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giovedì 3 settembre 2009

Quando c'era la Cortina di ferro - 2

Con l’archivio generoso di “Repubblica” raccontiamo alcuni aspetti del ricchissimo 1989, venti anni fa, che i giornali, vuoti, non raccontano: il comunismo sovietico che finisce nel disonore

12 luglio
'UNGHERESI, E' GRAZIE A VOI CHE CADE LA CORTINA DI FERRO', di Andrea Tarquini
BUDAPEST – “Grazie ungheresi, saluto questo vostro paese splendido dove la cortina di ferro sta cadendo”. Così Bush, quando oggi all’una parlerà all’università Carlo Marx dove nel ‘56 studenti professori e soldati avevano uno dei comandi operativi nella guerra contro gli invasori russi esalterà la sfida di Budapest all' impero costruito da Stalin. La piccola frase non è stata ancora pronunciata ma i media l’hanno già rilanciata e al brindisi di ieri sera Bush è andato anche oltre: “Dalla Cina all’Ungheria, dalla Polonia all’Urss, ha detto, le idee democratiche avanzano con slancio”…
Già ieri, sotto una pioggia torrenziale, Budapest ha regalato al presidente americano un’esplosione di gratitudine, il più grande raduno popolare dopo lo storico funerale di Imre Nagy. È un appoggio che la nuova Ungheria non ha mai avuto da nessuno, né dall’Europa occidentale né da Gorbaciov. E qui più che a Varsavia Bush ha conquistato i cuori. Grazie, avete sfidato questo temporale per darmi il vostro affetto, ha detto parlando sotto il monumento all’eroe del risorgimento Kossuth, su quella piazza dove i carri russi spararono a zero sulla folla, dove sorge il Parlamento dove dall’anno prossimo con il voto libero i comunisti potrebbero essere minoranza.

15 luglio
L’Europa tentenna
UN DOPPIO 'NO' INAUGURA IL SUMMIT, di Vittorio Zucconi
PARIGI - Il vertice dell’armonia e della celebrazione comincia invece con il ping-pong dei no…. Secondo indiscrezioni di parte francese, nell’incontro a due fra Bush e Mitterrand, ieri prima della cerimonia formale di apertura, il francese ha criticato duramente l' americano per la sua richiesta di ritiro sovietico dalla Polonia, considerata irresponsabile, mentre Kohl, l' unico tra gli europei che ha davvero i soldi per lavorare con l’Est gli ha rimproverato l’eccessiva insistenza sulla privatizzazione capitalista di quei due paesi.

10 agosto
BONN REPLICA ALLE ACCUSE DELLA RDT 'NON SPETTA A NOI BLOCCARE I FUGGIASCHI”
BONN – L’accusa di Berlino Est al governo di Bonn di interferenza in questioni di sovranità nazionale della Repubblica democratica tedesca e di tentativo di ricatto nei confronti di altri Stati ha suscitato le risentite proteste di Bonn. La causa delle difficoltà attuali va cercata unicamente a Berlino Est, ha affermato il responsabile del gruppo di lavoro per le questioni intertedesche della cancelleria, Duisberg. È compito della Repubblica democratica tedesca ha proseguito Duisberg creare condizioni tali da eliminare la pressione dei suoi cittadini ad abbandonare il paese. Da sempre la Germania Est cerca di frenare l' emorragia di cittadini desiderosi di andarsene ma il paese si spopola lo stesso. Secondo fonti del ministero per le Relazioni intertedesche di Bonn, nel 1988 sono stati 29.033 i cittadini che hanno abbandonato la Germania Est con il benestare delle autorità locali e 590 quelli che sono fuggiti senza autorizzazione. Quest’anno invece già alla fine di luglio erano 46.639 i permessi di uscita e 563 le fughe, concentrate per la stragande maggioranza negli ultimi due mesi. Nel solo mese di giugno sono arrivati 10.625 transfughi autorizzati e 140 fuggitivi e nel mese di luglio le autorizzazioni sono state 9.563 mentre le fughe sono vertiginosamente aumentate a 463.
(continua)

