Non c'è spazio per una guerra civile in Iran. Ma non c'è nemmeno la possibilità per il regime di marciare disunito. Khamenei ha impegnato il regime a difesa del voto, ma non è riuscito ad avere ragione della protesta. Questo ha aperto una falla che lo travolgerà. A opera degli ayatollah, per evitare che lo faccia la piazza, travolgendo a quel punto l'intero regime islamico - degli ayatollah cosiddetti conservatori. Le elezioni presidenziali hanno divaricato e rotto la tenue dalettica interna con cui il regime è riuscito a prosperare fìno ad ora, una sorta di Democrazia Cristiana di governo e d'opposizione, solo un po' più confessionale, con i religiosi allo scoperto e anzi in primo piano. Gli stessi religiosi che ora in sempre maggior numero rimproverano a Khamenei la rottuta dell'unità che ne faceva la forza. Il khomeinismo ha solo la forza dell'unità, una pratica consolidata ormai da trent'anni, e di ardua modifica per il regime, almeno a giudizio degli ayatollah. La forzatura di Khamenei sulla rielezione di Ahmadinejad, mal condotta, dovrebbe ora riassorbirsi con un cambiamento di vertice, forse dello stesso capo religioso del Paese. Fra gli ayatollah l'opinione prevalente è questa, anche se più fra i grandi ayatollah di Qom più che fra i politicanti di Teheran.
Non è in contestazione la scelta di riconfermare Ahmadinejad, che molti riconoscono quasi dovuta per Khamenei, come il governo giusto per confrontarsi con la dura contestazione internazionale, quale che ne sia l'esito. Sotto critica è la scelta di campo di Khamenei a fronte della contestazione politica della conduzione delle elezioni, che avrebbe indebolito il regime. In predicato non è la candidatura Mussavì, quanto la capacità del vertice religioso di garantire l'unità del paese.
Tra un frazionamento dell'unità, senza precedenti nel khomeinismo, e l'ipotesi di un indebolimento irreversibile del regime, la prospettiva ha gettato gli ayatollah nell'angoscia. Non era mai successo prima. E l'unica via d'uscita sembra un rimescolamento al vertice religioso, fra i Guardiani della Rivoluzione: in pratica la sostituzione di Ali Khamenei.
Del rivolgimenento che si prospetta Ahmadinejad sarebbe la vittima minore. In sé ininfluente, non fosse che la sua sostituzione si inquadra nell'esigenza, da molti influenti religiosi sentita anche prima delle elezioni, di portare l'Iran fuori dall'isolamento internazionale. Che l'elezione di Obama e il suo messaggio all'islam hanno consolidato.
venerdì 17 luglio 2009
Il giavazzismo che domò Gelmini
Da quasi un anno ormai l'università è ferma perché il ministro Gelmini, vergine di ferro, ha smesso la corazza e si è inginocchiata di fronte alle ingiunzioni del professor Giavazzi. Il professore le intimava di bloccare ogni concorso, per ordinario, associato, ricercatore, e di moralizzare la vita pubblica. Questo di moralizzare gli altri è una fissa del professore, che finora la applicava alla sinistra, mai abbastanza buona per lui, cioè libera e mercantile (anche la crisi, si è avventurato a dire, è dovuta alla mancata liberalizzazione). Insomma, un uomo più di ferro della Gelmini, ed è tutto dire,
Nel diktat del 28 ottobre 2008, che ha fermato la vita universitaria, Giavazzi imponeva alla Gelmini di restaurare le vetero supercommissioni nazionali di valutazione. La cosa sembrò irrituale ai fan del professore, dato che commissioni di dodici membri sono poco liberali. Senza contare che lavorano male, la sola convocazione richiede anni, e per alcuni corsi di studio è impossibile formarle, non ci sono dodici ordinari. Ma si sa come vanno queste cose, basta fermare il tutto, i baroni non chiedono di meglio, la vita resta rtranquilla, e il costo degli ingressi si accresce in misura esponenziale.
Ora il professore spiega alla sua diligente allieva cosa è necesario fare, e questo fuga i dubbi: bisogna liberalizzare le tasse universitarie. Già nel primo diktat, per la verità, il professor Giavazzi, che è vero, non l'ha inventato Fantozzi (a meno che il "Corriere della sera" non ci faccia un costante pesce d'aprile), non oblitarava l'argomento. Facendo leva su un testo Einaudi, casa editrice dell'odiato Berlsuconi, Roberto Perotti, «L'università truccata», "un libro che chiunque si occupa dell'università dovrebbe leggere", spiegava che "tasse uguali per tutti sono un modo per trasferire reddito dai poveri ai ricchi". Non avete letto male. Non è neanche sbagliato. Ma poi Giavazzi citava i dati dell'indagine sulle famiglie della Banca d'Italia, secondo cui il 24% degli studenti universitari proviene dal 20% più ricco delle famiglie, e solo l'8% proviene dal 20% più povero. Nel Sud la disparità è ancora più ampia: 28% contro 4%. Ellora?
E allora, intima il professore oggi, bisogna solo liberalizzare le tasse. Non nel senso che ognuno paga in base a quello che ha (il parametro reddituale), ma nel senso che ogni università mette le sue tasse, le più qualificate le più alte, e così via. E non è questo sistema piuttosto fascista? No, afferma il professore, perché i non abbienti avranno le borse di studio. Quanti non abbienti, l'1%, il 10%, del totale? No, assicura Giavazzi senza pudore, "in una delle migliori (università americane), il Massachusetts Institute of Technology, la frequenza costa 50.100 dollari l'anno (40.000 euro), ma il 64% degli studenti che frequentano il primo livello di laurea riceve una borsa di studio". Non è un bel progetto?
L'università italiana come il Massachusetts Institute of Technology, non c'è obiezione possibile, mai mettere limiti al meglio. Senza contare che il Mit è anche una banca, e per il giavazzismo questo non guasta, essendo la maggior parte delle borse pagate dai (poveri) governi (del Terzo mondo) di provenienza.
Nel diktat del 28 ottobre 2008, che ha fermato la vita universitaria, Giavazzi imponeva alla Gelmini di restaurare le vetero supercommissioni nazionali di valutazione. La cosa sembrò irrituale ai fan del professore, dato che commissioni di dodici membri sono poco liberali. Senza contare che lavorano male, la sola convocazione richiede anni, e per alcuni corsi di studio è impossibile formarle, non ci sono dodici ordinari. Ma si sa come vanno queste cose, basta fermare il tutto, i baroni non chiedono di meglio, la vita resta rtranquilla, e il costo degli ingressi si accresce in misura esponenziale.
Ora il professore spiega alla sua diligente allieva cosa è necesario fare, e questo fuga i dubbi: bisogna liberalizzare le tasse universitarie. Già nel primo diktat, per la verità, il professor Giavazzi, che è vero, non l'ha inventato Fantozzi (a meno che il "Corriere della sera" non ci faccia un costante pesce d'aprile), non oblitarava l'argomento. Facendo leva su un testo Einaudi, casa editrice dell'odiato Berlsuconi, Roberto Perotti, «L'università truccata», "un libro che chiunque si occupa dell'università dovrebbe leggere", spiegava che "tasse uguali per tutti sono un modo per trasferire reddito dai poveri ai ricchi". Non avete letto male. Non è neanche sbagliato. Ma poi Giavazzi citava i dati dell'indagine sulle famiglie della Banca d'Italia, secondo cui il 24% degli studenti universitari proviene dal 20% più ricco delle famiglie, e solo l'8% proviene dal 20% più povero. Nel Sud la disparità è ancora più ampia: 28% contro 4%. Ellora?
E allora, intima il professore oggi, bisogna solo liberalizzare le tasse. Non nel senso che ognuno paga in base a quello che ha (il parametro reddituale), ma nel senso che ogni università mette le sue tasse, le più qualificate le più alte, e così via. E non è questo sistema piuttosto fascista? No, afferma il professore, perché i non abbienti avranno le borse di studio. Quanti non abbienti, l'1%, il 10%, del totale? No, assicura Giavazzi senza pudore, "in una delle migliori (università americane), il Massachusetts Institute of Technology, la frequenza costa 50.100 dollari l'anno (40.000 euro), ma il 64% degli studenti che frequentano il primo livello di laurea riceve una borsa di studio". Non è un bel progetto?
L'università italiana come il Massachusetts Institute of Technology, non c'è obiezione possibile, mai mettere limiti al meglio. Senza contare che il Mit è anche una banca, e per il giavazzismo questo non guasta, essendo la maggior parte delle borse pagate dai (poveri) governi (del Terzo mondo) di provenienza.
Moralismo a Milano
Dopo a verlo alimentato, e pur continuando ad alimentarlo, Milano riscopre il pregiudizio. L'antipatia, se non la violenza, del pregiudizio. Quando si esercita contro di noi. Quello per cui un inglese di mezza tacca è sempre migliore di un duca o condottiero italiano, ora anche uno spagnolo di mezza tacca - e qualsiasi milanese è migliore di Benedetto Croce. Se ne sdegna Stella sul "Corriere della sera" ed è tutto dire: non c'è più pregiudicato di lui.
Massarenti, sul "Sole 24 Ore" trova "irritante" che Michael Jackson si sia appropriato di una canzone di Al Bano, negandogli ogni riconoscimento, come da padrone a schiavo - proprio lui, si può aggiujngere, un nero appena sbiancato. Dappertutto, in rivalsa, rinunciando al Rinascimento, che è ormai di difficile concezione anche per chi ha fatto l'università, si riafferma che la pizza è italiana.
Encomiabile. Tutto, anche la scoperta del pregiudizio, pur di non darla vinta a Berlusconi (e a quell'altro stronzo, Bossi, che però ci piace...). Il quale, bisogna però dire, ha ospitato il G 8 all'Aquila senza la pizza (nell'occasione ha riposto anche il mandolino). E, poi, la pizza non è napoletana? Bisogna anche intendersi su cosa è italiano...
Il provincialismo è grande a Milano. Con tutti quei "giornali stranieri" che ogni giorno sostituiscono i quaresimalisti, e sono anzi ancora più terrificvanti. Milano che è, bisogna ricordarlo?, la capitale vera dell'Italia, morale e no.
