Cerca nel blog

giovedì 20 agosto 2009

Il giornale totalitario

Stamani mi sono alzato alle sei, quando mi sono svegliato. Avendo deciso da qualche tempo che è inutile tentare di riaddormentarsi, si finisce per poltrire tra pensieri cupi, che alzandosi invece si dissolvono. Ma alle otto ero nero. E senza che fosse successo nulla nelle due ore. Oh sì, alle sette apre il giornalaio, e alle otto avevo finito di leggere il giornale. Anzi, di rileggerlo. Con sgomento, come ora che sono le undici, e ho potuto conversare col barbiere, il macellaio, il vinaio, il fruttivendolo, di niente di speciale e anzi delle consuete trite banalità, ripetute, ripetitive, me ne rendo conto, che comunque però vedono la televisione, e non si censurano. Il giornale promette in grande la lista svizzera dei conti segreti. Con commento. Ma si tratta dei conti americani. Quelli milanesi sono dentro, in uno dei tanti articoli della cronaca cittadina, non fra i più importanti, anche se si calcolano in 40 miliardi (quaranta miliardi?). Milano merita la prima e una pagina perché progetta una divisa per i tassisti, naturalmente firmata. Una pagina dice la Sicilia milionaria col Superenalotto, perché s’intasca l’imposta erariale, una piccola parte. Un’altra dice Buccinasco feudo della ‘ndrangheta. Il che non può essere vero, e comunque, per un meridionale, tanta insistenza è odiosa. Una pagina è sulla potentissima figlia di Berlusconi. Una, come tutti i giorni, su cosa pensa e dice Mourinho – che per fortuna ha trovato in Lippi uno capace di mandarlo a fare in culo. Questo nel giornale più diffuso e stimato d’Italia.
Non c’è il gelato che non si scioglie. Nobilitato dall’Unione europea per essere un Ogm, e quindi un prodotto moderno, nonché della Unilever (Algida), che tutto può a Bruxelles. Il gelato che non si scioglie? Non ci sono le censure di Fernanda Pivano all’innamorato Pavese. Non c’è l’Ici al sette per mille in due terzi dei comuni italiani sulle seconde case – gli assessori sono voraci.
C’è un mondo di fuori che è putrido. Che dovrebbe essere il nostro mondo, la città, la società, la cultura, l’Italia che ci tiene in vita malgrado le eterne frasi fatte di sempre col barbiere e il macellaio. Ed è invece pregna di furbizia, faziosità, cretinismo, fino a scoppiarne.
Ho cambiato il giornale, lasciando quello nel quale sono cresciuto, la coscienza laica della nazione. Perché appunto si specializzava in cazzate, purché urticanti, un pugno nello stomaco, un calcio nei coglioni, eccetera. Ho preso questo, che tutto sommato è il giornale dei vescovi, a partire da quel bacchettone di Bazoli. Insomma, non c'è rimedio. Non alzarsi alle sei? Non leggere il giornale? Ma c’è un totalitarismo dell’informazione (dell’opinione pubblica, poveretta) contro cui è dovere civico opporre resistenza.
Poiché non è possibile fare i partigiani alla macchia, proviamo con gli appelli. Presidente Napolitano, lei che ha a cuore la libertà di stampa e del pensiero, spenda una parola buona col Lor Signori. Che ci facciano un giornale. Se non eccellente, che almeno non ci prenda in giro. Siamo nella società totalitaria dell’ipocrisia e l’idiozia, e lei ne è il Presidente. Si ribelli.

Il mondo com'è - 21

astolfo

Anticapitalismo – Quello di sinistra è ormai solo di destra – antimarxista: estetico, aristocratico, apocalittico, superomista. Identico anche il non detto: il disprezzo della libertà.