Muoiano i filistei

Stava quasi passando l’anno senza una sorpresa di Berlusconi, l’uomo delle sorprese – D’Addario, francamente, è una porcata. E non poteva essere. Le querele finalmente portano un po’ di novità. Per quanto, quelle contro “Repubblica” e “l’Unità” sono scontate. Ci vorrebbe una bella querela contro l’“Avvenire” e i vescovi. Ma non bisogna lamentarsi: Berlusconi che ricorre ai giudici di “Repubblica” e “l’Unità” contro gli stessi giornali è una bella partita. È molto di più che Zenga contro Mourinho - uno che, come l’indimenticabile Bagnoli diceva di Maradona, può perdere solo facendosi autogol.
Intanto stiamo tutti a chiederci cosa vuole Berlusconi, che per lui non è male. Alcune cose però sono certe. Una è che non sarà Berlusconi a liberarci della peste dei dossier che ha annientato la sinistra e la Repubblica. Anzi, due, Berlusconi punta a tenere l’Italia avvinta alle sue capacità amatorie. Contro l’eunuchismo – un tempo si sarebbe detto gesuitismo – dei vescovi. Ci sarà da sorbirsi quindi, chissà pure in tribunale, la D’Addario a testimone, una che per l’età e la complessione bisogna essere veramente eretti per farsela, senza le iniezioni della Litizzetto nelle cavità. Ma ci saranno anche frotte di minorenni, che testimonieranno su “Novella” e su “Chi” quant’è bello Papi.
Ma, poi, non punterà Berlusconi, l’uomo delle tre punte, anche lui a un autogol? Sì, a imbordellire il tutto, novello Sansone che scuote le colonne, ma col preciso intento di far cadere tutte le altre se necessario eccetto la sua? Si veda intanto Fini, uno che pensava di fare il Solone e invece si è subito sentito punto e quasi sgonfiato. È una pista da seguire con attenzione. Magari Feltri, dopo Boffo, punterà su di lui - poiché non ci pensano la Litizzetto e gli altri comici.
Imporre l'agenda
Il fatto è - dovrebbe essere - ormai noto: Berlusconi impone l'agenda, sia pure triviale. Un fatto, un metodo politico, che è anche il segnale costante della incapacità dei suoi oppositori - della loro mpossibilità di essere, liberali e francescani, o berlingueriani. Ora la fa imporre pure da Feltri. Se è co l'acqua alla gola, si vede che ha polmoni fortissimi in apnea, poiché è lui che se la gode. Con Boffo e le ridicole cause sulla sua potenza sessuale ha colto due piccioni in una fava, per dirla come Gomez-Travaglio: spernacchia, dopo i magistrati, i giornalisti. Che sono, dopo i magistrati, la categoria più temuta e disprezzata - e non è possibile altrimenti, è il genere: mai nessuno scrittore di pettegolezzi è stato amato o apprezzato.
Si parlerà di libertà di stampa, di nuovo di fascismo, di morale, e di onore offeso dell'Italia. Facendone colpa a Berlusconi, ma suscitando anche la domanda: che altro può fare per difendersi, se non una causa in un tribunale? In particolare, Berlusconi mette in ridicolo i giornali-partito: "l'Unità", che è un giornale d'opinione ma pensa di essere sempre l'organo del potente partito Comunista, e "la Repubblica", che è un partito, anche se del 2 per cento, ma pensa di essere un giornale.
La pista nella fattispecie è questa: Berlusconi perderà le cause, fra dieci o venti anni, ma dimostrerà subito che i giornali querelati si basano su carte segrete dei peggiori servizi segreti, con le finte intercettazioni e i finti bocchini. Non subito, i Tribunali, benché civili, faranno di tutto per non far emergere quei dossier infetti. Ma non potranno tirarla in lungo indefinitamente: entro quattro anni, quando si voterà, i dossier dei giornali denunciati saranno chiariti, se non gli autori e i fruitori dei dossier. Se non lo fanno i tribunali lo farà Berlusconi, e avrà preso due piccioni con una fava, anche il piccione giudiziario.

