zeulig
Amore - È giovane. Non è più vecchio di Ero e Leandro. L’amore-passione poi è giovanissimo.
È occidentale – non c’è nelle altre culture, non prima del cinema, anni 1930. Ma è follia e non raziocinio. Addolcisce tutto, anche il matrimonio. E tuttavia è tema principe, sempre in Occidente, dove è nato ed è confinato, sotto la specie delle disgrazie dell’amore. Ogni amore è portatore di disgrazie senza fine: maledizioni, minacce, figli perduti o nascosti, ricatti, tradimenti, castrazioni, depressioni, assassinii. Non è legato al piacere, com’è nei presupposti. O allora a quel particolare piacere che è sofferenza: è l’amore masochista?
Creazione - È propria dell’uomo: la natura evolve, l'uomo crea, anche interrompendo e rovesciando dei flussi naturali.
C'è un creazionismo, antinaturale.
Deserto – Uno vi è sempre al centro.
Dio - Un dittatore. Se pure Cristo, il suo figliolo, ha dovuto mandarlo più volte a quel paese. La bestemmia è certo peccato grave, si capisce che Cristo abbia dovuto pagarlo con la croce, ma non ha più colpa chi incita e quasi obbliga alla bestemmia?
Libertà - È solo a Dio che possiamo farne capo – il Grande Inquisitore si sbaglia: non all’orgoglio (diavolo), non a un errore. Talmente è vasta e aperta, come orizzonte, e delicata nei suoi bilanciamenti, mobile, vivida.
È il miracolo, nella legge dell’universo che vuole l’implosione e il declino, nell’entropia universale: ecco perché non si giustifica e non si spiega. La libertà non viene dalla ragione, è energia.
Metafisica – Si occupa della morte. Riflette sull’essere perché è ossessionata dal non essere, per queto è triste.
Mito – Ne abbiamo bisogno, noi contemporanei, non per alleviare l’esistentema per riempirlo. Il nostro esistente p un Ersatz, e come tale ha bisogno continuamente d’inverarsi, attraverso le moderne litografie, cioè la pubblicità e la propaganda.
È anche semplice, essendo autoreferente, crescendo a valanga: basta mettere in gira la prima “voce”.
Natura - È totalitaria, tale che nessuna difesa è possibile – ci si può difendere da Dio, dalla natura no.
Nulla - È, come lo zero, concettualizzabile e inesistente. È, come lo zero, servile.
Onni – Non vuole dire niente, i concetti totalitari sono contradittori: se manca il limite manca il senso, si svuota il concetto della sua misura, l’infinito della storia, l’eternità del tempo, l’onnipotenza della libertà, e la libertà delle necessità, l’onniscienza dell’ignoranza, il destino della mancanza.
Concettualmente il paradosso è evidente. E ontologicamente? Nella realtà sociale non si danno fenomeni totalitari – se non quelli, insufficienti, della scienza politica. E in quella fisica? Nel moto (perpetuo), la forza, la materia, qual è il peso dell’opposto?
Realtà - È enigmatica, non essendo semplificabile per canoni, né normativi e neppure conoscitivi. L’irriducibilità all’astrazione – e alla classificazione – si può dire suo segno di riconoscimento, e sua qualità o assenza.
Non è umana. Non è cioè né ragionativa né poetica. Il mondo è confuso e violento, e subdolo. Compresa la natura degli uomini, gli istinti cioè e i percorsi mentali, che incontrollati derivano al male.
Religione – Rientra nell’estetica, è forma superiore (astratta) di arte. La “più” sublime, certo.
Silenzio – Separa, ma può essere una forma di attenzione. Si a scolta con attenzione. E anche le cose tacciono quando sono presenti.
Solitudine - È uno stato ricercato e non naturale: l’uomo nella natura non è mai stato isolato. Per forza di cose biologicamente, ma anche socialmente: si va in gregge.Può essere una ricerca acquisitiva, una scelta di volontà. Oppure diminutiva, un lasciarsi andare.
zeulig@antiit.eu
venerdì 14 agosto 2009
La Rai ha torto, e non vi diciamo perché
I tre giornali nazionali attaccano la Rai, in servizi di contorno, commenti, e interrogativi retorici, perché ha deciso di lasciare la piattaforma Sky per una sua propria, sia pure con Mediaset. Senza timore di schierare in questa crociata pro Sky perfino il presidente della Repubblica – che peraltro si lascia schierare. Ma soprattutto senza aver mai spiegato che c’è da tempo questo progetto. Che il mercato della tv a pagamento è molto cresciuto. Che il digitale terrestre allarga molto l’offerta d’informazione, segmentata per settori specifici d’interesse, e quindi il mercato pubblicitario ai vari settori legato. E che la Rai, come certo Mediaset, non vuole, e non dovrebbe, lasciare questi mercati a Sky.