Capitalismo - È caduto con la crisi l’ultimo appiglio dello spirito protestante del capitalismo – che in Italia si attribuisce a Max Weber. Si sapeva che il capitalismo è stato cattolico, e ebraico, prima e dopo la Riforma. Dove l’indagine di Weber poteva verificarsi è nel fatto che il capitalismo moderno, che è la democrazia liberale, si realizza correttamente, e forse al meglio di se stesso, là dove c’è un pluralismo sociale reale, cioè un concorso d’interessi. Questo avveniva nelle società protestanti: Usa, Regno Unito, Scandinavia. In Francia e in Italia, e nella stessa Germania, a metà cattolica, a metà pietista, il capitale non è libero – regolato cioè da leggi uguali per tutti – ma è sanzionato dal potere politico: è il governo e non la legge che decide se una azienda va protetta oppure no, e perfino se va fatta fallire oppure no. Ora questa differenza, se mai c’è stata, non c’è più.

Lavoro - È aristocrazia. Solo con l’applicazione si realizza il bello-e-buono. Anche attraverso la pause, certo – il tempo è fatto di pause. Se non si costruisce non si è.
Il borghese fallisce quando accumula per non più lavorare – per non accumulare: i figli disappetenti e tutti coloro che vivono di rendita. I borghesi di Zola possono essere così sordidi solo perché vivono di rendita, o quelli di Gadda, ancorché elemosinata. Compresi i figli che s’immaginano la rivoluzione, sempre per disappetenza, mangiandosi svogliati le consonanti.

Medio Evo - È il minimo comune denominatore europeo, il punto in cui i barbari, slavi, tedeschi, britanni, vichinghi, si sono messi alla pari con i civili. Tra il prima imperiale e il dopo rinascimentale – durato fino a tutto l’Ottocento, la rivolta dei barbari è il Novecento.
È il Medio Evo del bruto feudatario e del fabbro. Non di altri mestieri che, per esempio il muratore, avrebbero perpetuato l’antica divisione tra barbari e civili. Per non parlare dei mestieri riflessivi, come il ciabattino – per il quale bisogna portare le scarpe.

Novecento – È, in Europa, i barbari al potere. Fino a tutto l’Ottocento i barbari, slavi, tedeschi, vichinghi, integrati in qualche modo nella civiltà nei lunghi secoli del Medio Evo, hanno cercato d’imparare anche il Rinascimento, con qualche difficoltà. Il corso è durato quattro secoli, fino a fine Ottocento, quando hanno pensato di avere imparato abbastanza.

Occidente – Lo distingue la condizione della donna, e dei diritti umani in genere, così si dice. No, lo distingue l’amore, la metafisica dell’amore. Che non c’è nelle altre culture, in africa o nell’islam, tra gli Aztechi o i Maya, in Cina, in Giappone, in India - c’è arrivato nel Settecento, con la Monaca portoghese, è di diritto comune dagli anni 1930, col cinema.

Pedagogia – È la scienza umana in più grande richiesta, proprio mentre, o perché, la sua istituzione specifica, la scuola, perde identità e si demoralizza. Le masse di turisti che pendono dalle labbra di ciceroni improvvisati, le masse che bevono reverenzialmente la tv (“l’ha detto la tv”), le masse acculturate delle visite guidate, per le quali i musei si sono riorganizzati in funzione didascalica e semplificata.
La crisi della scuola ne è una causa, più che un effetto: non c’è nessun orgoglio nell’aver fatto una buona scuola (un tempo si vantava anche una semplice licenza elementare: “Ho fatto un’ottima quinta”), mentre c’è di qualsiasi viaggio o gita fuori porta. Mancando di criteri di giudizio, naturalmente ci si accontenta di assicurazioni: “il più antico”, “il più grande”, “il più ricco” eccetera. La rassicurazione è la chiave di questo bisogno di pedagogia. Non è una domanda di cultura – d’intelligenza critica – ma di sicurezza. Così è vissuta la storia, come un altro evento dell’attualità. I cui elementi di lettura devono essere semplificati: rassicuranti e inadeguati. L’Occidente si è messo al passo della civilisation americana, in non molto tempo, trenta, forse quaranta, anni. Di masse inacculturate, che tuttavia ritengono proprie la cultura greca e quella romana, e l’opera omnia di Bach, e se ne appropriano attraverso il criterio pseudo-agonistico del “più”. Sono così contenti, e oltre non vanno. È la “vecchia” civiltà di massa, di cui si temeva l’avvento e che ci ha già seppelliti.

