Il misery index di Moody’s apre uno spiraglio sul segreto dell’Italia. L’Agenzia di rating ha messo insieme un indice molto semplice della povertà delle nazioni, sommando il deficit di bilancio annuale in percentuale del pil e il tasso di disoccupazione. E l’Italia, pur avendo il debito più grande in Europa rispetto al pil, e il terzo più grande al mondo dietro il Giappone e gli Usa, non se la passa male. Anzi, è il paese più virtuoso, se non meno “povero” – dietro la Repubblica Ceca. Sommato a una rete sociale molto vasta del terzo settore, o associativo, con un numero strabocchevole di operatori sociali, volontari e semi-volontari, senza contare le parrocchie rivitalizzante da Ruini, questo indice spiega la solidità del paese.
L’Italia è ben viva, come tutti sanno, malgrado Murdoch e l’“Economist”, prefiche non disinteressate, e i giornali di Lor Signori, che prosperano nella crisi. Una ragione ci sarà, o più d’una. Questa dell’indice della povertà, sommata al terzo settore, che il “Sole 24 Ore” infine registra in chiave di buoni sentimenti natalizi, è probabilmente la più robusta. Anche perché non da ora l’Italia è fra i paesi più virtuosi nel misery index: il deficit contenuto di bilancio, e in qualche anno anzi l’attivo di bilancio, è una cintura di correzione che il paese porta stoicamente da poco meno di vent’anni. Nessun altro paese avrebbe retto alle continue “manovre”, più tasse meno spese. Anche perché sono stati i vent’anni peggiori della sua storia politica, per il golpismo continuo dei complesso giudici-media, una destabilizzazione tanto perfida quanto martellante. Oltre ventimila onlus, 7.300 cooperative sociali, quattromila fondazioni sono la rete di resistenza dell’Italia.
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