (il belliano “fregare”, le decostruzioni, i calchi, il Sade ritornante del film). Passionalità infantile, che spiega la sua forsennata innocenza. Ma con un sospetto di calcolo: calcolo infantile (imbronciato), scoperto.
Grande creatore d’immagini: è questa la sua cifra poetica. Con le luci (colori) e i luoghi più vivi dei più sorprendenti personaggi. Sua è anche la “devozione alla morte” che Furio Jesi rileva di Pavese in “Letteratura e mito”. Pasolini è proprio questo, un mitologo. Di se stesso anzitutto, ogni mito è trasposizione, e vuole un io molto forte: “Petrolio” sarebbe stato un gigantesco monumento a Pasolini.
Pier Paolo Pasolini, Petrolio
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