Psicanalisi – Fa della liberazione una prigione a vita: l’analizzato-ando non ascolta più, e forse non sente, imbozzolato nel suo sé liberato-ando. Nell’informe, irrealizzato e irrealizzabile concetto del sé, e del sé “realizzato”. Parola che non ha nemmeno un senso. Eh sì, l’analista agisce proprio come il quaresimalista sulle beghine – solo al rovescio, prospettando la salvezza attraverso l’affermazione invece che attraverso la rinuncia.

Nata per curare l’isteria, avrà indotto la depressione. Altra malattia incerta, ma sicuramente di massa e indotta, che comunque si cura solo chimicamente. L’analisi, che non sa curarla, non l’avrà idotta, anche nei non pazienti? La induce indirettamente, per il tipo di liberazione che prospetta.

Sarà stato detto che è una forma di preghiera, sebbene al dio sconosciuto. Non è infatti una confessione, è un’iterazione liturgica. Come il pep talk, è ripetitiva e ossessiva. E a carattere sadomaso invece che autocompassionevole. Cioè, l’autocompassione è volersi puniti. Anche per il peso che vi ha il sesso – o non sarà l’antisesso?

Pubblicità - È autoreferente, giustamente creatrice di miti. Si è indotti a credere alla propaganda, per quanto sfrontata, non per la sua superiore razionalità (subconscio, sublimine, eccetera, troppo sub) ma per la sua modalità ripetitiva. E alla fine non ci sono limiti: si compra, e si apprezza, l’inesistente, si crede a tutto, anche non credendo, si elimina l’avverso-ario.

Rivoluzione – È tornare allo stesso posto, e dunque? In greco, attesta Savinio, è kìnema, cinema.
Socialismo – Non è stata una buona idea legarlo all’economia. L’economia ha un peso e un’estensione enorme nel benessere. Ma non da ora, da qualche millennio, diciamo all’inizio dell’era romana. Da ora, diciamo da un paio di secoli, domina il mondo (sicurezza, stabilità, equilibrio, voglia di vivere, socievolezza), l’uomo, la personalità. E questo è male. È una mutilazione del potenziale mano. E una strada senza sbocco, anche se non intravede un’altra, per un periodo presumibilmente ancora lungo. Se il socialismo non è che economico, è impossibile. Gioca al gioco della ricchezza, che in questo suo essere economica, di commerci, profitti, proprietà, sembra debole, e invece fa il suo gioco, per quanto limitato e frustrante.

astolfo@antiit.eu

mercoledì 19 agosto 2009

Ombre - 25

General Motors si tiene Opel. Ora che il gruppo è fuori dall’amministrazione controllata, e il mercato europeo mostra segni di ripresa, la vendita farsa che questo sito spiegava il 28 maggio non ha più ragione di continuare. Se non per le settimane che servono ad Angela Merkel a vincere le elezioni, avendo salvato il secondo manifattore nazionale di auto, e a metterci dentro ancora qualche miliardo.
L’esito è anche giusto: che sarebbe Gm senza il mercato europeo? E irrilevante. Non fosse per il provincialismo che sempre alligna a Torino. Marchionne per la verità s’è defilato, deve avere capito di che si trattava già a maggio, alla cosidetta asta, con inverosimili concorrenti russi e canadesi - per il secondo o terzo maggiore gruppo automobilistico europeo. Ma Montezemolo e i suoi non ci risparmiano ogni giorno la loro disponibilità a comprare Opel.
Questo pone anche il quesito se Marchionne a Torino non sia uccello raro. Un’eccezione, e forse un caso.

