L’ipocrisia non cessa e anzi monta nell’affare Englaro, ed è dei laici che ne hanno voluto la morte. Che anche somaticamente ripetono i clichè del clericalismo: l’unzione, le pappagorge, e l’intima soddisfazione della tartufferia. Anche a costo di mettere in crisi le istituzioni più salde: il vulnus inferto alla presidenza della Repubblica e della Camera, che ora, finzione nella finzione, si rimuove, rimarrà indelebile, in diritto e nella costituzione materiale, del fare pretendendo di non fare.
Non una parola di verità dai familiari della donna, che ne hanno con determinazione, con impegno costante, con forti spese, voluto fare un caso ideologico e un precedente. Non dai politici dell’eutanasia, La Malfa, Pannella, Bonino, solitamente coraggiosi. Non dai giudici della Cassazione che sono stati i veri boia della vicenda, con una decisione illegale, di fatto e nelle procedure, senza averne competenza. Col lugubre monito: “Le sentenze si eseguono”, che ne completa lo scavo sovversivo. Su una pseudosentenza, in realtà un arbitrato civile - la cosiddetta volontaria giurisdizione. Si è sempre detto della chiesa, e obiettato, che vulle comandare, ma questo è vero soprattutto degli ipocriti che tengono sotto occupazione la laicità.
Questa ipocrisia è la stessa che, attraverso l’eugenetica costante dei paesi scandinavi e della Francia, arriva fino a Hitler. Si dice di no, ma è così, anche Hitler ragionava – era perfino umano: quando gruppi di madri lo aspettarono alla stazione di Hartheim a fine agosto 1941 per protestare contro la morte misericordiosa, mise fine al programma. Le camere a gas sono state messe a punto per l’eutanasia, la direttiva di Hitler dell’1 settembre 1939 che accordò “una morte misericordiosa” ai malati “incurabili”: con la conseguente Aktion T.4 le cliniche e gli ospedali psichiatrici furono provveduti di camere a gas, e squadre di psichiatri, neurologi, fisiatri esaminarono i candidati caso per caso, anche duemila in due giorni, i morti fino a Hartheim furono settantamila, tutti tedeschi, a tutti gli effetti. Nel caso di specie Hitler è solo questo: è lo Stato a decidere della vita e della morte. Un Hitler di oggi naturalmente, che sarebbe un mago del mercato, un po’ spensierato.
C’è un che di sinistro nel non detto dell’affare Englaro. Una buona morte sarebbe consistita nel prendersi Eluana in casa, e assisterla nei limiti del possibile. Per volerne fare una questione di principio, gli Englaro hanno solo aperto un florido business. Si possono pensare d’ora in poi i familiari deboli alla mercè dei familiari forti, ma è sempre stato così. No, la novità dell’affare è questa, che i veri preti sono i laici.
martedì 10 febbraio 2009
L'Expo dopo Malpensa: monnezza a Milano
Dopo Malpensa l’Expo. Milano, l’unica grande città europea che non riesce a dotarsi di un grande aeroporto, non riesce ora a realizzare l’Expo universale. Una manifestazione che si è aggiudicata principalmente per essere la città candidata dall'Italia, cioè spendendo il nome dell’Italia. E che naturalmente, naufragando, metterà la croce sull’Italia. Magari dopo avere speso inutilmente qualche miliardo di euro. Come già a Malpensa.
“Sempre Milano scarica la sua immondizia sull’Italia”: lo diceva Malaparte ma è vero. È la maniera d’essere della città, che da un ventennio governa il paese, con i suoi giudici, i suoi politici, le sue “idee”. Con quell’incredibile caciquismo tra tutti i suoi capetti, che maschera di federalismo: i presidente della regione, il presidente della provincia, il sindaco, e l’inevitabile Bossi di tutti maestro. Milano non finisce di scaricare sull’Italia la sua superficialità. Tanto applicata all’utile privato, tanto menefreghista nel pubblico e perfino sfottente. È del resto la città che crea l’immagine di ogni realtà in Italia, dalla corruzione all’inefficienza, che dopo vent’anni di strapotere non può che dirsi milanese, e che tuttavia essa allegramente ributta sulle realtà marginali, i ministeri, la camorra, gli onorevoli siciliani, gli ospedali calabresi.