Massarenti, sul "Sole 24 Ore" trova "irritante" che Michael Jackson si sia appropriato di una canzone di Al Bano, negandogli ogni riconoscimento, come da padrone a schiavo - proprio lui, si può aggiujngere, un nero appena sbiancato. Dappertutto, in rivalsa, rinunciando al Rinascimento, che è ormai di difficile concezione anche per chi ha fatto l'università, si riafferma che la pizza è italiana.
Encomiabile. Tutto, anche la scoperta del pregiudizio, pur di non darla vinta a Berlusconi (e a quell'altro stronzo, Bossi, che però ci piace...). Il quale, bisogna però dire, ha ospitato il G 8 all'Aquila senza la pizza (nell'occasione ha riposto anche il mandolino). E, poi, la pizza non è napoletana? Bisogna anche intendersi su cosa è italiano...
Il provincialismo è grande a Milano. Con tutti quei "giornali stranieri" che ogni giorno sostituiscono i quaresimalisti, e sono anzi ancora più terrificvanti. Milano che è, bisogna ricordarlo?, la capitale vera dell'Italia, morale e no.
giovedì 16 luglio 2009
A Sud del Sud - il Sud di nessun Nord (39)
Giuseppe Leuzzi
Ogni sera alle 19, in Versilia o nella costa romagnola, in ogni stabilimento balneare due persone in squadra filtrano la sabbia in superficie, raccogliendo cicche, cartacce e plastiche, la rasano, ribaltano e scuotono sdraio e lettini, li ripongono in ordine squadrato attorno a ogni ombrellone, e chiudono gli ombrelloni. Trovano a volte anche le chiavi della macchina che vi sono cadute dalla tasca. In un'ora e mezza di intensa applicazione del duo, ogni bagno si ripresenta lindo per il giorno dopo. I faticatori sono locali, gente in età che ne fa una seconda attività e ragazzi acchittati con gel, tatuaggi e ipod, che magari avviano così l'attività di bagnino, remunerativa seppure stagionale. Nei 709 bagni toscani, dunque, da Capalbio alla Partaccia, e nei 1.039 romagnoli, da Cattolica al Lido di Volano, 335 e 165 chilometri, 500 in tutto, in meno di due ore si fanno un'apprezzata giornata di lavoro almeno 3.500 persone, italiani, locali.
Ogni sera alle 19, in Versilia o nella costa romagnola, in ogni stabilimento balneare due persone in squadra filtrano la sabbia in superficie, raccogliendo cicche, cartacce e plastiche, la rasano, ribaltano e scuotono sdraio e lettini, li ripongono in ordine squadrato attorno a ogni ombrellone, e chiudono gli ombrelloni. Trovano a volte anche le chiavi della macchina che vi sono cadute dalla tasca. In un'ora e mezza di intensa applicazione del duo, ogni bagno si ripresenta lindo per il giorno dopo. I faticatori sono locali, gente in età che ne fa una seconda attività e ragazzi acchittati con gel, tatuaggi e ipod, che magari avviano così l'attività di bagnino, remunerativa seppure stagionale. Nei 709 bagni toscani, dunque, da Capalbio alla Partaccia, e nei 1.039 romagnoli, da Cattolica al Lido di Volano, 335 e 165 chilometri, 500 in tutto, in meno di due ore si fanno un'apprezzata giornata di lavoro almeno 3.500 persone, italiani, locali.
In Calabria, circa 700 chilometri balneabili, non ci sono 1.700 bagni, non ci sono nemmeno 170, e questo si spiega: non c'è nessuno che faccia la pulizia e il riordino la sera. Anche durante il giorno, se non c'è un inserviente ucraino o rumeno, si può aspettare l'assegnazione dell'ombrellone a tempo indeterminato sotto il solleone, il giovane bagnino ha sempre altro da fare, e poi è un dirigente, se non è un padrone, per lui spostare o aprire un lettino non è mansione onorevole.
Il problema è questo, nell'industria del mare in Calabria come nell'entroterra: che non manca il lavoro, manca la voglia di lavorare.
Le facce della bottega di Olivero Toscani che si espongono in giro per l'Italia sembrano quelle "antropologiche" del vecchio atlante De Agostini; il caucasico, il negroide, eccetera. Sono facce lombrosiane, è inutile negarlo, che indicano cioè un carattere e anche una cultura e una razza. Ma nel confronto non sfiguriamo, non siamo al Sud razza peggiore, e anche viene da dire molto migliore. Somaticamente.
E non è tutto: è anche Lombroso contro Lombroso - com'era di suo il professore Lombroso, caucasico (il tipo è molto peloso)?
Sicilia
E' un paio di brache aperte, dice il Sarto all'ingrosso di Laurence Sterne nel "Romanzo politico", p.35 circa: "Nulla in tutto il globo terracqueo che assomiglia a un paio di brache aperte quanto l'isola di Sicilia".
C'è un cavaliere Landolina, come quello della Venere, in un racconto di Potocki.
"Lucus a non lucendo", il mondo di Heidegger, è la citazione con cui il marchese di San Giuliano, ministro del governo ammazza-operai del gen. Pelloux nel 1898, aveva aperto cinque anni prima il suo classico "Le condizioni presenti della Sicilia".
Negli anni1789 e successivi, quando in Europa si faceva la rivoluzione Palermo falsificava le carte della storia, tramite l'abate Vella, povero frate maltese.
La storia, certo, è anche un falso. Come la geografia. Per esempio, è Palermo la Sicilia? Sì, e no.
Al centro dell'isola i pistacchi, albero rigoglioso di liane feconde sulla roccia del sogno alchemico. Si può dire la Sicilia terra alchemica, nera di vulcani, bianca di sali, gialla di limoni, verde di rugiada, rossa di buon vino, che trasmuta in sangue. Fu qui che gli arabi inventarono l'alchimia.
L'Encyclopédie (1765) descrive Palermo come una Pompei, una città morta.
Scrive Georges Duby, lo storico del Medio Evo, di Federico II: "Difficilmente comprensibile per i religiosi del XIIImo secolo, del tutto privi di elasticità mentale: era siciliano".
(Non era tedesco?)
Sciascia e i siciliani in genere sono orgogliosi dell'etimo mafia, sebbene incerto, come se fosse questione nazionale. Ma una via Maffia è nel "Diario del Settimanni", manoscritto, all'Archivio di Stato fiorentino, citato in "Cortigiane del secolo XVI", Forni Editore, p. 171, a propopsito della vedova del principe Francesco Maria de' Medici, che se la faceva con uno stalliere, ne ebbe un figlio, e lo diede a balia a una donna che abitava "nel fondaccio di Santo Spirito, quasi al dirimpetto della via Maffia e della casa del marchese Rinuccini". La vedova era Eleonora Gonzaga di Guastalla.
Per cinquant'anni uno dei capisaldi della storia della Sicilia e dell'Italia è stato che gli Usa avevano liberato l'isola con la mafia e avevano alimentato il separatismo e il banditismo, di Giuliano compreso. Una storia volutamente falsa, poiché le carte, che ora si pubblicano in America, erano note per altri canali ai pubblicisti del Pci, specie ai siciliani.
La storia del Sud è anche questo, un'aggressione nel nome della verità, falsa. Come, più di recente, con i "falsi" processi di Palermo. Si capisce che nell'isola, che pure ne avrebbe più bisogno di ogni altra regione, la sinistra sia scomparsa, volatilizzata. Passata la ricostruzione (essenzialmente la sindacalizzazione), la sinistra ha solo schiacciato la Sicilia: il tutto è mafia non lascia scampo.
Calabria
Primo Levi, che ha un paio di calabresi memorabili nel racconto della lunga, lenta, liberazione da Auschwitz, "La tregua", In "La chiave a stella" aggiunge una notazione: "E poi lo sanno tutti che fra i russi e i calabresi non c'è tanta differenza..., bravi, puliti, rispettosi e di buon umore".
Ma ricorda pure che si diceva: "Battere la calabria", per "battere la fiacca".
"Aceto forte galavrese" sparge Cenne de la Chitarra parodiando i sonetti di Folgòre da San Gimignano.
Savinio, "Partita rimandata. Diario calabrese", scrittore non prevenuto e anzi benevolente, inizia il viaggio, alla stazione Termini a Roma, con questo quadro: "Spettacolo solito delle popolazioni meridionali. Spettacolo desolante,. Poverismo. Tristezza. Umiliazione della fatica, sopratttutto nelle donne - nelle povere donne. E l'infanzia brulicante e misera. Spettacolo che si ripete dovunque arrivino gruppi o lembi di queste popolazioni - sale d'aspetto dei nostri consolati, fumanti di miseria. Perché? Perché?"
Questo non è più vero, i giovani ora sono diversi. Alzando gli occhi dal libro, anzi, d’improvviso, al bagno Pierino alle Pietrenere di Palmi, nessuno ha più peli sul petto, nessuno degli uomini, dei maschi, quasi tutti giovani e molto giovani. Tutti hanno i draghi più fantasiosi tatuati ai posti più giusti. E sono tutti palestrati, eretti, proporzionati. Cioè, non è che d’improvviso i peli siano scomparsi, è che capita di notare questa mancanza. E non è che i calabresi di Palmi e della Piana siano glabri. D’improvviso si capisce che tutti fanno trattamenti estetici. Anche i mafiosi evidentemente, che tra queste foille non mancheranno, i lazzaroni, i latitanti, gli assassini: i calabresi passano il loro tempo nelle beauty farm, come ora si chiamano le estetiste. A Savinio nemmeno questo sarebbe piaciuto, perché l'estetica non è il problema.
Questi poveri d’Italia hanno soldi da spendere nelle beauty farm. Soldi di famiglia, perché la maggior parta non lavorano, non ancora, ci saranno padri che pagano per due e tre figli periodicamente nella beauty farm. Anche le sopracciglia molti hanno spaziate, depilate, corrette. Le donne pure. Ma il quesito resta: "Perché? Perché?". Perché una terra che è il paradiso, di bellezza e fertilità, è inospitale e sterile, per i molti invivibile.
E' invece sempre vero, dopo sessant'anni, che il Sud comincia alla stazione Termini. Impropriamente, poiché Roma non rientra nella ex Cassa del Mezzogiorno, ma da Termini partono i treni per il Sud. Senza nulla in comune, categoria per categoria, Intercity, Eurocity, Eurostar, con quelli che dalla stessa stazione vano a Nord: solo porcilaie al Sud, delle Ferrovie dello Stato, mica di un qualsiasi profittatore di regime.
