Il presidente Napolitano esplicita a Berlusconi il sostegno al governo, come è nei suoi doveri istituzionali: non si temano complotti contro il governo. Che altro può dire di più? Puo, non deve. Rincuora Berlusconi a fare le riforme, se necessario da solo, “anche se non condivise”. Ma Berlusconi fa l’offeso, e non si capisce perché.
Napolitano ha orrore degli scioglimenti a catena dei Parlamenti, che lui sperimentò con la presidenza Scalfaro, qualche volta da presidente della Camera, e anche di Camere efficienti. Sciogliere il Parlamento eletto è, per un democratico, un caso estremo, da prevenire con ogni mezzo. Assicurare un esecutivo, e uno efficiente, è il primo dovere del capo dello Stato. Nel sentire di Napolitano e di ogni costituzionalista non golpista - come lo sono tanti che si colorano di democratico.
Perché Berlusconi fa finta di non sentirci, allora? Perché lascia perdere una occasione più unica che rara di farsi governare a suo piacimento, anche con quella parte del Paese che gli è ostile? È offeso? Non esiste in politica. E poi Berlusconi sa benissimo che la Consulta sul lodo Alfano è stata manovrata dal giudice casiniano – che alla maniera del suo patron ancora sta cercando la motivazione. Berlusconi vuole le elezioni anticipate? Non ha nessunissmo motivo per volerle. Vuole indebolire Napolitano, allora? Non può. Vuole indebolire Fini. Il quale non perde occasione per beccarlo, giornalmente. Ma alla fine della giornata conta in quanto conta Berlusconi. La distanza di quest’ultimo da Napolitano è in realtà una presa di distanza da D’Alema – il grande elettore del presidente della Repubblica. Perché D’Alema parla di riforme condivise ma pensa a Fini. Berlusconi vuole ristabilire l’ovvio: se l’opposizione vuole dialogare, deve dialogare con me.
Il voto di oggi al Senato sulla finanziaria, senza la fiducia, dopo le assicuarzioni di Napolitano, significa che la tattica di Berlusconi è stata capita anche dai suoi oppositori interni.
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