Lascia in sala i più di ghiaccio, in altra epoca e in altre mani sarebbe un film dell’antisemitismo. Lo spettatore viene con la promessa di godersi la storia biblica del giusto Giobbe trasposta negli Usa, magari con qualche risata. Ma vi si irride tutto: le donne, la famiglia, la lingua, i riti, la religione. Col solo contrappunto, minimo, dello yankee col fucile, e dell’asiatico corrotto. Le donne sono stupide, i figli sciocchi, la confermazione si fa in sinagoga strafatti di fumo, i presidi e i rabbini si dilettano al più dei Jefferson Airplane, accomunati dall’avidità, con maschere tirate fuori dalla cartellonistica antigiudaica. Il tutto presentato come commedia, "laica e geniale".
C'entra molto la commedia all’italiana, in cui tra le battute fulminanti e le situazioni ridicole una disgrazia chiama l’altra, genere che Hollywood invidia molto. Ed è un segno confortante di sicurezza: si vede che, malgrado tutto, anche gli auguri degli amici ebrei che mandano “cartoline da Auschwitz”, e i timori di una cancellazione d’Israele, non c’è affatto aria di pogrom. Ma, è curioso, i fratelli Coen si pongono al centro di quello che fu l’inizio dell’antisemitismo dell’Ottocento, la polemica contro il “filisteismo”.
Il loro film è appunto un insistito fragoroso pernacchio alla sottigliezza semita. Ridotta bizzarramente a filisteismo Si ricorderà questo fantasma insorto in Europa a metà Ottocento, insieme con l’antisemitismo “moderno” – urbano, scritto, dotto, tedescofono, non più quello popolare dell’Est slavo – per denotare insensibilità, superficialità e presunzione. La sua storia si conclude alla vigilia della seconda guerra mondiale con i libelli antisemiti di Céline, che al filisteismo, inteso come forma di dominio culturale, di modelli, influenze e posti, imputa la “complicazione semita”, deleteria per la “sana razionalità” o virtù dell’Occidente. La stessa parabola non si può dire dei fratelli Coen, che a partire da “Barton Fink” e “Fargo” ben altri filisteismo hanno individuato. Ma l’effetto in questo film è analogo.
Joel e Ethan Coen, A serious man
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