Il problema è questo, nell'industria del mare in Calabria come nell'entroterra: che non manca il lavoro, manca la voglia di lavorare.
Le facce della bottega di Olivero Toscani che si espongono in giro per l'Italia sembrano quelle "antropologiche" del vecchio atlante De Agostini; il caucasico, il negroide, eccetera. Sono facce lombrosiane, è inutile negarlo, che indicano cioè un carattere e anche una cultura e una razza. Ma nel confronto non sfiguriamo, non siamo al Sud razza peggiore, e anche viene da dire molto migliore. Somaticamente.
E non è tutto: è anche Lombroso contro Lombroso - com'era di suo il professore Lombroso, caucasico (il tipo è molto peloso)?
Sicilia
E' un paio di brache aperte, dice il Sarto all'ingrosso di Laurence Sterne nel "Romanzo politico", p.35 circa: "Nulla in tutto il globo terracqueo che assomiglia a un paio di brache aperte quanto l'isola di Sicilia".
C'è un cavaliere Landolina, come quello della Venere, in un racconto di Potocki.
"Lucus a non lucendo", il mondo di Heidegger, è la citazione con cui il marchese di San Giuliano, ministro del governo ammazza-operai del gen. Pelloux nel 1898, aveva aperto cinque anni prima il suo classico "Le condizioni presenti della Sicilia".
Negli anni1789 e successivi, quando in Europa si faceva la rivoluzione Palermo falsificava le carte della storia, tramite l'abate Vella, povero frate maltese.
La storia, certo, è anche un falso. Come la geografia. Per esempio, è Palermo la Sicilia? Sì, e no.
Al centro dell'isola i pistacchi, albero rigoglioso di liane feconde sulla roccia del sogno alchemico. Si può dire la Sicilia terra alchemica, nera di vulcani, bianca di sali, gialla di limoni, verde di rugiada, rossa di buon vino, che trasmuta in sangue. Fu qui che gli arabi inventarono l'alchimia.
L'Encyclopédie (1765) descrive Palermo come una Pompei, una città morta.
Scrive Georges Duby, lo storico del Medio Evo, di Federico II: "Difficilmente comprensibile per i religiosi del XIIImo secolo, del tutto privi di elasticità mentale: era siciliano".
(Non era tedesco?)
Sciascia e i siciliani in genere sono orgogliosi dell'etimo mafia, sebbene incerto, come se fosse questione nazionale. Ma una via Maffia è nel "Diario del Settimanni", manoscritto, all'Archivio di Stato fiorentino, citato in "Cortigiane del secolo XVI", Forni Editore, p. 171, a propopsito della vedova del principe Francesco Maria de' Medici, che se la faceva con uno stalliere, ne ebbe un figlio, e lo diede a balia a una donna che abitava "nel fondaccio di Santo Spirito, quasi al dirimpetto della via Maffia e della casa del marchese Rinuccini". La vedova era Eleonora Gonzaga di Guastalla.
Per cinquant'anni uno dei capisaldi della storia della Sicilia e dell'Italia è stato che gli Usa avevano liberato l'isola con la mafia e avevano alimentato il separatismo e il banditismo, di Giuliano compreso. Una storia volutamente falsa, poiché le carte, che ora si pubblicano in America, erano note per altri canali ai pubblicisti del Pci, specie ai siciliani.
La storia del Sud è anche questo, un'aggressione nel nome della verità, falsa. Come, più di recente, con i "falsi" processi di Palermo. Si capisce che nell'isola, che pure ne avrebbe più bisogno di ogni altra regione, la sinistra sia scomparsa, volatilizzata. Passata la ricostruzione (essenzialmente la sindacalizzazione), la sinistra ha solo schiacciato la Sicilia: il tutto è mafia non lascia scampo.
Calabria
Primo Levi, che ha un paio di calabresi memorabili nel racconto della lunga, lenta, liberazione da Auschwitz, "La tregua", In "La chiave a stella" aggiunge una notazione: "E poi lo sanno tutti che fra i russi e i calabresi non c'è tanta differenza..., bravi, puliti, rispettosi e di buon umore".
Ma ricorda pure che si diceva: "Battere la calabria", per "battere la fiacca".
"Aceto forte galavrese" sparge Cenne de la Chitarra parodiando i sonetti di Folgòre da San Gimignano.
Savinio, "Partita rimandata. Diario calabrese", scrittore non prevenuto e anzi benevolente, inizia il viaggio, alla stazione Termini a Roma, con questo quadro: "Spettacolo solito delle popolazioni meridionali. Spettacolo desolante,. Poverismo. Tristezza. Umiliazione della fatica, sopratttutto nelle donne - nelle povere donne. E l'infanzia brulicante e misera. Spettacolo che si ripete dovunque arrivino gruppi o lembi di queste popolazioni - sale d'aspetto dei nostri consolati, fumanti di miseria. Perché? Perché?"
Questo non è più vero, i giovani ora sono diversi. Alzando gli occhi dal libro, anzi, d’improvviso, al bagno Pierino alle Pietrenere di Palmi, nessuno ha più peli sul petto, nessuno degli uomini, dei maschi, quasi tutti giovani e molto giovani. Tutti hanno i draghi più fantasiosi tatuati ai posti più giusti. E sono tutti palestrati, eretti, proporzionati. Cioè, non è che d’improvviso i peli siano scomparsi, è che capita di notare questa mancanza. E non è che i calabresi di Palmi e della Piana siano glabri. D’improvviso si capisce che tutti fanno trattamenti estetici. Anche i mafiosi evidentemente, che tra queste foille non mancheranno, i lazzaroni, i latitanti, gli assassini: i calabresi passano il loro tempo nelle beauty farm, come ora si chiamano le estetiste. A Savinio nemmeno questo sarebbe piaciuto, perché l'estetica non è il problema.
Questi poveri d’Italia hanno soldi da spendere nelle beauty farm. Soldi di famiglia, perché la maggior parta non lavorano, non ancora, ci saranno padri che pagano per due e tre figli periodicamente nella beauty farm. Anche le sopracciglia molti hanno spaziate, depilate, corrette. Le donne pure. Ma il quesito resta: "Perché? Perché?". Perché una terra che è il paradiso, di bellezza e fertilità, è inospitale e sterile, per i molti invivibile.
E' invece sempre vero, dopo sessant'anni, che il Sud comincia alla stazione Termini. Impropriamente, poiché Roma non rientra nella ex Cassa del Mezzogiorno, ma da Termini partono i treni per il Sud. Senza nulla in comune, categoria per categoria, Intercity, Eurocity, Eurostar, con quelli che dalla stessa stazione vano a Nord: solo porcilaie al Sud, delle Ferrovie dello Stato, mica di un qualsiasi profittatore di regime.
Omertà
Quando i mafiosi furono confinati in Liguria e in Lombardia, i loro affari fecero un balzo vertiginoso.
Anche in guerra, i soldati del Nord sono feriti al petto, quelli del Sud alla schiena.
Nel 1948, o nel 1949, Montanelli ridicolizzò la Calabria sul "Corriere della sera" con un decalogo del cesso inaccessibile, se non montando in piedi sulla tazza. In Grecia c'è un decalogo analogo, ma si sale sulla tazza "all'albanese".
Si può sempre ipotizzare che gli albanesi abbiano influenzato i calabresi, certo. Ma le tazze devono essere d'acciaio, per non frantumarsi?
leuzzi@antiit.eu
Ombre - 24
"Autovelox, Comuni beffati", apre il "Tirreno", il giornale della Toscana costiera. Il governo progetta di togliere ai Comuni la libera gestione di questa moderna tassa sul macinato, e il giornale conferma che i Comuni l'avevano adottata per rimpinguare le casse e non per prevenire incidenti, nscondendoli, camuffandoli, eccetera, soprattutto a danno dei forestieri di passaggio - il bandito di passo è vecchia tradizione sull'Appennino e anche in pianura. Da Altopascio agli Zoccolanti, il modello Toscana si basa su una fiscalità fertilissima, i semafori intelligenti e l'autovelox non sono gli unici responsabili.
Solo "L'Osservatore Romano" trova spazio per dire "spese folli" quelle spagnole, in deroga sul fisco, per i calciatori, in tempo di crisi. Il discrimine tra la notizia e la non-notizia è la massoneria? La Spagna in effetti non è più "figlia preduiletta" della chiesa, essendo tornata repubblicana.
Per cinquant'anni dunque ci hanno detto che gli Usa avevano alimentato il separatuismo siciliano e Giuliano, sapendo di mentire. Se le carte, che ora si pubblcano in America, erano note agli "storici" del Pci.
Che storia è questa, che non si fa, dell'abiezione comunista?
In ottantamila hanno salutato Cristiano Ronaldo allo stadio Bernabeu a Madrid. Diecimila in più di Kakà, o ventimila. No, anzi, in novantamila hanno accolto Ronaldo: un tripudio. Ma è una cosa buona? Per Kakà, intendiamo, che ci piace tanto - Ronaldo un po' meno, ha quello che si merita..
C'é un che di esagerato, in effetti, nell'antiberlusconismo che tiene banco in Europa. Sempre in giornali per qualche verso "repubblicani", di sinistra e di destra. Come se ci fosse una chiamata alle armi. Ma non c'è naturalmente nessun complotto, non ce n'è bisogno - il servilismo, diceva quello, è volontario.
C'è poco spazio sui giornali italiani per lo spionaggio di Murdoch a Londra, anche se lo ha denunciato il "Guardian", avanguardia dell'antiberlusconismo.Si sa che, a differenza di Berlusconi per gli inglesi, Murdoch non interessa agli italiani. Ma, si vede, neanche agli inglesi: Scotland Yard, cioè il governo, ritiene che non ci sia nulla da indagare sullo spionaggio di Murdoch - prima ancora di avere indagato, naturalmente, a Londra, honni soit qui mal y pense, come recita il motto dello Stato britannico.
Il caso è di spionaggio libero, retribuito, dei giornali di Murdoch a carico di mezza Londra. Un piccolo Sifar. Senza il colpo di stato, ma col ricatto giornaliero in canna. E non a opera di una puttana, con un giudice di provincia, ma del maggiore editore-avventuriero del mondo, detto lo Squalo. Eppure non interessa. Poi c'è chi pretende che la mafia non esiste.
