Rivisto lontano dalle polemiche, nella programmazione Sky, è un filmone. Visivamente forte, con una drammaturgia sempre tesa, per tutte le due ore e mezza. Con dialoghi incredibilmente efficaci, fini, attraenti, per un film “italiano”. Un vero miracolo. Che dice la verità sulla guerra, sulle guerre. Sul razzismo che l’America ha appena smesso, nelle istituzioni e nella popolazione – da questo punto di vista è il miglior film di Spike Lee, anche se a ridosso gli è caduta sopra la valanga Obama. E sulle ambiguità della Resistenza negli Appennini e le Apuane – testimoniata da mille eventi, e per di più ancora attuale, con lunghi strascichi familiari se non più giudiziari. In cui nessuna ingiuria, di nessun tipo, nessuna offesa si può intravedere anche alla vulgata della Resistenza di chi non discute. E allora?
L’unica cosa di cui il film fa dubitare è la buona coscienza italiana. Non tanto il film quanto l’accoglienza: tiepida, sdegnosa (“un’americanata”, “storicamente sbagliato” – storicamente?), faziosa. Come se l’Italia avesse avuto un altro film di uguale potenza sulle efferatezze della guerra, comprese le decimazioni naziste e i tradimenti.
Spike Lee, Miracolo a Sant’Anna
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