“Sempre Milano scarica la sua immondizia sull’Italia”: lo diceva Malaparte ma è vero. È la maniera d’essere della città, che da un ventennio governa il paese, con i suoi giudici, i suoi politici, le sue “idee”. Con quell’incredibile caciquismo tra tutti i suoi capetti, che maschera di federalismo: i presidente della regione, il presidente della provincia, il sindaco, e l’inevitabile Bossi di tutti maestro. Milano non finisce di scaricare sull’Italia la sua superficialità. Tanto applicata all’utile privato, tanto menefreghista nel pubblico e perfino sfottente. È del resto la città che crea l’immagine di ogni realtà in Italia, dalla corruzione all’inefficienza, che dopo vent’anni di strapotere non può che dirsi milanese, e che tuttavia essa allegramente ributta sulle realtà marginali, i ministeri, la camorra, gli onorevoli siciliani, gli ospedali calabresi.
Il mondo com'è (14)
astolfo
Antifascismo - È stato la forza del fascismo, e non solo per il principio dialettico. Debole, litigioso. Che restringe con la faziosità l’opposizione invece di farla lievitare. Una opposizione divisa, faziosa, può isterilire l’opposizione più vasta degli animi. L’unico suo esito è “Cristo s’è fermato a Eboli”. Ma è stato pubblicato nel 1945.
Islam e Usa – Il conto non è ancora saldato tra l’islam e gli Stati Uniti, c’è qualcosa di oscuro nell’emergere dell’islam a questione mondiale principale. È così che dei quattro handicap con cui la presidenza Obama parte, ben tre, crisi economica a parte, si trovano in campo islamico: l’Afghanistan, che Obama non può perdere, la bomba iraniana, che non può consentire, e una qualche pace in Palestina. Un quarto handicap in campo islamico forse l’ha risolto, in Iraq, ma allora grazie alla determinazione del deprecato Bush.
Oltre che inevitabili, i tre handicap sono allo stato insuperabili. Anche perché gli Usa continuano a non avere una dottrina e una strategia in campo islamico: in questi trent’anni di khomeinismo, hanno continuato a barcamenarsi tra la vecchia dottrina della diga antisovversiva, creata negli anni 1970 con Zia ul Haq in Pakistan, da cui discende l’estremismo talebano e qaedista, e l’appoggio al moderato confessionalismo dell’Arabia Saudita, con cui governano il Libano e, in questa fase, l’Iraq. Non c’è una reale apertura verso l’Iran, che l’Arabia Saudita non consente, e on c’è un’adeguata pressione contro l’Iran e sul Pakistan. La storia dell’armamento nucleare iraniano è perfino singolare, avvenuta in regime di embargo economico, e ignota solo allo spionaggio americano.
Kissinger – Dal Congresso di Vienna ha cavato la globalizzazione. Una persona impacciata, anche nell’espressione, ma con vista acuta e il sangue freddo. Dalla guerra sconfinata perduta in Vietnam e l’implosione dell’America, fu a rischio lo stesso solidissimo impianto costituzionale e istituzionale degli Usa, con l’Europa alle calcagna, dell’Est e dell’Ovest, e il Giappone, e l’America Latina, senza dollaro, fa una cosa semplice: lancia l’amo all’Asia, degli arabi, dell’Islam (di Zia ul Haq), della Cina. Una semplice mossa dell’intelletto, senza la spesa di un centesimo, senza sacrificio di vite umane, senza nemmeno le fanfare per dirlo. E dopo nemmeno vent’anni, a Tien An Men, l’America rinsalda la leadership mondiale annettendosi la Cina. Il Congresso di Vienna gli ha insegnato che ci vuole un padrone nel mondo. Ma che il potere si regge nell’equilibrio, nel mutuo interesse.