Grande intesa all'Aquila contro le emissioni di andride carbonica. Tutto verde, tutto buono, tanti applausi, perfino per Berlusconi. Ma nessuno dice che passa per il rilancio del nucleare.
A Dresda unn russo razzista notorio e professo uccide a pugnalate una giovane donna egiziana in tribunale. Ha il tempo di colpirla diciassette volte, mentre la donna urla, si divincola, fugge. In una corte d'appello penale, quindi in qualche modo presidiata, dove il russo veniva giudicato per la seconda volta, dopo che in tribunale era stato condannato per molestie e atti di razzismo contro la stessa donna.
Un poliziotto in effetti c'era, che, acccorso alle urla della donna, ha sparato al marito, che fra tutti i partecipanti alla colluttazione gli è sembrato l'aggressore. Per nessun altro motivo che il colore: il marito egiziano era scuro, l'aggressore era bianco.
"Nessuna emozione per il fatto in Germania", registra Danilo Taino sul "orriere della sera" dieci giorni dal fatto.
La Regione Toscana vara una "Legge anti-Brunetta": Così la annuncia, e così la intende: i suoi dipendenti non perderanno quote di stipendio in dipendenza dalle lunghe malattie. Non un correttivo all'assenteismo, magari un incentivo alla produttività, a un paio di pratiche al giorno, no, solo una legge anti-Brunetta. La stessa Regione fa un aumentodi diecimila euro - l'anno si spera - ai suoi dirigenti.
Andrea Bracchi, sindacalista della Cgil, dice soddisfatto che la legge toscana per l'assenteismo "è il primo passo per eliminare il decreto del ministro per tutti". E che l'aumento ai dirigen ti è giusto: "Se vogliamo persone capaci bisogna pagarle".
Muore McNamara, che per conto dei Kennedy ha dovuto "fare" la guerra al Vietnam. Una mascalzonata e una catastrife che l'ha segnato per la vita, anche se ha vissuto a lungo. Ma non si parla dei Kennedy, McNamara è come se avesse vissuto nel vuoto.
Si parla invece di una storia d'amore tra Jacqueline Kennedy e suo cognato Robert, un tripudio di passione. Di una che se la faceva con tutti, dice da sempre e ne ha scritto suo cugino Gore Vidal. Perfino con Onassis.
"Prima vittima delle Sagre/Annullata la sagra della cozza" Non è il "Vernacoliere", il mensile un po' smargiasso di Livorno, è la locandina del serissimo "Tirreno", il quotidiano della costa toscana, da Carrara a Capalbio, che campeggia sui marciapiedi della Versilia. La prima pagina del giornale è in tono: "Questa settimana boom di zanzare a Lucca e Pistoia".
Solo "L'Osservatore Romano" trova spazio per dire "spese folli" quelle spagnole, in deroga sul fisco, per i calciatori, in tempo di crisi. Il discrimine tra la notizia e la non-notizia è la massoneria? La Spagna in effetti non è più "figlia preduiletta" della chiesa, essendo tornata repubblicana.
Per cinquant'anni dunque ci hanno detto che gli Usa avevano alimentato il separatuismo siciliano e Giuliano, sapendo di mentire. Se le carte, che ora si pubblcano in America, erano note agli "storici" del Pci.
Che storia è questa, che non si fa, dell'abiezione comunista?
In ottantamila hanno salutato Cristiano Ronaldo allo stadio Bernabeu a Madrid. Diecimila in più di Kakà, o ventimila. No, anzi, in novantamila hanno accolto Ronaldo: un tripudio. Ma è una cosa buona? Per Kakà, intendiamo, che ci piace tanto - Ronaldo un po' meno, ha quello che si merita..
C'é un che di esagerato, in effetti, nell'antiberlusconismo che tiene banco in Europa. Sempre in giornali per qualche verso "repubblicani", di sinistra e di destra. Come se ci fosse una chiamata alle armi. Ma non c'è naturalmente nessun complotto, non ce n'è bisogno - il servilismo, diceva quello, è volontario.
C'è poco spazio sui giornali italiani per lo spionaggio di Murdoch a Londra, anche se lo ha denunciato il "Guardian", avanguardia dell'antiberlusconismo.Si sa che, a differenza di Berlusconi per gli inglesi, Murdoch non interessa agli italiani. Ma, si vede, neanche agli inglesi: Scotland Yard, cioè il governo, ritiene che non ci sia nulla da indagare sullo spionaggio di Murdoch - prima ancora di avere indagato, naturalmente, a Londra, honni soit qui mal y pense, come recita il motto dello Stato britannico.
Il caso è di spionaggio libero, retribuito, dei giornali di Murdoch a carico di mezza Londra. Un piccolo Sifar. Senza il colpo di stato, ma col ricatto giornaliero in canna. E non a opera di una puttana, con un giudice di provincia, ma del maggiore editore-avventuriero del mondo, detto lo Squalo. Eppure non interessa. Poi c'è chi pretende che la mafia non esiste.
Grande intesa all'Aquila contro le emissioni di andride carbonica. Tutto verde, tutto buono, tanti applausi, perfino per Berlusconi. Ma nessuno dice che passa per il rilancio del nucleare.
A Dresda unn russo razzista notorio e professo uccide a pugnalate una giovane donna egiziana in tribunale. Ha il tempo di colpirla diciassette volte, mentre la donna urla, si divincola, fugge. In una corte d'appello penale, quindi in qualche modo presidiata, dove il russo veniva giudicato per la seconda volta, dopo che in tribunale era stato condannato per molestie e atti di razzismo contro la stessa donna.
Un poliziotto in effetti c'era, che, acccorso alle urla della donna, ha sparato al marito, che fra tutti i partecipanti alla colluttazione gli è sembrato l'aggressore. Per nessun altro motivo che il colore: il marito egiziano era scuro, l'aggressore era bianco.
"Nessuna emozione per il fatto in Germania", registra Danilo Taino sul "orriere della sera" dieci giorni dal fatto.
La Regione Toscana vara una "Legge anti-Brunetta": Così la annuncia, e così la intende: i suoi dipendenti non perderanno quote di stipendio in dipendenza dalle lunghe malattie. Non un correttivo all'assenteismo, magari un incentivo alla produttività, a un paio di pratiche al giorno, no, solo una legge anti-Brunetta. La stessa Regione fa un aumentodi diecimila euro - l'anno si spera - ai suoi dirigenti.
Andrea Bracchi, sindacalista della Cgil, dice soddisfatto che la legge toscana per l'assenteismo "è il primo passo per eliminare il decreto del ministro per tutti". E che l'aumento ai dirigen ti è giusto: "Se vogliamo persone capaci bisogna pagarle".
Muore McNamara, che per conto dei Kennedy ha dovuto "fare" la guerra al Vietnam. Una mascalzonata e una catastrife che l'ha segnato per la vita, anche se ha vissuto a lungo. Ma non si parla dei Kennedy, McNamara è come se avesse vissuto nel vuoto.
Si parla invece di una storia d'amore tra Jacqueline Kennedy e suo cognato Robert, un tripudio di passione. Di una che se la faceva con tutti, dice da sempre e ne ha scritto suo cugino Gore Vidal. Perfino con Onassis.
"Prima vittima delle Sagre/Annullata la sagra della cozza" Non è il "Vernacoliere", il mensile un po' smargiasso di Livorno, è la locandina del serissimo "Tirreno", il quotidiano della costa toscana, da Carrara a Capalbio, che campeggia sui marciapiedi della Versilia. La prima pagina del giornale è in tono: "Questa settimana boom di zanzare a Lucca e Pistoia".
martedì 14 luglio 2009
L'Eco del Muro
Duecento
delle 350 pagine sono su Berlusconi, perché (non) è quello che è. Perfino
noiose. Con i famosi “giornali stranieri”, pure Eco, che ne sa più di ogni
altro, e questa è ipocrisia. Nell'ultima delle raccolte periodiche delle sue
rubriche e degli articoli per i giornali, non manca il solito Eco, sorridente,
garbato, accurato. Ricco di idee brillanti. La Neo Guerra. La “Summa” e la
New Age, della chiesa incluso. Lo squallore del giornalismo. La scintillante
retorica della prevaricazione, che in poche pagine, per lo più occupate da
Tucidide, fa la tara di tutti i Berlusconi - compreso quello dello stesso Eco.
C'è la percezione che non c'è più Europa: senza politica
estera e di difesa è probabile la balcanizzazione, lo sbriciolamento cioè in
staterelli sudditi di questo o quel grande interesse. C'è la percezione della
islamizzazione crescente dell'Europa, che è demografica prima ancora che
politica o missionaria. Anche in tema di berlusconismo, Eco non sa tacere la
realtà: “Una delle tragedie sociali del nostro tempo è stata anzitutto la
trasformazione di quella valvola di sfogo, in gran parte benefica, che era il
pettegolezzo”. Che però non era disprezzo, come dice Eco, o superiorità
congenita, ma cattiveria, insolenza, e anche compassione certo.
In America vige ora l'uso per i candidati politici di
dichiarare le avventure extraconiugali. Si dice per la correttezza o lealtà che
impronta la politica Usa - una favola. Il motivo è che il ricatto è esteso. Il
che potrebbe voler dire, di nuovo, che è forte negli Usa il senso morale, il
rispetto della famiglia eccetera, ma non è vero, quasi sempre no. Quasi sempre
ci sono schiere di avvocati a percentuale che montano le donne extraconiugali,
segretarie, fidanzate, puttane, per i numerosi benefici legati alla “denuncia”:
memorie, interviste, passaggi in tv, servizi fotografici, e la moltiplicazione
delle tariffe per le professioniste. Sempre i più accesi moralisti sono stati
padroni dei bordelli, a New Orleans, a Chicago, erano un secolo fa i maggiori
finanziatori della politica, il moralismo fa aumentare i prezzi. Un discorso
che non meriterebbe nemmeno di essere ripreso, se non fosse che Eco sembra
avallarlo.
Dopo il compitino, Eco ha la zampata del critico: il
pettegolezzo, nobilitato in gossip,
è invasivo e ha soppiantato ogni altra forma di comunicazione. Ora “è la
vittima che spettegola di sé”, parlando delle proprie vicende in pubblico.