È una battaglia di idee? Si può pensare la campagna anti Rai parte della campagna politica contro Berlusconi, padrone di Mediaset. Ma anche Murdoch, padrone di Sky, non è affarista di poco pelo. Sky è in una situazione di monopolio, alla quale è solo giusto, e anzi meritevole, creare un’alternativa, specie di prezzo, dov’è l’idea dei suoi paladini? È disonestà professionale, di giornalisti e commentatori tv cui Sky furbamente ha assicurato convenienti vetrine? Forse. Ma è soprattutto l’inutilità del giornalismo, ai fini dell’opinione pubblica. Come già per i famosi referendum contro le tv private. Il giornalismo è purtroppo parte attiva, e non vittima, del vuoto politico nel quale i suoi padroni tengono l’Italia.
È una battaglia di idee? Si può pensare la campagna anti Rai parte della campagna politica contro Berlusconi, padrone di Mediaset. Ma anche Murdoch, padrone di Sky, non è affarista di poco pelo. Sky è in una situazione di monopolio, alla quale è solo giusto, e anzi meritevole, creare un’alternativa, specie di prezzo, dov’è l’idea dei suoi paladini? È disonestà professionale, di giornalisti e commentatori tv cui Sky furbamente ha assicurato convenienti vetrine? Forse. Ma è soprattutto l’inutilità del giornalismo, ai fini dell’opinione pubblica. Come già per i famosi referendum contro le tv private. Il giornalismo è purtroppo parte attiva, e non vittima, del vuoto politico nel quale i suoi padroni tengono l’Italia.
mercoledì 12 agosto 2009
L'estate della guerra al Sud
È attacco concentrico al Sud, sul salario, la sanità, la scuola, la lingua. Senza alcuna provocazione da parte del Sud. Neppure sul gelato per dire, che al Sud indubbiamente sanno fare meglio. O sul mare, che al Sud è veramente trasparente. Da parte degli stessi giornali che polemizzano sulle scarse o mancate celebrazioni dell’unità. È un’aggressione, costante, sfrontata. In particolare del “Corriere della sera”, col suo nuovo lombardissimo gruppo dirigente, e l’intollerabile Stella. Anche Alfano, l’unico ministro meridionale in questo governo, non sta bene, e anzi, essendo siciliano, è più o meno mafioso. Mentre il Cavalier Vaselina molto milanesamente promette Enti e Miliardi di carta, quei due minuti del suo lungo anno che ritiene di dedicare al Sud.
Sono due settimane ormai, ma non si stancano di produrre indici, Invalsi, Pisa, Pirls (non è uno scherzo), per dimostrare che al Nord i ragazzi sono più intelligenti, dotti e bravi scrittori dei ragazzi del Sud. Non hanno avuto requie dacché il Sud ha avuto più promossi che il Nord. Senza mai spiegare che gli indici sono creazioni di menti malate, che ai loro presunti automatismi hanno ottenuto di legare i finanziamenti alla scuola. Le gabbie salariali ci sono già, da venti e trenta anni, ma per questi nuovi crociati della purezza settentrionale naturalmente non bastano. Gli insegnanti meridionali, come gli infermieri, da un ventennio graziano il Nord, perché lo stipendio non basta a pagarsi una camera d’affitto – eh sì, Milano costa più di Palermo. Ma ciò non basta agli ipocritoni, vogliono l’esame di dialetto per escluderli del tutto. La sanità pubblica costa a Milano il doppio che in Calabria, pro capite, ma piano sanitario è in deficit per colpa della Calabria – dove oltretutto gli aventi diritto sono pochi.