Occidente - È superiore perché ha sempre mantenuto spie: mercanti, missionari, agenti provocatori. Persone in grado di dominare le altrui culture come la propria. Gli indiani invece, e gli orientali in genere, compresi gli arabi e gli stessi cinesi, quando incontrano l’Occidente sono capaci solo di restare a bocca aperta. Da sempre vittime del complesso occidentale di superiorità. Qualcuno la rifiuta per un apriori nazionalista, gli altri si fanno servili, tutti riconoscono la superiorità dell’Occidente. Ma, poi, non c’è al mondo somma di libertà, sulla carta e reali, che eguagli quella dell’Occidente, le idee comprese e le religioni.
Russia - Conta la geopolitica e il fatto che la Russia esiste, non si è liquefatta. La cosa è nota alla diplomazia italiana, e sicuramente agli atti di quella del Cremlino, che non si può fare a meno della Russia volendo operare nell’immenso serbatoio di risorse che è il Centro Asia. Dove molte repubbliche di tipo “sovietico” sono sorte dall’Urss, che talvolta fanno dell’antirussismo l’unica ragione d'essere dei loro monocrati. Ma non c'è altra possibilità, volendo operare in quelle immense aree, in una ottica di sviluppo, che portare i capataz locali alla ragione, e cioè alla collaborazione con la Russia. Senza la quale non hanno sbocchi.
Queste cose l'Italia le sa anche per essersi ingolfata con l’Onu, e cioè con gli Usa, nella guerra in Afghanistan, che non si può vincere, e anzi si sta perdendo, senza la sponda sovietica – l’unica sponda contro il terrorismo islamico, qaedista e talebano, è il Pakistan, ed è infido. Ma si è trovata sola a perorare la fine dell’isolamento russo, contro l’ipocrisia dei potenti europei, la Francia, anche quella di Sarkozy, e la Gran Bretagna, che ancora gioca col Cremlino come nella guerra fredda, alla Le Carré – per il solo diletto, peraltro, dei media italiani, a Londra si sono già stancati. Mentre Angela Merkel, come tutti i politici che vengono dal freddo, non sa che voltare istintivamente il capo dall’altro lato.
Ora i grandi gruppi del gas, la Siemens e il Deutsche Bahn fanno campagna perché la Germania tenga conto dell’orso russo. Ma gli Stati Uniti potrebbero arrivare prima a Mosca: senza Bush-Cheney, e la loro strana politica di ostracizzare Mosca perché non è abbastanza democratica, e anzi di assediarla con la Nato, l’ostracismo è probabilmente già finito. L’America, che ha inventato i diritti umani per tenere a bada Mosca, sa come gestirli.
astolfo@antiit.eu
Antifascismo - È stato la forza del fascismo, e non solo per il principio dialettico. Debole, litigioso. Che restringe con la faziosità l’opposizione invece di farla lievitare. Una opposizione divisa, faziosa, può isterilire l’opposizione più vasta degli animi. L’unico suo esito è “Cristo s’è fermato a Eboli”. Ma è stato pubblicato nel 1945.
Islam e Usa – Il conto non è ancora saldato tra l’islam e gli Stati Uniti, c’è qualcosa di oscuro nell’emergere dell’islam a questione mondiale principale. È così che dei quattro handicap con cui la presidenza Obama parte, ben tre, crisi economica a parte, si trovano in campo islamico: l’Afghanistan, che Obama non può perdere, la bomba iraniana, che non può consentire, e una qualche pace in Palestina. Un quarto handicap in campo islamico forse l’ha risolto, in Iraq, ma allora grazie alla determinazione del deprecato Bush.
Oltre che inevitabili, i tre handicap sono allo stato insuperabili. Anche perché gli Usa continuano a non avere una dottrina e una strategia in campo islamico: in questi trent’anni di khomeinismo, hanno continuato a barcamenarsi tra la vecchia dottrina della diga antisovversiva, creata negli anni 1970 con Zia ul Haq in Pakistan, da cui discende l’estremismo talebano e qaedista, e l’appoggio al moderato confessionalismo dell’Arabia Saudita, con cui governano il Libano e, in questa fase, l’Iraq. Non c’è una reale apertura verso l’Iran, che l’Arabia Saudita non consente, e on c’è un’adeguata pressione contro l’Iran e sul Pakistan. La storia dell’armamento nucleare iraniano è perfino singolare, avvenuta in regime di embargo economico, e ignota solo allo spionaggio americano.