Una volta l'eroe era segreto, e lasciava intendere gesta spettacolari,
impossibili. Oggi fa la coda alle emittenti tv, per mostrare il culo, tutto
quello che gli lasciano mostrare, non si pone limiti. E questo, va aggiunto, è
il caso non solo delle veline, ma della stessa capitale morale d'Italia, che è,
se qualcuno lo ha dimenticano, Milano. Sparlate di me, è il motto, qualcosa resterà.
Poi, però, Eco non si esime dalla politica, e uno vorrebbe
non dover leggere. Passi per Berlusconi. Ma sguazza, tra “Repubblica” e “L'Espresso”, in quel mondo, elzevirista, irrealista, della bella
scrittura, che lui stesso ridicolizzava e i due giornali erano nati per
cancellare. E dice cose come: "Il vero elettorato di un partito che si
vuole riformista non è un fatto di masse popolari bensì di ceti
emergenti”, cioè quello che diceva, trent'anni prima, il
"cinghialone” Craxi. O: “Quella grande e benedetta pace del
primo mondo che si chiamava Guerra Fredda e che tutti rimpiangiamo”. Che
non è una battuta, è il nocciolo della questione. La rimpiangerà Eco, che
sebbene libero si vuole sempre impegnato.
Perfino Eco si era sovietizzato e non si è desovietizzato.
Lui come Bobbio, per dire, i migliori pensatori laici, o liberali, non irreggimentati.
Che però non si sono assuefatti alla caduta del Muro – Bobbio, per dire, la
cosa migliore che ha scritto dopo è “Destra e sinistra”. Che non è un
episodio in una guerra, ma un mondo diverso. In cui c'è l'Asia e non c'è più
l'Europa, per semplificare. E gli Stati Uniti sono quelli di Lucas, il regista,
dalla caduta del Muro sempre in una qualche guerra, anche due e tre insieme,
remoti gestori di un impero che non considerano e non conoscono - Obama ha
perfino la sagoma del perfetto androide, che parla come l'aquila dello stemma,
guardando da destra e da sinistra (in realtà legge i messaggi prefabbricati
dalla Forza Oscura....), figlio di un africano uscito dal bush e ivi scomparso, di una madre fattrice
bianca di cui altro non sa, educato nelle remote Hawaii da vecchi saggi, in
figura di nonni....
Riletto a distanza, c'è in questa raccolta visibile il vizio
del pensiero di sinistra in Italia dopo il Muro, che non morde: ha
interiorizzato il residuo più velenoso del Pci dopo Togliatti, il
berlinguerismo, di quelli che non sono nulla ma si dicono popolo eletto. Si
resta sbalorditi di fronte alla sicumera con cui uno studioso fra i più
accurati della comunicazione, sensibile, ironico, dissacratore, distribuisce
scemenze, e perfino falsità. Sul terrorismo, per esempio. Che colpisce
d'anticipo e d'improvviso. Sfrutta coè il fattore sorpresa della vecchia Arte
militare che si studiava ai corsi Auc, oggi forse desueta, oggi che le guerre
sono collettive, limitate, popolari, costituzionali (parlamentari). Vince
quindi sempre il primo colpo, e anche il secondo e il terzo. Se è efficace si
vede dopo i cinque e prima dei dieci anni, quanti ce ne vogliono agli apparati
istituzionali per organizzarsi e reagire, in Irlanda del nord, contro le
Brigate Rosse, in Afghanistan, contro Al Qaeda.
Più della caduta del Muro ha segnato l'epoca Tienanmen,
l'inizio della globalizzazione. Quando gli Usa decisero di non perseguire gli
antichi nemici cinesi sui diritti umani e anzi di giovarsene per una nuova
ondata di prosperità economica basata sui bassi costi. Un progetto non
contestabile e anzi buono, benché implichi l'abbandono di molte posizioni
acquisite, salariali e d'impiego della forza lavoro. Il ribaltamento delle
posizioni acquisite in America e in Europa è avvenuto all'insegna della libertà
e del progresso di miliardi di asiatici – e non è detto che l'abbattimento
delle barriere sindacali non sia stato un bene per tutti. L'America questo lo ha
subito capito, quasi di istinto – è il West a livello mondiale. L'Europa no.
L'Italia sì, ha capito che non ci sono più gli alti salari
di una volta, né la sicurezza del posto, e imbarca tutta la forza lavoro al
limite della sussistenza che le riesce, portando l'economia nera da un quinto a
un terzo del totale. Ma la sinistra italiana no, e gli intellettuali meno degli
altri: Eco, che è per molti aspetti il migliore di tutti noi, più aggiornato e
più libero, lo dimostra malinconicamente in queste pagine rilette. Facendo per
esempio l'elogio dei no global, che non rappresentano nessuno, come se fossero
la coscienza del mondo. Come se si compiacesse di fare lui il passo del
gambero.Un partito di guitti, chiamato democrazia
Ignazio Marino, medico politicante, uno che si vanta di aver stroncato il chirurgo Marcelletti, che aveva ridato la vita a miglia di bambini, vuole ora distruggere il partito Democratico? Mentre si candida a prenderne la guida, lo accusa infatti di "proteggere" lo stupratore di Roma. Beppe Grillo pure: lui è sempre stato nemico del Pd, di Prodi, D'Alema, Fassino, Rutelli, Veltroni, e ora vuole anche lui dirigerlo. Sembra una gag. Poi ci sono Serracchiani, Adinolfi, e altri personaggi, che nessun o sa chi siano, ma che autorevolemnte interloquiscono nel dibattito congressuale. Tutte prime donne, piccoli mattatori, peprsone dale verità assoloute, tutte comprese nel loro cervello, dhe per altri versi non si segnala.
Sembra poco serio, anche se è democratico, e lo è. Poi c'è Di Pietro, che Veltroni ha elevato a capo partito e ora si divide equamente contro Berlusconi e contro i Democratici, a partire dal presidente Napolitano. Questo free for all non è occasionale, e denuncia lo squagliamento della sinistra - senza altro collante che le barzellette berlusconiane.
Questa alluvione, evento nel quale come è noto tutti gl stronzi vengono a galla, è nella logica delle primarie: chiunque può candidarsi. Primarie che a loro volta mascherano e non risolvono il problema di una politica plebiscitaria, raccolta attorno a questo o quel personaggio, che dei partiti e della politica tenta di farsi scudo, ma senza necessariamente apportarvi idee e voti. E' tuttavia incredibile lo sradicamento della sinistra, che non ha altra faccia o proposta che non sia legata al piccolo protagonismo del primo venuto. Lo stesso regime plebiscitario sanziona una destra robusta, malgrado la debolezza del suo capo, e dunque il difetto non è - non tutto, non primariamente - nel regime politico. Il problema è che il partito Democratico è residuale, è una serie di resti, incollati malamente: i resti di Berlinguer, i resti dei laici, i resti dei vescovi. E anzi di una serie di fallimenti, che la protervia maschera ma non esorcizza, al Sud, al Nord, tra i pensionati e i lavoratori, in famiglia e fuori, con lo Stato, col mercato (quanti patrocini abominevoli!), con l'idea stessa di politica.
A questo punto non c'è soluzione: anche lo scioglimento del Pd nei due o tre tronconi originari, socialista e confessionale, con un terzo eventuale gruppone lasico-radicale, non risolve. Sono formazioni che non avranno peso politico se non in nun nuovo Ulivo, di cui però, a questo punto, mancano i presupposti. L'antiberusconismo ha sorretto Prodi, ma ora ci vorrà ben di più. La rifondazione della sinistra sarà lenta e difficoltosa, ripartendo non da zero, ma da una serie di conflitti, e senza personaggi nuovi, all'altezza - il divario tra Napolitano e questo Pd ne dà un'idea: il presidente sembra di un altro mondo.
Sembra poco serio, anche se è democratico, e lo è. Poi c'è Di Pietro, che Veltroni ha elevato a capo partito e ora si divide equamente contro Berlusconi e contro i Democratici, a partire dal presidente Napolitano. Questo free for all non è occasionale, e denuncia lo squagliamento della sinistra - senza altro collante che le barzellette berlusconiane.
Questa alluvione, evento nel quale come è noto tutti gl stronzi vengono a galla, è nella logica delle primarie: chiunque può candidarsi. Primarie che a loro volta mascherano e non risolvono il problema di una politica plebiscitaria, raccolta attorno a questo o quel personaggio, che dei partiti e della politica tenta di farsi scudo, ma senza necessariamente apportarvi idee e voti. E' tuttavia incredibile lo sradicamento della sinistra, che non ha altra faccia o proposta che non sia legata al piccolo protagonismo del primo venuto. Lo stesso regime plebiscitario sanziona una destra robusta, malgrado la debolezza del suo capo, e dunque il difetto non è - non tutto, non primariamente - nel regime politico. Il problema è che il partito Democratico è residuale, è una serie di resti, incollati malamente: i resti di Berlinguer, i resti dei laici, i resti dei vescovi. E anzi di una serie di fallimenti, che la protervia maschera ma non esorcizza, al Sud, al Nord, tra i pensionati e i lavoratori, in famiglia e fuori, con lo Stato, col mercato (quanti patrocini abominevoli!), con l'idea stessa di politica.
A questo punto non c'è soluzione: anche lo scioglimento del Pd nei due o tre tronconi originari, socialista e confessionale, con un terzo eventuale gruppone lasico-radicale, non risolve. Sono formazioni che non avranno peso politico se non in nun nuovo Ulivo, di cui però, a questo punto, mancano i presupposti. L'antiberusconismo ha sorretto Prodi, ma ora ci vorrà ben di più. La rifondazione della sinistra sarà lenta e difficoltosa, ripartendo non da zero, ma da una serie di conflitti, e senza personaggi nuovi, all'altezza - il divario tra Napolitano e questo Pd ne dà un'idea: il presidente sembra di un altro mondo.