Si dicono le peggiori porcate dell’Avvocato Agnelli, a opera dei legali della figlia e della figlia - unica, più o meno, prediletta. Nessuno che dica che la figlia è quella che è. O almeno che testimoni che l’Avvocato, che tanti ha beneficato, non era un ladro e un evasore fiscale. Montezemolo, Galateri, un ex manager qualsiasi della Fiat o di Ifil, un ex direttore del “Corriere”? Il nipote John Elkann, a cui ha lasciato tutto?

Calano tutti i consumi, aumentano le spese per il telefonino. L’italiano dunque è un ansioso, che digita in continuazione per sapere chi lo ha o non lo ha chiamato. E un chiacchierone, del genere diarroico: uno che spende per dire l sue minute occorrenze.

Non si gioca più da tempo al totocalcio, dove ci sono sempre molti vincitori. E sempre meno alle Lotterie, che anch’esse hanno vincitori sicuri. Si gioca al Gratta e Vinci e al Superenalotto, dove qualcuno di tanto in tanto vince, ora addirittura una cifra stratosferica. Cioè si gioca per giocare, non più per bisogno.

Fuochi d’artificio in Borsa su M&C. Cioè sul nulla. Non fosse la sigla una creazione di Carlo De Benedetti, di cui è l’ultimo (?) marchingegno finanziario. Come già la Cartiera d’Ascoli, Cdb WebTech, e altre scatole vuote. Quale sarà il segreto per cui quest’uomo poi fa la morale alla politica e all’economia dell’Italia? Osannato dagli stessi - su tutti Scalfari, ma s’immaginano dietro di lui tanti convinti investitori - cui ha preso tutto.

Don Gelmini festeggia Ferragosto nell’Aspromonte, terra come si sa di banditi e latitanti. Ma non si nasconde, anzi convoca i giornalisti per dire: “Hanno cercato di farmi del male perché spno vicino a Berlusconi”. E magari è vero. Il prete è accusato di pedofilia, ma da gente un po’ adulta, e come è normale nel suo ambiente un po’ bugiarda.

Su uno stock di 280 mila libri in inglese a prezzi dimezzati, una libreria online ha 70 mila titoli di biografie e autobiografie. Il genere dunque più venduto, dopo il religioso: i padri pellegrini amano confessarsi.

La Corte di Cassazione stabilisce che un marito islamico non ha diritto di picchiare la moglie perché “la fede islamica, ove pure non sancisca la aprità dei sessi nel rapporto coniugale, tuttavia non autorizza i maltrattamenti da parte del marito”. La Corte di Cassazione italiana, non quella di Timbuctù. Non perché la legge italiana non autorizza i maltrattamenti, ma per l’autorità della “fede islamica”.
Un giudice di Cassazione è pagato come un deputato, ma non è amovibile.

A Reggio Calabria il congresso del partito Democratico si prepara tra il segretario del partito Strangio e il Democratico Riformista (franceschiniano?) Naccari con accuse reciproche di arricchimento illecito. Naccari accusa Strangio di circolare in Jaguar, che è vero, Strangio accusa Naccari di girare per la città in “Suv superaccessoriato” Bmw X5, che è vero.

Le scuderie inglesi dicono no alla Ferrari per schierare Schumacher al posto di Massa, dopo il terribile incidente di quest’ultimo. È questo lo spirito sportivo inglese, la perfidia. Non è una novità, e forse per questo i perfidi giornali italiani omettono di segnalarla.
Come al solito, le scuderie inglesi dicono che la colpa è della Ferrari, che non avrebbe consentito a una di loro di schierare un terzo pilota. Trascurando di dire che non c’era stato nessun incidente ai piloti titolari.

Per il “Corriere della sera” Maria Teresa Meli, giornalista in bicicletta, intervista seduta Emiliano. Il sindaco di Bari, magistrato, che ha vinto la conferma con l’aiuto determinante del procuratore Scelsi, suo collega, dice che i magistrati della Dda (lo stesso Scelsi, n.d.r.) non sono competenti in materia di sanità. Sì, evidentemente, in materia di buoncostume, che gli ha valso infine la riconferma.