Non è la vittoria del leghismo, la Lega ha già stravinto da quindici anni, col suo 25,5 per cento del voto nel 1996 in Lombardia (il 21,6 nel 2008), e il 29,3 nel Veneto (27,1 nel 2008). È il nuovo oltranzismo confessionale, alla Bazoli, che governa Milano ora anche al “Corriere della sera”. Che si nega, contrariamente a Bossi, perché i preti sono sempre ipocriti, ma colpisce basso. L’onesto Galli della Loggia, che sul “Corriere” si chiede spesso come celebrare l’unità d’Italia, avrebbe ben da lavorare, se solo riflettesse alle troppe furbate del Risorgimento, che Milano ha solo il torto di evidenziare dopo l’ipocrisia piemontese. Lo stesso l’inqualificabile ceto politico meridionale, Bassolino, Lombardo, che non sa che bisogna fare invece che annunciare, o peggio minacciare, la prima cosa che impara un politico.
Sono due settimane ormai, ma non si stancano di produrre indici, Invalsi, Pisa, Pirls (non è uno scherzo), per dimostrare che al Nord i ragazzi sono più intelligenti, dotti e bravi scrittori dei ragazzi del Sud. Non hanno avuto requie dacché il Sud ha avuto più promossi che il Nord. Senza mai spiegare che gli indici sono creazioni di menti malate, che ai loro presunti automatismi hanno ottenuto di legare i finanziamenti alla scuola. Le gabbie salariali ci sono già, da venti e trenta anni, ma per questi nuovi crociati della purezza settentrionale naturalmente non bastano. Gli insegnanti meridionali, come gli infermieri, da un ventennio graziano il Nord, perché lo stipendio non basta a pagarsi una camera d’affitto – eh sì, Milano costa più di Palermo. Ma ciò non basta agli ipocritoni, vogliono l’esame di dialetto per escluderli del tutto. La sanità pubblica costa a Milano il doppio che in Calabria, pro capite, ma piano sanitario è in deficit per colpa della Calabria – dove oltretutto gli aventi diritto sono pochi.
Non è la vittoria del leghismo, la Lega ha già stravinto da quindici anni, col suo 25,5 per cento del voto nel 1996 in Lombardia (il 21,6 nel 2008), e il 29,3 nel Veneto (27,1 nel 2008). È il nuovo oltranzismo confessionale, alla Bazoli, che governa Milano ora anche al “Corriere della sera”. Che si nega, contrariamente a Bossi, perché i preti sono sempre ipocriti, ma colpisce basso. L’onesto Galli della Loggia, che sul “Corriere” si chiede spesso come celebrare l’unità d’Italia, avrebbe ben da lavorare, se solo riflettesse alle troppe furbate del Risorgimento, che Milano ha solo il torto di evidenziare dopo l’ipocrisia piemontese. Lo stesso l’inqualificabile ceto politico meridionale, Bassolino, Lombardo, che non sa che bisogna fare invece che annunciare, o peggio minacciare, la prima cosa che impara un politico.
Nasce greca l'Italia nel Trecento
Ristampa del libro seminale di buona parte degli studi sul Rinascimento di Giovanni Gentile, specie di quelli su Petrarca e Platone. Benemerita, benché mancante di ogni riferimento all’autore, uno scrittore di storia locale dalla solidissima erudizione. Il testo, uscito a stampa nel 1888, è come se fosse attuale, per lo stato delle ricerche, non più avanzate. Mandalari rintraccia l’opera cospicua di Barlaam, monaco calabrese del Trecento, basiliano, morto vescovo di Gerace nel 1348, nelle maggiori biblioteche europee. E ne proietta la figura sulla cultura italiana che si formava nel Trecento, la filosofia con Petrarca, la lingua con Boccaccio, e l’arte. Nel presupposto – la cui promettente fecondità è ancora da esplorare – che le radici siano greche, classiche e bizantine, più che latine.
Giannantonio Mandalari, Fra Barlamo calabrese – maestro del Petrarca, Nuove Edizioni Barbaro, pp. 128, € 8
Giannantonio Mandalari, Fra Barlamo calabrese – maestro del Petrarca, Nuove Edizioni Barbaro, pp. 128, € 8
lunedì 10 agosto 2009
Problemi di base - 16
spock
Perché il presidente Napolitano non ci dice chi ha messo le bombe, dal 1969?