Si scrive Tarantini, si legge Matarrese
C'è una sorta di nemesi, nella sfortuna barese di Berlusconi: della vecchia Dc che infine, dopo avergli teso la posta per quindici anni, è riuscita ad arpionarlo con un ariete cui non avrebbe mai pensato, una puttana non più giovane. A D'Alema non è sembrato vero di sfruttare l'insperata occasione (si scrive Scelsi ma si legge D'Alema). E ai vescovi italiani, vecchi mestatori, che il pontificato lassista del vecchio Ratzinger ha liberato dal morso severo di Giovanni Paolo II e di Ruini, e subito sono tornati alle usate pratiche, di sparigliare per meglio esercitare il potere di veto, sui rom, sui clandestini e ora sulla morale pubblica.
La D'Addario fa capo ai Tarantini. Ma i Tarantini, giovani rampanti, fanno capo politicamente all'ultima grande famiglia ex democristiana di Bari, i Matarrese. Vecchi Dc, che nella sfortuna, fuori dal calcio, impantanati negli affari con gli ecomostri di Punta Perotti, avevano cinque anni fa tentato il rilancio con D'Alema. Sostenendone il candidato sindaco, il giudice Emiliano, in cambio dell'impegno per la sanatoria dei famosi grattacieli residenziali che da Punta Perotti toglevano il mare a buon numero di baresi. D'Alema è stato di parola: l'architetto Piano sollecitamente redasse un progetto di sanatoria. Ma il suo nome non è bastato, e gli ecomostri sono stati demoliti.
Intanto Berlusconi aveva stravinto le elezioni politiche, con una maggioranza di legislatura, e i Matarrese si sono allineati, sperando in un rilancio. Che Antonio aveva già ottenuto alla Lega Calcio, col semplice patrocinio di Galliani (Berlusconi). Sembrava semplice, anche a Berlusconi, che se ne è fidato ciecamente, lui di solito circospetto, di loro e dei loro protetti Tarantini. Al punto che il nipote Matarrese delegato alla politica ha infilato le protette dei Tarantini, somma strafottenza, nella lista di famiglia a sostegno del candidato berlusconiano al Comune. Il resto è noto. Ma la scommessa è che, nel momento agognato da ogni Dc che si rispetti, di vedere l'usurpatore Berlusconi nella polvere, la dinastia dei fratelli Matarrese finisce con loro.
Chi paga Tarantini?
Non chiederemo a Berlusconi come fa ad andare a letto con una donna che ha a Bari una diecina di carichi pendenti. O ad averla in candidata in una delle sue innumerevoli liste, ora che il certificato di buona condota è richiesto anche per salire sul tram. Non si possono dare lezioni a un milanese, di furbizia poi. Resta però che il fatto che il fratello Tarantini intraprendente sperpera un paio di milioni, che non ha, tra Sardegna e Roma, solo per entrare a casa di Berlusconi. Chi gli ha dato tanti soldi? Il copione del complotto vorrebbe i servizi segreti, il giovanotto ha la soma e la lievità di spirito di altri personaggi usati in passato dalle spie, Pazienza, Carboni. Ma i servizi sono oggi Berlusconi. E dunque è Berlusconi che lo paga, magari per la droga, o per le ragazze? O sono i suoi nemici, organizzati in un servizio segreto parallelo, anche di questo c'è stata abbondanza in Italia. Potrebbe essere, i soldi non mancano, di Murdoch o di altri magnati nemici di Berlusconi. E Bari, non si sa, ma non è seconda a Palermo per “raggiramenti”, per infamia. Più di tutto però ama fare le cose in famiglia.
La D'Addario fa capo ai Tarantini. Ma i Tarantini, giovani rampanti, fanno capo politicamente all'ultima grande famiglia ex democristiana di Bari, i Matarrese. Vecchi Dc, che nella sfortuna, fuori dal calcio, impantanati negli affari con gli ecomostri di Punta Perotti, avevano cinque anni fa tentato il rilancio con D'Alema. Sostenendone il candidato sindaco, il giudice Emiliano, in cambio dell'impegno per la sanatoria dei famosi grattacieli residenziali che da Punta Perotti toglevano il mare a buon numero di baresi. D'Alema è stato di parola: l'architetto Piano sollecitamente redasse un progetto di sanatoria. Ma il suo nome non è bastato, e gli ecomostri sono stati demoliti.
Intanto Berlusconi aveva stravinto le elezioni politiche, con una maggioranza di legislatura, e i Matarrese si sono allineati, sperando in un rilancio. Che Antonio aveva già ottenuto alla Lega Calcio, col semplice patrocinio di Galliani (Berlusconi). Sembrava semplice, anche a Berlusconi, che se ne è fidato ciecamente, lui di solito circospetto, di loro e dei loro protetti Tarantini. Al punto che il nipote Matarrese delegato alla politica ha infilato le protette dei Tarantini, somma strafottenza, nella lista di famiglia a sostegno del candidato berlusconiano al Comune. Il resto è noto. Ma la scommessa è che, nel momento agognato da ogni Dc che si rispetti, di vedere l'usurpatore Berlusconi nella polvere, la dinastia dei fratelli Matarrese finisce con loro.
Chi paga Tarantini?
Non chiederemo a Berlusconi come fa ad andare a letto con una donna che ha a Bari una diecina di carichi pendenti. O ad averla in candidata in una delle sue innumerevoli liste, ora che il certificato di buona condota è richiesto anche per salire sul tram. Non si possono dare lezioni a un milanese, di furbizia poi. Resta però che il fatto che il fratello Tarantini intraprendente sperpera un paio di milioni, che non ha, tra Sardegna e Roma, solo per entrare a casa di Berlusconi. Chi gli ha dato tanti soldi? Il copione del complotto vorrebbe i servizi segreti, il giovanotto ha la soma e la lievità di spirito di altri personaggi usati in passato dalle spie, Pazienza, Carboni. Ma i servizi sono oggi Berlusconi. E dunque è Berlusconi che lo paga, magari per la droga, o per le ragazze? O sono i suoi nemici, organizzati in un servizio segreto parallelo, anche di questo c'è stata abbondanza in Italia. Potrebbe essere, i soldi non mancano, di Murdoch o di altri magnati nemici di Berlusconi. E Bari, non si sa, ma non è seconda a Palermo per “raggiramenti”, per infamia. Più di tutto però ama fare le cose in famiglia.
domenica 12 luglio 2009
Le foto promesse del "Sunday Times"
Non le ha pubblicate ieri, e aspettiamo con ansia il prossimo week-end: il "Sunday Times" non può deluderci. Aveva promesso, nelle more del vertice italiano del G 8, col furioso attacco britannico all'Italia, foto molto compromettenti di Berlusconi, e poi non ce le aveva. O ce le ha e non le pubblica. La delusione sarebbe massima. Sia perché si tratta di un giornale inglese, onesto quindi per definizione. Sia perché è un giornale di Murdoch, lo Squalo che ha deciso di azzannare Berlusconi, e per il quale tutta l'Italia bella-e-buona fa il tifo.
Può darsi naturalmente che il "Sunday Times" bluffasse. Il bluff è parte del gioco, e gli inglesi amano i giochi. Ma può anche darsi che la proprietà, come si suol dire, abbia consigliato prudenza: è sotto tiro a Londra per avere intercettato alcune migliaia di personaggi illustri, e troverà buono evitare per un periodo altri incidenti di percorso, benché protetta da Scotland Yard e i servizi britannici. La prudenza, per una volta, dello Squalo si giustifica anche per la trattativa che ha in Italia con la Rai e che è essenziale per il successo della sua rete tv a pagamento Sky: se Raisat esce dalla piattaforma Sky, Murdoch dovrà investire parecchi soldi, soldi veri, per compensare il buco (le reti Raisat sono le più viste). Ora, non è la Rai assoggettata a Berlusconi?
Resta il fatto che le foto non sono state pubblicate. Dopo che il vertice dell'Aquila ha avallato Berlusconi, su iniziativa del presidente americano Obama, e anzi ne ha voluto consolidare il governo. Che non vuol dire che c'è un complotto, o una organizzaizone dell'informazione. E tuttavia: che informazione è questa? Del "Sunday Times" non solo, ma di mezza Europa, che fa fuoco e fiamme alla vigilia di un vertice contro l'Italia, e il giorno dopo tace? Non insiste, ma non dice nemmeno "ci siamo sbagliati, scusateci"? Semplice, non è informazione. I grandi giornali europei sono piccoli giornali, che vivono al laccio di piccoli interessi, nazionalistici, affaristici, padronali. Specie quelli inglesi.
Può darsi naturalmente che il "Sunday Times" bluffasse. Il bluff è parte del gioco, e gli inglesi amano i giochi. Ma può anche darsi che la proprietà, come si suol dire, abbia consigliato prudenza: è sotto tiro a Londra per avere intercettato alcune migliaia di personaggi illustri, e troverà buono evitare per un periodo altri incidenti di percorso, benché protetta da Scotland Yard e i servizi britannici. La prudenza, per una volta, dello Squalo si giustifica anche per la trattativa che ha in Italia con la Rai e che è essenziale per il successo della sua rete tv a pagamento Sky: se Raisat esce dalla piattaforma Sky, Murdoch dovrà investire parecchi soldi, soldi veri, per compensare il buco (le reti Raisat sono le più viste). Ora, non è la Rai assoggettata a Berlusconi?
Resta il fatto che le foto non sono state pubblicate. Dopo che il vertice dell'Aquila ha avallato Berlusconi, su iniziativa del presidente americano Obama, e anzi ne ha voluto consolidare il governo. Che non vuol dire che c'è un complotto, o una organizzaizone dell'informazione. E tuttavia: che informazione è questa? Del "Sunday Times" non solo, ma di mezza Europa, che fa fuoco e fiamme alla vigilia di un vertice contro l'Italia, e il giorno dopo tace? Non insiste, ma non dice nemmeno "ci siamo sbagliati, scusateci"? Semplice, non è informazione. I grandi giornali europei sono piccoli giornali, che vivono al laccio di piccoli interessi, nazionalistici, affaristici, padronali. Specie quelli inglesi.
Contro Berlusconi - e contro la Rai?
Il consigliere Rizzo Nervo non vuole che la Rai lasci Murdoch (Sky). Non vuole nemmeno che la Rai si faccia aumentare i diritti da Murdoch. Rizzo Nervo è insomma per Sky, e vuole che si sappia. Ma è consigliere Rai. Nominato dalla sinistra, e questo passi - questa sinistra democratica ha fatto di peggio, sotto le spoglie della lotta a Berlusconi, che patrocinare i Murdoch e tanti altri avventurieri, anzi farsene patrocinare. Ma come è possibile che un consigliere Rai faccia la politica della conorrenza?
