Un record. Un mafioso pentito di cui non sono state verificate le affermazioni è teste a carico in tribunale. Dopo una promozione pubblicitaria di sei mesi. Con un apparato scenico costosissimo. Un pentito che parla per conto della mafia, come sfrontato avverte. La quale è, insiste, “per me madre natura, come fosse un padre”. Contro un – fino a questo punto – incensurato. Ma un record negativo, e infatti tutti scappano, compreso Di Pietro.
Che un simile mostro, personale e giuridico, sia stato creato ed esibito al mondo in pompa dai giudici italiani ha spaventato più d'uno. Ha creato un anticlimax, un effetto contario a quello ricercato. Che non ci libererà dalla giustizia che da vent’anni jugula l’Italia, ci vuole ben altro. Ma ha aperto più di una crepa. Tra gli stessi promotori: tra i magistrati fiorentini ai quali Spatuzza ha promesso la verità della strage dei Georgofili più di uno ha storto la bocca.
Politivamente, l’attesa annunciazione di Spatuzza, preparata amorosamente dalla pie beghine che gli insegnano la teologia, è finita nello sconcerto generale. Solo Bottiglione è d’accordo col neo pentito, e questo ne dice tutto lo squallore. Non solo Di Pietro, anche “La Stampa” del buon Calabresi, che non è figlio dell’odio, tituba. Uno che ha ucciso un centinaio di persone, donne e bambini compresi, che disquisisce sulla parola “anomalia”, è un’anomalia. Una corte che non fosse stata siciliana l’avrebbe buttato fuori dal suo processo.
Spatuzza in tribunale ieri rimarrà comunque come un documento storico incontrovertibile. Della mafia. Dell’antimafia. Degli sprechi – il pentito svirgolava sotto un orologio fermo alle 16 e sette, nell’aula bunker di massima sicurezza. Della politica italiana negli anni, purtroppo, di Napolitano. Dell’oppressione in cui la mafia e questa antimafia tengono il Sud. A opera di giudici e sbirri meridionali, ma con leggi dello Stato.
Nessun commento:
Posta un commento