Sono le bombe che hanno portato al terrorismo? O che altro? Chi?
Che fa Dio in cielo, tutto il giorno?
L’eternità è contro la creazione, si sa. Ma che eternità è se tutti muoiono? Non sarà anche Dio un pentito?
Che fine ha fatto Zappadu? Ha finito le fotografie?
È vero che la Finanza ha fatto un accertamento alle Bahamas a Zappadu, o sono le isole Cayman, come a Agostino Rossi?
E chi è Zappadu?
Perché il presidente Napolitano vuole vedere la Rai su Sky?
Il bus 56 mi è antipatico perché è antipatico? O è antipatico perché mi è antipatico?
spock@antiit.eu
Perché il presidente Napolitano non ci dice chi ha messo le bombe, dal 1969?
Sono le bombe che hanno portato al terrorismo? O che altro? Chi?
Che fa Dio in cielo, tutto il giorno?
L’eternità è contro la creazione, si sa. Ma che eternità è se tutti muoiono? Non sarà anche Dio un pentito?
Che fine ha fatto Zappadu? Ha finito le fotografie?
È vero che la Finanza ha fatto un accertamento alle Bahamas a Zappadu, o sono le isole Cayman, come a Agostino Rossi?
E chi è Zappadu?
Perché il presidente Napolitano vuole vedere la Rai su Sky?
Il bus 56 mi è antipatico perché è antipatico? O è antipatico perché mi è antipatico?
spock@antiit.eu
Il mondo com'è - 20
astolfo
Anversa – La “nouvelle Carthage” di Georges Eekhoud, per industria e capitali. I cui quartieri si chiamano la Fabrique, la Bourse. “Anseatici fastosi” dice Eckhoud, “che si recavano alla Cattedrale o alla Borsa preceduti da suonatori di piffero e di violino”. L’orgoglio della borghesia portato all’ostentazione.
Non protestante.
Autocritica – La facevano i comunisti. Ma era d’obbligo per gli antichi egizi quando avevano ammazzato, per esempio una pulce o un serpente. Gli egizi avevano una coscienza ecologica.
Biedermeier - In Italia viene imposto dopo l’unità, in controtendenza e fuori epoca. Fa da Ersatz alla vera e propria borghesia, quella intraprendente e liberale, che i Savoia temevano.
Indizio - È il sintomo. E ne ha l’ambiguità. Nei tribunali come nei romanzi gialli, e ora nella storia. L’opinione ricevuta ne fa elemento di colpevolezza in sé, per un rilievo o una causalità che esso conterrebbe e invece gli viene attribuito. Per convenienza dallo storico, per pigrizia e animosità dall’investigatore e dal giudice. Lo stesso indizio può avere significati diversi, invece, e perfino opposti.
I gialli sono più onesti: l’investigatore vi opera come il medico di un tempo, il quale, senza l’ausilio degli accertamenti diagnostici, suppliva con l’occhio clinico: sceglieva un indizio-sintomo e su quello organizzava la terapia, l’analogo del giudizio ma temporaneo e in attesa di riprova.
Il suo valore di prova viene a posteriori: è la colpevolezza che fonda l’indizio, e non viceversa.
Protesta – Ha una bizzarro attrazione, neanche inconscia, al conformismo. Si può pensare ai centri sociali, ai writers, al popolo di Seattle, o è Porto Alegre, come a un desiderio intenso di menare le mani. Cioè, più correttamente, di essere confrontati dalla polizia, non dagli assessori, dai condòmini, dai banchieri, ma da lavoratori incazzati neri sotto la bardatura anti-sommossa, con i quali darsele, per poter fare qualche giorno in ospedale e qualche giorno in prigione. Questo è logico, e anche accettabile, nella logica generazionale e in quella dell’avventura. Ma poi i centri sociali vogliono diventare birreria o pizzeria, senza pagare l’affitto dei locali al Comune, i writers vogliono spazi, altrettanto gratuiti, per i loro murales a stingere, e qualche premio alternativo, i no global sono i nuovi Verdi, che coltivano con la minaccia della violenza un posto in Parlamento.