Per la verità, il “Corriere” premette che Emiliano è stato “rieletto alla grande per la seconda volta (per farla breve, uno dei pochi del centrosinistra che alle ultime elezioni ha vinto)”. Mentre invece è stato costretto al ballottaggio, e lo ha vinto solo in grazia della D’Addario, che Scelsi aveva in serbo.

Lo stesso Emiliano, beneficiato da D’Alema, che gli ha rifatto la città in cinque anni, anche se ciò malgrado lui stava per perdere la conferma alle elezioni, si lamenta che ci sono troppi dalemiani in giro per la Puglia. Si può dire tutto, anche al maggior giornale italiano, coscienza della nazione. Del resto, lo stesso (ex) patrono di Emiliano pare si compiaccia di far sapere che lui va in barca con il comandante della Finanza Poletti, che è anche il numero due dei servizi segreti. Come a dire: stateve accuorti!

Super Campanile d'America

Questo Bradbury è un Super Campanile, uno che si crede – creduto. E viaggia a Parigi con l’autista - seppure continuando a situare i Medici a Venezia. Ricordato da tutti i fidanzati, boy friend e amanti delle figlie, che con lui mantengono i rapporti, uomo oltre che autore felice. L’appendice a “Tangerine”, intitolata “Metafore, la colazione dei campioni”, ne è la prova. Fuor di metafora.
È vero che la letteratura è i suoi critici. Compresi gli editori e gli apparati industriali. "One more for the Road" che dà il titolo originale alla raccolta di "Tangerine", è anche un racconto ermeneutico, se il genere esiste o è da creare, quindi unico, "il primo e più lungo romanzo interstatale". Prima e più di "Sulla strada" naturalmente.
Ray Bradbury, Tangerine
Ray Bradbury, Paese d’ottobre

domenica 16 agosto 2009

L'assonante Scialoja allitterato

Il titolo “Versi del senso perso” è di Scialoja e sembra tradire lo spirito delle sue poesie. Ma ne sottolinea invece il senso recondito, perso come vago e nuovo - sono i giochi di parole a cui forse pensava Wittgenstein quando voleva rifondare il linguaggio. Il libro è del 1989, e raccoglie i sei libri di poesia pubblicati da Scialoja dal 1971, a quasi sessant’anni, al 1985, con le poesie scritte dal 1961 al 1980: sono titoli, poesie e, nelle edizioni originali, illustrazioni: “Amato topino caro”, “Una vespa, che spavento!”, “La stanza la stizza l’astuzia”, “Ghiro ghiro tonto”, “La mela di Amleto”, “Tre lievi levrieri”. Scialoja si diverte con le assonanze insistite, le allitterazioni, una girandola di anagrammi, l’assortimento del rimario, che è incongruo e non lo è, e calchi di versi noti, letteralmente vi sprofonda. Generando, seppure solitario, il nonsense e il limerick italiano, come Calvino al solito dice giusto già per la prima raccolta. Un limerick libero, non nella metrica – che oggi non si rispetta peraltro neppure in inglese, le regole ritmiche e quantitative - ma sì nello spirito: gli stessi temi, gli stessi riferimenti (geografici, zoologici, storici), lo stesso senso musicale, nella svagatezza. Ne è esemplare il più celebre, anche se rispetta le regole del genere: “Il sogno segreto\ dei corvi d’Orvieto\ è mettere a morte\ i corvi di Orte”.
Ma è una forma che resta in italiano infantile, una forma di dialogo con i bambini e di rappresentazione liberamente fantastica del mondo. Come per l’autore classico per bambini del dopoguerra, Gianni Rodari. I versi più tardi, nella raccolta “La mela di Amleto”, sono allucinati.
Toti Scialoja, Versi del senso perso, Einaudi, pp. 285, € 14,50