mercoledì 2 settembre 2009

Quando c'era la Cortina di ferro

Con l’archivio generoso di “Repubblica” ripercorriamo alcuni avvenimenti del 1989, venti anni fa, che ne fu ricco, e che i giornali, vuoti, non raccontano: il comunismo sovietico che finisce nel disonore

11 febbraio
MA L’IMPERO SOGNA L’EUROPA, di Paolo Garimberti
Il nuovo clima internazionale sta erodendo la Cortina di ferro, ha detto il ministro degli Esteri sovietico Eduard Shevardnadze.

22 febbraio
REPRESSIONE A PRAGA 9 MESI D' ISOLAMENTO AL DISSIDENTE HAVEL, di Andrea Tarquini
Nove mesi di carcere duro, regime di detenzione di secondo grado (quindi severo e restrittivo), cella d’isolamento e dunque sospensione di ogni contatto con la famiglia e gli amici. Con questa dura sentenza si è concluso ieri pomeriggio a Praga il processo contro Vaclav Havel, la prima istruttoria politica dell’èra Gorbaciov in Europa Orientale. Per il suo appoggio ai giovani scesi in piazza in ricordo di Jan Palach (lo studente che vent’anni fa si uccise col fuoco, in una disperata protesta contro l' invasione sovietica) il noto drammaturgo, esponente di punta di Charta ' 77, è stato riconosciuto colpevole di istigazione a violare la legalità socialista e resistenza a pubblico ufficiale. A nulla sono valse proteste e petizioni.

3 maggio
È CADUTA LA CORTINA DI FERRO AL CONFINE AUSTRO-UNGHERESE
La Cortina di ferro è andata in frantumi ieri mattina, sotto una pioggia insistente... L’Ungheria, priva della sua porzione di Cortina di ferro, potrebbe infatti diventare il paese ideale per tentare le fughe.

9 agosto
GRANDE FUGA DALL'EST
CRISI D' ESTATE TRA LE DUE GERMANIE, di Andrea Tarquini
È TORNATO IL DESIDERIO DI FUGA
A EST SI PREPARANO RESTRIZIONI
In giugno 12.500 transfughi dalla repubblica di Honecker
Sono migliaia i profughi della Germania Est che negli ultimi mesi hanno letteralmente preso d’ assalto le missioni diplomatiche della Germania Occidentale, di Praga, di Budapest e quella di Berlino chiusa lunedì notte. È la dimostrazione più evidente che il sogno della fuga all’Ovest sta nuovamente dilagando in questi ultimi mesi tra la popolazione tedesco-orientale. Una manifestazione di malcontento senza precedenti che preoccupa non poco le autorità di Berlino. I canali di fuga infatti sono tanti e non si limitano alla richiesta d’asilo alle missioni diplomatiche. Mentre continuano senza sosta i tentativi di fughe spettacolari attraverso il Muro, almeno un milione di cittadini, meno ardimentosi ma ugualmente desiderosi di andarsene, hanno avviato infatti la regolare pratica ufficiale di richiesta di permesso di emigrazione in Occidente. Secondo fonti di Bonn, nel solo mese di giugno, 12.000 e 500 cittadini della Germania Est si sono trasferiti in qualche modo all' Ovest.
(continua)