Totalitarismo – È il dominio delle coscienze. È evidente nel caso del comunismo come del fascismo: i cittadini – il popolo, la gente, la massa – ci credono, ne sono convinti, ne sono rassicurati e anzi esilarati. Ne sono soggetti attivi. Risponde alla psicologia semplificatrice. Che può essere quella del terrorista come del piccolo borghese. Ma il fatto è psicologico: non c’è un fatto politico caratteristicamente totalitario. La Repubblica, che si fonda e opera su una costituzione democratica, nei principi e nelle articolazioni, è senza dubbio totalitaria: nella struttura di potere (non c’è ricambio, malgrado le elezioni), nel controllo politico (le centinaia di assassinii politici impuniti, di sindacalisti, braccianti, operai, morti eccellenti, in piazza e in carcere, e per terrorismo o stragi), nel controllo sociale (concussione e corruzione).
Ha sì una strumentazione illimitata, di controlli e violenze, ma se la può permettere in quanto s’è impadronito delle coscienze. O altrimenti è tirannia, la moderna dittatura. Tanto più complicato e irresistibile della dittatura poliziesca è quello culturale o sociale, delle dittature comprese, che è “democratico”, e cioè perfettamente totalitario, senza resistenze o opposizioni, e anzi convinto.
Il funzionamento, cioè il controllo, della democrazia era il tormento dei ricchi-e-potenti della Trilaterale, a cavaliere del 1970.
È la follia del progresso portata a conseguenza. Progresso come dominio degli istinti e della natura, del gioco delle azioni e reazioni, della dialettica. Poiché è fallito se ne dà immagine caricaturale, di un dominio violento in ogni sua articolazione. Mentre è fallito in un paio di casi, per la loro violenza, è vero, ma è qui tra noi in forme nemmeno tanto subdole. È il perfezionamento della teoria politica come disposizione o ordine. È un’utopia matematica, che fosse geometricamente definita in ogni punto.
Totalitaria è tuttavia la natura, tale che nessuna difesa è da essa possibile – ci si può difendere da Dio, dalla natura no. E dunque è la follia del progresso una seconda natura, natura naturans?
È fenomeno del Novecento. Perché è legato alla comunicazione di massa, e alla pubblicità o propaganda.
Si alimenta nella ristretta circolazione delle idee. Che sembra in contrasto con la diffusione abnorme della comunicazione. Ma non si trasmettono idee. Non c’è dubbio che il fondamento del totalitarismo è nel blocco dell’opinione pubblica.
Uguaglianza – È la giustizia: va contro la giustizia ciò che non è uguale.
Ma non c’è senza uniformità - è quindi ingiustizia?
Può solo essere aritmetica, economica. E d’altra parte c’è un’istintiva ripugnanza a considerare la libertà come libertà di commercio, economica. Anche perché in questo quadro pochi hanno posto: se la libertà – e il potere – va col commercio,m ne dispongono i commercianti. E dunque l’uguaglianza non va con la libertà? O va con la libertà dei pochi.
Unico - Il figlio unico eredita troppo.
astolfo@antiit.eu
Anversa – La “nouvelle Carthage” di Georges Eekhoud, per industria e capitali. I cui quartieri si chiamano la Fabrique, la Bourse. “Anseatici fastosi” dice Eckhoud, “che si recavano alla Cattedrale o alla Borsa preceduti da suonatori di piffero e di violino”. L’orgoglio della borghesia portato all’ostentazione.
Non protestante.
Autocritica – La facevano i comunisti. Ma era d’obbligo per gli antichi egizi quando avevano ammazzato, per esempio una pulce o un serpente. Gli egizi avevano una coscienza ecologica.
Biedermeier - In Italia viene imposto dopo l’unità, in controtendenza e fuori epoca. Fa da Ersatz alla vera e propria borghesia, quella intraprendente e liberale, che i Savoia temevano.
Indizio - È il sintomo. E ne ha l’ambiguità. Nei tribunali come nei romanzi gialli, e ora nella storia. L’opinione ricevuta ne fa elemento di colpevolezza in sé, per un rilievo o una causalità che esso conterrebbe e invece gli viene attribuito. Per convenienza dallo storico, per pigrizia e animosità dall’investigatore e dal giudice. Lo stesso indizio può avere significati diversi, invece, e perfino opposti.
I gialli sono più onesti: l’investigatore vi opera come il medico di un tempo, il quale, senza l’ausilio degli accertamenti diagnostici, suppliva con l’occhio clinico: sceglieva un indizio-sintomo e su quello organizzava la terapia, l’analogo del giudizio ma temporaneo e in attesa di riprova.