Rizzo Nervo, essendo democratico, è al di sopra di ogni sospetto. Inoltre, è cattolico, e quindi non ha colpa. Ma non c'è un giudice a Roma? E il Tesoro non ha da obiettare, che a fine anno dovrà ripianare il buco della Rai?
Succedono cose strane in questa guerra tra Sky e Mediaset, cioè tra Murdoch e Berlusconi. Con i giornali di Murdoch, in prima linea i britannici, schierati nelle turpitudini. La lotta insomma è spietata - anche se Berlusconi, stranamente, sembra non difendersi, sembra non volerlo più che non poterlo o saperlo fare. Raisat, il gruppo satellitare della Rai, ha in scadenza a fine mese il contratto settennale che la lega a Sky. Per un canone non eccelso di 50 milioni, l'anno. Abbondantemente superati dalla pubblicità che Raisat raccoglie.
A questa scadenza settennale il monopolio satellitare di Sky è sfidato da Mediaset, come i lettori di questo sito sanno - e, stranamente, solo loro. Finora Mediaset Premium s'era accontentata di fare la tv pay-per view, a gettone cioè, per evento. Ora, con la pubblicità in calo, scopre le gioie della pay-tv in abbonamento, pagato preventivamente, fidelizzabile. Anche per gli ampi margini di concorrenza che i costosi abbonamenti di Sky aprono, imposti finora in regime di monopolio.
L'entrata in campo di Mediaset aveva offerto alla Rai, quando ancora Berlusconi non era al governo, l'opportunità di allearvisi. Di diventare anzi il pezzo forte della nuova rete satellitare, con la sua enorme library di successi. E comunque di accedere alle laute entrate da abbonamento. Da abbonamento vero, commemrciale, non regolato per legge. Una concorrenza Rai-Mediaset sarabbe stata per il monopolista sicuramente disastrosa. Da qui la campagna antitaliana di Murdoch, prima contro Prodi poi contro Berlusconi. In parte coperta con la regale apertura a Milano, Italy, nella visita di poche ore che ha avuto la magnanimità di concedere due settimane fa, e con le fiorellate - tanto lacrimevoli quanto galvanizzanti per la romana sinistra pariolina.
Lo scontro si pensava in via di remissione dopo l'intervento cardinalizio del sottosegretario Letta. Che avrebbe consigliato di lasciare Raisat a Sky, solo incrementando il canone. Non una grande idea, e nemmeno una buona posizone negoziale. Non con Murdoch, uno noto per non fare prigionieri, il suo buon nemico è uno morto.
Murdoch ora non vuole dare a Raisat nemmeno l'aumento, non uno che pesi. Succede negli affari ed è anzi normale, che uno sia più abile dell'altro. Ma che Murdoch possa consentirsi di schierare Rizzo Nervo, tanto più "a gratis", è una garanzia di impunibilità. Agli Squali è consentito, ma da parte di chi?
Rizzo Nervo, essendo democratico, è al di sopra di ogni sospetto. Inoltre, è cattolico, e quindi non ha colpa. Ma non c'è un giudice a Roma? E il Tesoro non ha da obiettare, che a fine anno dovrà ripianare il buco della Rai?
Succedono cose strane in questa guerra tra Sky e Mediaset, cioè tra Murdoch e Berlusconi. Con i giornali di Murdoch, in prima linea i britannici, schierati nelle turpitudini. La lotta insomma è spietata - anche se Berlusconi, stranamente, sembra non difendersi, sembra non volerlo più che non poterlo o saperlo fare. Raisat, il gruppo satellitare della Rai, ha in scadenza a fine mese il contratto settennale che la lega a Sky. Per un canone non eccelso di 50 milioni, l'anno. Abbondantemente superati dalla pubblicità che Raisat raccoglie.
A questa scadenza settennale il monopolio satellitare di Sky è sfidato da Mediaset, come i lettori di questo sito sanno - e, stranamente, solo loro. Finora Mediaset Premium s'era accontentata di fare la tv pay-per view, a gettone cioè, per evento. Ora, con la pubblicità in calo, scopre le gioie della pay-tv in abbonamento, pagato preventivamente, fidelizzabile. Anche per gli ampi margini di concorrenza che i costosi abbonamenti di Sky aprono, imposti finora in regime di monopolio.
L'entrata in campo di Mediaset aveva offerto alla Rai, quando ancora Berlusconi non era al governo, l'opportunità di allearvisi. Di diventare anzi il pezzo forte della nuova rete satellitare, con la sua enorme library di successi. E comunque di accedere alle laute entrate da abbonamento. Da abbonamento vero, commemrciale, non regolato per legge. Una concorrenza Rai-Mediaset sarabbe stata per il monopolista sicuramente disastrosa. Da qui la campagna antitaliana di Murdoch, prima contro Prodi poi contro Berlusconi. In parte coperta con la regale apertura a Milano, Italy, nella visita di poche ore che ha avuto la magnanimità di concedere due settimane fa, e con le fiorellate - tanto lacrimevoli quanto galvanizzanti per la romana sinistra pariolina.
Lo scontro si pensava in via di remissione dopo l'intervento cardinalizio del sottosegretario Letta. Che avrebbe consigliato di lasciare Raisat a Sky, solo incrementando il canone. Non una grande idea, e nemmeno una buona posizone negoziale. Non con Murdoch, uno noto per non fare prigionieri, il suo buon nemico è uno morto.
Murdoch ora non vuole dare a Raisat nemmeno l'aumento, non uno che pesi. Succede negli affari ed è anzi normale, che uno sia più abile dell'altro. Ma che Murdoch possa consentirsi di schierare Rizzo Nervo, tanto più "a gratis", è una garanzia di impunibilità. Agli Squali è consentito, ma da parte di chi?
Secondi pensieri (28)
zeulig
Abbondanza - Cambia il senso della giustizia, che non è più uguaglianza. Né si può dire innecessaria: l'abbondanza è più sostanziale per la giustizia della uguaglianza. La stessa uguaglianza - o redistribuzione - non si può fare che nell'abbondanza.
Amore - È una forma di resistenza, anch'essa, alla perversione della natura. È una superiore forma di raziocinio, contro le derive mentali,.di un assuirdo egotismo, o degli istinti.
Non dura cinque anni, L'ottanta per cento dei prigionieri rimpatriati nelò 1945, nota Camus, erano attesi da un divorzio.
Anarchia - È dei ricchi? Alcuni bisogni sono ineliminabuili, e dunque vanno pagati.
Arte - È la forma, che altro? Dà forma a materiali inerti, a cose che in sé non ne hanno.
Anche l'esistenza è forma: prende vita - contorni, identità - con la forma, del pensiero, dell'arte, dell'etica.
Bugia - Diventa inafferrabille se il suo autore ne è anche regista (Epimenide, Amleto), non nel caso del bugiado semplice attore (Pinocchio). Per questo sono inestricabili gli intrighi montati dalla polizia.
Però sono manifesti.
Una lieve "pesa " più di una pesante: una commissione inventata per passare un'ora in chiacchiere con un amico più di una inventata per mascherare un appuntamento galante. Il fatto pesante giustifica la bugia - è una forma di difesa. Altrimenti essa è effettivamente bugiarda.
Diavolo - Diventa quanto di meglio l'uomo abbia saputo escogitare se la verità è quella dei mistici, l'abbandono in Dio. Un buon diavolo sarebbe Platone.
Dio - Se ne parla troppo ora che non se ne parla. La perdita del divino viene con le chiacchiere: Dio muore per l'incapacità di immaginarselo (crearselo), è una forma della sterilità.
Prima dell'uomo non c'era.
È la sola garanzia della libertà. Della virtù, cioè: chi ha fatto senza, non è approdato a nulla.
Non può che avere una visione astratta della vita e del mondo. Per una questione di ottica (punti di vista), dovendo abbracciare tanti miliardi di galassie.
Con i popoli del Libro deve continuamente giistificarsi: dare energia ai progetti, e pezze d'appoggio ai teologi, rabbini, mullah, e a ogni altro con le tavole del divino. Dappertutto Dio ha vita grama, appropriato dai sacerdoti, che ne fanno commercio, ma con i popoli del Libro è guerra cronica. Ora lo sfidano atei, ora agnostici, ora mistici, e sempre lo sezionano con l'esegesi. Perfino al diavolo lo apparentano, il nichilismo, l'edonismo, l'irenismo., la violencia, l'ascesi, e la teologia negativa. Gente senza pace che tuttavia accunmula. Più di chiunque altro: le origini del capitalismo sono nel Libro e nei popoli del Libro. Non in quanto cristiani (Max Weber) o ebrei (Sombart), ma in quanto contestatori di Dio.
Con gli attrbuti catechistici dev'essere uno che si annoia a morte. Sarà per questo che è un collerico. Riprovare tutte le dita nel naso dev'essere anche faticoso.
La chiave se la dà da sé, se creò l'uomo a propria immagine e somiglianza - a meno che non fosse solo per la veduta. "Nemo bonus" dirà sant'Agostino, non contradetto.
Le preghiere non l'offendono? Un Dio che si fa pregare... Si faceva con gli dei, perché la preghiera era un'offerta, comoda per i loro sacerdoti. Forse Dio ha bisogno di sentirsi meno solo?
Le prove dell'impossibilità di dimostrarne l'esistenza (Kant, Schopenhauer) sono le prove dell'inutilità della filosofia. Della filosofia post-tomista, speculare a quell'altra inutilità che è la teologia - Dio essere? delimitato, misurato, magari antropomorfo, e anzi con la barba... Che c'entra la filosofia con Dio, se non è essa stessa Dio?
Avrà pure creato il mondo, ma l’ha lasciato abbandonato a se stesso. Questo sarà blasfemo, ma è teologia. Dio non è il signore della storia, cassata è l’innocenza. Le nascite, le morti, il bene, il male, questi ghirigori non appartengono a Dio. La salvezza nella storia è l’ateismo degli ebrei, che pretendono di accrescere Dio con l’umanità, l’eternità con il tempo. E familiari di Dio lo irridono a volte, come ogni vecchio.