La solidarietà più dura del terremoto

C’è un Abruzzo di cui non c’è traccia nel dopo terremoto, ed è quello del turismo annientato. Contro il quale, per il quale, l’unto del Signore Berlusconi nulla ha potuto, che pure, pare, sta facendo già ricostruire le case, subito e non fra vent’anni. Né il paese generosamente mobilitato, con raccolte, concerti e veglie. Migliaia di esercizi hanno chiuso o sono con l’acqua alla gola perché i turisti sono scomparsi. Tutti, letteralmente. Nella riviera che era una delle più apprezzate, pochissime le presenze, da Martinsicuro a Vasto. Mentre erano affollate le spiagge due o tre chilometri più in là, Porto d’Ascoli, Montenero. Anzi, se non c’erano i terremotati, ospitati dal governo, non c’era proprio nessuno. Nessuno in montagna, né in gita né in villeggiatura. Fermo lo stesso turismo locale, religioso, che movimenta dalla primavera ogni fine settimana migliaia di pullman. Per la paura del terremoto.
Una paura inconsistente, certo. Il terremoto, se è già avvenuto, è la migliore garanzia che non tornerà nell’immediato. Ma la psicosi da terremoto è stata alimentata quest’anno come non mai dalle televisioni, senza che nessun’altra disgrazia sia intervenuta a salvare l’Abruzzo da questa infausta attenzione – si conferma qui che la D’Addario è ininfluente. L’attenzione, tanta, troppa, ha ucciso si può dire l’Abruzzo. Alla paura portando gli stessi abruzzesi, se hanno abolito il pranzo fuori porta e il pellegrinaggio. L’area terremotata è ridotta, ma tutto ciò che si può dire abruzzese ne ha sofferto, è bastata la parola.
L’inerzia è dovuta a una malintesa solidarietà: molte manifestazione di aiuto ai popoli terremotati, che invece, loro e i loro parenti e vicini, avrebbero avuto bisogno di normalità e voglia di fare. Può uccidere anche la solidarietà. Girando per la regione, la mestizia è il segnale prevalente. Tristi i promotori locali, le pro loco, le associazioni, i parroci. Niente feste patronali, niente feste laiche, solo solidarietà. Assassina.

lunedì 31 agosto 2009

Problemi di base - 17

spock

Perché gli animali non sono mai brutti, mentre gli essere umani lo sono spesso? Sproporzionati, goffi.

Perché don Giovanni è triste?

(Mentre sembra risolto il precedente Problema: Perché Berlusconi non ha l'amante?, del 16 giugno 2008, un altro si propone:)
Perché Berlusconi continua a ridere?

Perché non si ride in Dante?

E nella Bibbia?

C’entra l’ano in analfabeta?

È il sesso ossessione?

Se per la fisica la materia è neutra, non siamo per caso tutti morti?

Perché i libri ereditati non si leggono, e anzi si vendono?

spock@antiit.eu

Ombre - 26

Ludibrio sul “Corriere” oggi di Boffo, dell’“Avvenire”, dei vescovi, con la scusa di provare che c’era un dossier sugli stessi, che circolava da tempo. Che “Repubblica” risparmia ai suoi lettori, pur avendo le stesse carte, come dovrebbe essere ovvio se circolavano da tempo. L’informazione scandalistica è come la mafia, che sempre s’incarta – c’è sempre uno più mafioso degli altri. Dopo avere fatto molte vittime e anche stragi.

Ritorna sui giornali il racconto. La domenica, su alcuni giornali. Domenica Andrea Vitali sul “Sole 24 Ore” e Giancarlo Perna sul “Giornale” hanno più o meno lo stesso racconto: qualcuno che dall’Argentina arriva in Europa, in Italia quello di Vitali, a Bruxelles quello di Perna. Lavorano in pool, per non sbagliarsi, anche le redazioni culturali?

Grande risalto su “Repubblica” al “Wall Street Journal” che scrive di Berlusconi e la chiesa. Un articolo che accortamente presenta il “Wsj” come un giornale di destra, quindi la critica a Berlusconi doppiamente sapida.
Un articolo più lungo dell’originale. Che evita di dire che si tratta di un giornale di Murdoch, che contro Berlusconi ha in corso una battaglia stratosferica, per la sfida di Mediaset-Sky alla sua Rai.