Il Sud è com'era

Trentasei comuni della Piana di Gioia Tauro visitati in un mese e mezzo, due. Sei mesi dopo il terremoto del 1908. Con la rilevazione di una ventina di indici diversi, istruzione, sanità, fisco, amministrazione pubblica. A opera di un vicentino, Malvezzi, e di un piemontese, Zanotti-Bianco. Un lavoro non preciso, s’immagina, benché dettagliato. E tuttavia la ristampa dopo un secolo – le “Note” sono uscite nel 1910 - sembra di un libro attuale.
L’incuria è forte. La religiosità pure, con grande sperpero di denaro per le feste religiose. Il latifondo, ce occupa gli storici calabresi, vi è sconosciuto: “La proprietà vi è fazionata oltre ogni credere”. I luoghi sono feraci, di olio, di vino, di ortaggi, ricchi di350 frantoi: “La Piana di Gioia, che si estende dalla marina fin dentro l’Aspromonte, è uno dei più incantevoli paesi d’Italia”. Lo Stato non c’è – c’è ma è come se non ci fosse. E il ceto politico: “Ricordo”, scrive Zanotti-Bianco, “con che senso di meraviglia un deputato raccoglieva da noi informazioni sui paesi più abbandonati del suo collegio”.
Bene, non è cambiato nulla. Cioè male. Dei 33 comuni di cui i due studiosi hanno indagato i bilanci, l’80 per cento delle entrate era dato dalla sovrimposta sui terreni e i fabbricati, uguale per tutti, a prescindere dal reddito complessivo dei soggetti, e dai dazi al consumo, l’Iva di oggi, in aggiunta alla patrimoniale e ai dazi del governo. Il contributo del governo non arrivava al 5 per cento del bilancio dei comuni. Imposta e sovrimposta sui terreni erano quelle di quarant’anni prima, quando il vino valeva il doppio, e i vigneti non erano stati colpiti dalla filossera, e l’olio tre volte il prezzo corrente.
I sussidi dello Stato sono indirizzati alla scuola. Ma sono una miseria: i Comuni spendono per la scuola un quinto delle entrate, lo Stato contribuisce per appena un sesto della spesa. “Interamente privo di sussidi governativi è il settore sanitario”. Niente anche ai lavori pubblici. Edifici scolastici compresi. Neppure dopo il terremoto.
Il divisionismo
Opera d’insolita intelligenza anche fuori della statistica, là dove affronta la futura storia delle mentalità, con la “personalità dei paesi” di Rodenbach: ogni paese “ha, si può dire, uno «stato d’animo» che lento s’insinua, che non sentito s’inocula in ci lo vive e lo soffre”. Uno Squillace “studioso della questione meridionale”esperto del Meridione si segnala con questa citazione da antologia: “La ragione prima della lentissima evoluzione della Calabria va ricercata in certe passate condizioni di fatto che hanno formato quello spirito di individualismo che pirta non al separatismo, a cui nessuno pensa, ma al divisionismo; cioè alla mania di appartarsi ognuno per sé, contento di un ideale ristretto qual’è quello della propria famiglia o del proprio villaggio, e che porta, per immediata e necessaria conseguenza, il concetto esagerato della propria individualità. La solidarietà sociale è in Calabria un’idea inconcepibile, e la cooperazione delle forze un fatto finora quasi impossibile. Questo divisionismo, alla sua volta, non è che l’effetto dello stato di profonda ignoranza che rappresenta non solo un ostacolo passivo ma una forza attiva che agisce contro il progresso”. E quanto attiva…
La storia certo può cambiare. Gerace, che i pochi anni di deputazione di Vittorio Sgarbi hanno mutato in città di arte e storia, è ricordata da Malvezzi e Zanotti-Bianco per “le grotte trogloditiche”. Fra un secolo ci sarà magari uno Sgarbi per tutto l’Aspromonte occidentale, che pure è tanto ricco.
Giovanni Malvezzi, Umberto Zanotti-Bianco, L’Aspromonte occidentale, Nuove Edizioni Barbaro, pp. 180, € 12