Dio s’è ristretto, lo diceva già Isacco Luria nella sua cabala: per lo zimzum, moto entropico, Dio si mette sempre più da parte, lasciando il posto al vuoto, al niente, e all’umanità. Lo spiega, contrito, Levinas: "I diritti dell’uomo costituiscono una congiunzione con l’idea di Dio". Consolidando l’ateismo: "È compito dell’uomo salvare l’uomo: la modalità divina di riparare la miseria consiste nel non fare intervenire Dio. La vera correlazione fra l’uomo e Dio dipende da una relazione fra l’uomo e l’uomo, in cui l’uomo assume la piena responsabilità, come se non ci fosse un Dio su cui contare".
D’altronde, qual è il rapporto di causa ed effetto nella prima guerra mondiale? E nella seconda? E in tutte le guerre? La storia non porta a Dio direttamente. Direttamente ce ne allontana. Il Regno di Dio è trascendente. La storia manterrà fino alla fine dei tempi la sua ambiguità e il mistero.
Si può anche dire che il nulla è Dio per la cabala - e non solo, tutto si annulla all’origine della vita, ma soprattutto per la cabala. Lo spiega Scholem, senza malizia: "La pienezza d’essere del Dio nascosto, trascendente rispetto a ogni conoscenza, nel-l’atto originario dell’e". manazione, diventa nulla". Cioè: "I cabalisti sarebbero riusciti meglio come fenomenologi".
Don Giovanni - Si distrae dalla morte. E' un metafisico che si tiene occupato.
Nichilismo - Non crede a Dio, ma al diavolo sì.
Se l'umanità è nichilista - l'agente del nichilismo - certo c'è un diavolo. Oppure un Dio.
E' un idealismo - ne è il rovesciamento: una proiezione immaginaria. Non tiene da nessuna parte, la nascita, la morte, l'accoppiamento, o il campo libero dell fantasia - la chimera è una realtà - e della socialità.
E' maleducato, un rutto: è ributtare sul mondo la sazietà. Non c'è povertà nichilista.
Nichilismo vero è quello della devozione, l'abbandono in Dio. Senza opere ma anche senza la fede, che è incessante. Non le bestemmiole di Nietzsche, o dei manieratissimi epigoni - rifiuto di rifiuto dei presupposti hegeliani, la ragione della rivoluzione borghese (c'è ancora passione, se non altro per la contraddizione).
Pudore - Non è più una virtù, e non fa i santi. I santi un tempo si nascondevano, nelle grotte, nel deserto, alcuni andavano perfino in letargo, per sette o settant'anni. Oggi verrebbero dimenticati, col giornale del giorno dopo.
Tempo - E' senza capo né coda, quindi non è. La stessa storia, madre-figlia del tempo, ha problemi a definirsi di un tempo preciso.
E' questo il senso della vita - o della morte: in realtà non si muore, si è dentro il tempo. Anche prosaica,ente: si è sempre affaccendati, anche nell'ozio. Ma questo annulla il tempo. Lo dilata, lo accorcia.
zeulig@antiit.eu
Abbondanza - Cambia il senso della giustizia, che non è più uguaglianza. Né si può dire innecessaria: l'abbondanza è più sostanziale per la giustizia della uguaglianza. La stessa uguaglianza - o redistribuzione - non si può fare che nell'abbondanza.
Amore - È una forma di resistenza, anch'essa, alla perversione della natura. È una superiore forma di raziocinio, contro le derive mentali,.di un assuirdo egotismo, o degli istinti.
Non dura cinque anni, L'ottanta per cento dei prigionieri rimpatriati nelò 1945, nota Camus, erano attesi da un divorzio.
Anarchia - È dei ricchi? Alcuni bisogni sono ineliminabuili, e dunque vanno pagati.
Arte - È la forma, che altro? Dà forma a materiali inerti, a cose che in sé non ne hanno.
Anche l'esistenza è forma: prende vita - contorni, identità - con la forma, del pensiero, dell'arte, dell'etica.
Bugia - Diventa inafferrabille se il suo autore ne è anche regista (Epimenide, Amleto), non nel caso del bugiado semplice attore (Pinocchio). Per questo sono inestricabili gli intrighi montati dalla polizia.
Però sono manifesti.
Una lieve "pesa " più di una pesante: una commissione inventata per passare un'ora in chiacchiere con un amico più di una inventata per mascherare un appuntamento galante. Il fatto pesante giustifica la bugia - è una forma di difesa. Altrimenti essa è effettivamente bugiarda.
Diavolo - Diventa quanto di meglio l'uomo abbia saputo escogitare se la verità è quella dei mistici, l'abbandono in Dio. Un buon diavolo sarebbe Platone.
Dio - Se ne parla troppo ora che non se ne parla. La perdita del divino viene con le chiacchiere: Dio muore per l'incapacità di immaginarselo (crearselo), è una forma della sterilità.
Prima dell'uomo non c'era.
È la sola garanzia della libertà. Della virtù, cioè: chi ha fatto senza, non è approdato a nulla.
Non può che avere una visione astratta della vita e del mondo. Per una questione di ottica (punti di vista), dovendo abbracciare tanti miliardi di galassie.
Con i popoli del Libro deve continuamente giistificarsi: dare energia ai progetti, e pezze d'appoggio ai teologi, rabbini, mullah, e a ogni altro con le tavole del divino. Dappertutto Dio ha vita grama, appropriato dai sacerdoti, che ne fanno commercio, ma con i popoli del Libro è guerra cronica. Ora lo sfidano atei, ora agnostici, ora mistici, e sempre lo sezionano con l'esegesi. Perfino al diavolo lo apparentano, il nichilismo, l'edonismo, l'irenismo., la violencia, l'ascesi, e la teologia negativa. Gente senza pace che tuttavia accunmula. Più di chiunque altro: le origini del capitalismo sono nel Libro e nei popoli del Libro. Non in quanto cristiani (Max Weber) o ebrei (Sombart), ma in quanto contestatori di Dio.
Con gli attrbuti catechistici dev'essere uno che si annoia a morte. Sarà per questo che è un collerico. Riprovare tutte le dita nel naso dev'essere anche faticoso.
La chiave se la dà da sé, se creò l'uomo a propria immagine e somiglianza - a meno che non fosse solo per la veduta. "Nemo bonus" dirà sant'Agostino, non contradetto.
Le preghiere non l'offendono? Un Dio che si fa pregare... Si faceva con gli dei, perché la preghiera era un'offerta, comoda per i loro sacerdoti. Forse Dio ha bisogno di sentirsi meno solo?
Le prove dell'impossibilità di dimostrarne l'esistenza (Kant, Schopenhauer) sono le prove dell'inutilità della filosofia. Della filosofia post-tomista, speculare a quell'altra inutilità che è la teologia - Dio essere? delimitato, misurato, magari antropomorfo, e anzi con la barba... Che c'entra la filosofia con Dio, se non è essa stessa Dio?
Avrà pure creato il mondo, ma l’ha lasciato abbandonato a se stesso. Questo sarà blasfemo, ma è teologia. Dio non è il signore della storia, cassata è l’innocenza. Le nascite, le morti, il bene, il male, questi ghirigori non appartengono a Dio. La salvezza nella storia è l’ateismo degli ebrei, che pretendono di accrescere Dio con l’umanità, l’eternità con il tempo. E familiari di Dio lo irridono a volte, come ogni vecchio.
Dio s’è ristretto, lo diceva già Isacco Luria nella sua cabala: per lo zimzum, moto entropico, Dio si mette sempre più da parte, lasciando il posto al vuoto, al niente, e all’umanità. Lo spiega, contrito, Levinas: "I diritti dell’uomo costituiscono una congiunzione con l’idea di Dio". Consolidando l’ateismo: "È compito dell’uomo salvare l’uomo: la modalità divina di riparare la miseria consiste nel non fare intervenire Dio. La vera correlazione fra l’uomo e Dio dipende da una relazione fra l’uomo e l’uomo, in cui l’uomo assume la piena responsabilità, come se non ci fosse un Dio su cui contare".
D’altronde, qual è il rapporto di causa ed effetto nella prima guerra mondiale? E nella seconda? E in tutte le guerre? La storia non porta a Dio direttamente. Direttamente ce ne allontana. Il Regno di Dio è trascendente. La storia manterrà fino alla fine dei tempi la sua ambiguità e il mistero.
Si può anche dire che il nulla è Dio per la cabala - e non solo, tutto si annulla all’origine della vita, ma soprattutto per la cabala. Lo spiega Scholem, senza malizia: "La pienezza d’essere del Dio nascosto, trascendente rispetto a ogni conoscenza, nel-l’atto originario dell’e". manazione, diventa nulla". Cioè: "I cabalisti sarebbero riusciti meglio come fenomenologi".
Don Giovanni - Si distrae dalla morte. E' un metafisico che si tiene occupato.
Nichilismo - Non crede a Dio, ma al diavolo sì.
Se l'umanità è nichilista - l'agente del nichilismo - certo c'è un diavolo. Oppure un Dio.
E' un idealismo - ne è il rovesciamento: una proiezione immaginaria. Non tiene da nessuna parte, la nascita, la morte, l'accoppiamento, o il campo libero dell fantasia - la chimera è una realtà - e della socialità.
E' maleducato, un rutto: è ributtare sul mondo la sazietà. Non c'è povertà nichilista.
Nichilismo vero è quello della devozione, l'abbandono in Dio. Senza opere ma anche senza la fede, che è incessante. Non le bestemmiole di Nietzsche, o dei manieratissimi epigoni - rifiuto di rifiuto dei presupposti hegeliani, la ragione della rivoluzione borghese (c'è ancora passione, se non altro per la contraddizione).
Pudore - Non è più una virtù, e non fa i santi. I santi un tempo si nascondevano, nelle grotte, nel deserto, alcuni andavano perfino in letargo, per sette o settant'anni. Oggi verrebbero dimenticati, col giornale del giorno dopo.
Tempo - E' senza capo né coda, quindi non è. La stessa storia, madre-figlia del tempo, ha problemi a definirsi di un tempo preciso.
E' questo il senso della vita - o della morte: in realtà non si muore, si è dentro il tempo. Anche prosaica,ente: si è sempre affaccendati, anche nell'ozio. Ma questo annulla il tempo. Lo dilata, lo accorcia.
zeulig@antiit.eu
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