Il suo valore di prova viene a posteriori: è la colpevolezza che fonda l’indizio, e non viceversa.
Protesta – Ha una bizzarro attrazione, neanche inconscia, al conformismo. Si può pensare ai centri sociali, ai writers, al popolo di Seattle, o è Porto Alegre, come a un desiderio intenso di menare le mani. Cioè, più correttamente, di essere confrontati dalla polizia, non dagli assessori, dai condòmini, dai banchieri, ma da lavoratori incazzati neri sotto la bardatura anti-sommossa, con i quali darsele, per poter fare qualche giorno in ospedale e qualche giorno in prigione. Questo è logico, e anche accettabile, nella logica generazionale e in quella dell’avventura. Ma poi i centri sociali vogliono diventare birreria o pizzeria, senza pagare l’affitto dei locali al Comune, i writers vogliono spazi, altrettanto gratuiti, per i loro murales a stingere, e qualche premio alternativo, i no global sono i nuovi Verdi, che coltivano con la minaccia della violenza un posto in Parlamento.
Totalitarismo – È il dominio delle coscienze. È evidente nel caso del comunismo come del fascismo: i cittadini – il popolo, la gente, la massa – ci credono, ne sono convinti, ne sono rassicurati e anzi esilarati. Ne sono soggetti attivi. Risponde alla psicologia semplificatrice. Che può essere quella del terrorista come del piccolo borghese. Ma il fatto è psicologico: non c’è un fatto politico caratteristicamente totalitario. La Repubblica, che si fonda e opera su una costituzione democratica, nei principi e nelle articolazioni, è senza dubbio totalitaria: nella struttura di potere (non c’è ricambio, malgrado le elezioni), nel controllo politico (le centinaia di assassinii politici impuniti, di sindacalisti, braccianti, operai, morti eccellenti, in piazza e in carcere, e per terrorismo o stragi), nel controllo sociale (concussione e corruzione).
Ha sì una strumentazione illimitata, di controlli e violenze, ma se la può permettere in quanto s’è impadronito delle coscienze. O altrimenti è tirannia, la moderna dittatura. Tanto più complicato e irresistibile della dittatura poliziesca è quello culturale o sociale, delle dittature comprese, che è “democratico”, e cioè perfettamente totalitario, senza resistenze o opposizioni, e anzi convinto.
Il funzionamento, cioè il controllo, della democrazia era il tormento dei ricchi-e-potenti della Trilaterale, a cavaliere del 1970.
È la follia del progresso portata a conseguenza. Progresso come dominio degli istinti e della natura, del gioco delle azioni e reazioni, della dialettica. Poiché è fallito se ne dà immagine caricaturale, di un dominio violento in ogni sua articolazione. Mentre è fallito in un paio di casi, per la loro violenza, è vero, ma è qui tra noi in forme nemmeno tanto subdole. È il perfezionamento della teoria politica come disposizione o ordine. È un’utopia matematica, che fosse geometricamente definita in ogni punto.
Totalitaria è tuttavia la natura, tale che nessuna difesa è da essa possibile – ci si può difendere da Dio, dalla natura no. E dunque è la follia del progresso una seconda natura, natura naturans?
È fenomeno del Novecento. Perché è legato alla comunicazione di massa, e alla pubblicità o propaganda.
Si alimenta nella ristretta circolazione delle idee. Che sembra in contrasto con la diffusione abnorme della comunicazione. Ma non si trasmettono idee. Non c’è dubbio che il fondamento del totalitarismo è nel blocco dell’opinione pubblica.
Uguaglianza – È la giustizia: va contro la giustizia ciò che non è uguale.
Ma non c’è senza uniformità - è quindi ingiustizia?
Può solo essere aritmetica, economica. E d’altra parte c’è un’istintiva ripugnanza a considerare la libertà come libertà di commercio, economica. Anche perché in questo quadro pochi hanno posto: se la libertà – e il potere – va col commercio,m ne dispongono i commercianti. E dunque l’uguaglianza non va con la libertà? O va con la libertà dei pochi.
Unico - Il figlio unico eredita troppo.
astolfo@antiit.eu