Kissinger – Dal Congresso di Vienna ha cavato la globalizzazione. Una persona impacciata, anche nell’espressione, ma con vista acuta e il sangue freddo. Dalla guerra sconfinata perduta in Vietnam e l’implosione dell’America, fu a rischio lo stesso solidissimo impianto costituzionale e istituzionale degli Usa, con l’Europa alle calcagna, dell’Est e dell’Ovest, e il Giappone, e l’America Latina, senza dollaro, fa una cosa semplice: lancia l’amo all’Asia, degli arabi, dell’Islam (di Zia ul Haq), della Cina. Una semplice mossa dell’intelletto, senza la spesa di un centesimo, senza sacrificio di vite umane, senza nemmeno le fanfare per dirlo. E dopo nemmeno vent’anni, a Tien An Men, l’America rinsalda la leadership mondiale annettendosi la Cina. Il Congresso di Vienna gli ha insegnato che ci vuole un padrone nel mondo. Ma che il potere si regge nell’equilibrio, nel mutuo interesse.
Occidente - È superiore perché ha sempre mantenuto spie: mercanti, missionari, agenti provocatori. Persone in grado di dominare le altrui culture come la propria. Gli indiani invece, e gli orientali in genere, compresi gli arabi e gli stessi cinesi, quando incontrano l’Occidente sono capaci solo di restare a bocca aperta. Da sempre vittime del complesso occidentale di superiorità. Qualcuno la rifiuta per un apriori nazionalista, gli altri si fanno servili, tutti riconoscono la superiorità dell’Occidente. Ma, poi, non c’è al mondo somma di libertà, sulla carta e reali, che eguagli quella dell’Occidente, le idee comprese e le religioni.
Russia - Conta la geopolitica e il fatto che la Russia esiste, non si è liquefatta. La cosa è nota alla diplomazia italiana, e sicuramente agli atti di quella del Cremlino, che non si può fare a meno della Russia volendo operare nell’immenso serbatoio di risorse che è il Centro Asia. Dove molte repubbliche di tipo “sovietico” sono sorte dall’Urss, che talvolta fanno dell’antirussismo l’unica ragione d'essere dei loro monocrati. Ma non c'è altra possibilità, volendo operare in quelle immense aree, in una ottica di sviluppo, che portare i capataz locali alla ragione, e cioè alla collaborazione con la Russia. Senza la quale non hanno sbocchi.
Queste cose l'Italia le sa anche per essersi ingolfata con l’Onu, e cioè con gli Usa, nella guerra in Afghanistan, che non si può vincere, e anzi si sta perdendo, senza la sponda sovietica – l’unica sponda contro il terrorismo islamico, qaedista e talebano, è il Pakistan, ed è infido. Ma si è trovata sola a perorare la fine dell’isolamento russo, contro l’ipocrisia dei potenti europei, la Francia, anche quella di Sarkozy, e la Gran Bretagna, che ancora gioca col Cremlino come nella guerra fredda, alla Le Carré – per il solo diletto, peraltro, dei media italiani, a Londra si sono già stancati. Mentre Angela Merkel, come tutti i politici che vengono dal freddo, non sa che voltare istintivamente il capo dall’altro lato.
Ora i grandi gruppi del gas, la Siemens e il Deutsche Bahn fanno campagna perché la Germania tenga conto dell’orso russo. Ma gli Stati Uniti potrebbero arrivare prima a Mosca: senza Bush-Cheney, e la loro strana politica di ostracizzare Mosca perché non è abbastanza democratica, e anzi di assediarla con la Nato, l’ostracismo è probabilmente già finito. L’America, che ha inventato i diritti umani per tenere a bada Mosca, sa come gestirli.
astolfo@antiit.eu
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