I giornali di Berlusconi dicono sempre di cosa è accusato il padrone. Su “Repubblica” non c’è una parola sul mega appartamento dei Parioli acquistato dal direttore Mauro con un miliardo in nero. E forse a sconto – comunque da un personaggio in lite in tribunale col giornale.
Forse per facilitare il compito a Berlusconi? Che così può dire che il giornale fa la morale con editore in Svizzera, seppure solo per sfuggire al fisco, e un direttore ai Parioli, e pure evasore fiscale.

Riecco, immancabili, i dossier di destra. È anche più naturale, che i dossier siano di destra.
“Come mai i dossier colpiscono e abbattono sempre e soltanto le persone invise a (una certa) sinistra?”, spock si chiedeva il 23 giugno su questo sito in uno dei suoi Problemi di base: “I dossier che magistrati felloni compilano – una volta erano i «servizi deviati»”. E: “La corruzione è a destra? Ma si penserebbero i dossier roba di destra”. E la risposta, lenta, è arrivata.
È l’inizio della liberazione della sinistra? Dai cronisti giudiziari?

Il direttore di “Avvenire” Boffo può dire che non è vero, che non ha molestato una giovane perché lasciasse “libero” il marito, o fidanzato che fosse, suo amante. Che sono due delitti agli occhi della chiesa: un divorzio, un’unione omosessuale. Invece fa la predica, insinuando la vendetta di un redattore respinto da “Avvenire”. Giovane?
Boffo è stato processato e condannato, dice, per un aspetto marginale della vicenda, le troppe telefonate alla giovane partite dal suo cellulare. La querela, dice, è stata ritirata. Per pressioni di che tipo sulla giovane, morali, finanziarie?
Strafottenza? Con una Procura e un Tribunale, a Terni, famosi come mangiapreti? No, è il vizio dei preti, che sempre si assolvono.

D’Avanzo fa un’analisi semantica su “Repubblica” domenica per dimostrare che la “nota riservata” di Feltri su Boffo molestatore è opera di un maresciallo. Ma non dice che lui lo sa anche senza la semantica. Né ha mai detto da quali note riservate lui ha saputo di Noemi, o la Sarzanini di D’Addario. Né dice quello che tutti sanno, che i marescialli sempre compilano “libere” note di servizio, preferibilmente a discapito dei belli-e-buoni della Repubblica.
Il giornalismo in mano ai cronisti giudiziari decisamente è poco semantico, i corridoi delle questure non lo sono. Anche il gossip in mano a loro puzza, che è invece accattivante e magari arrapante trattato dai fotografi, e dalle redattrici specializzate.

In cinque pagine sul “caso Boffo”, quattro più l’inutile Sofri, “Repubblica” limite il fatto a due righe. Annegate in una delle otto articolesse. Senza dire l’essenziale. Informazione?

È curioso (è doloroso avendoci lavorato, credendoci, credendo in una cultura laica) leggere ogni giorno su “Repubblica” dieci domande inquisitoriali a Berlusconi. Domande cioè che hanno risposte obbligate, l’essenza dell’Inquisizione.
A opera di un fascista. Nel quale però il giornale si riconosce, più che in ogni altro, e lo stesso Scalfari.
È curioso anche leggere questi scherzi inquisitoriali amplificati nei giornali stranieri, ma meno: il Kulturkampf non è mai morto, anche se i socialisti spagnoli e i liberali inglesi, per quanto altezzosi, non lo sanno.

Il ridicolo vero di questa vicenda è che Berlusconi non si sia fatto Noemi: l’ha patrocinata senza scoparsela, questo ormai è chiaro. Ha perso un’occasione, lui che ama fare il bambino de “il re è nudo”. Avrebbe rotto l’ipocrisia per cui una quattordicenne può abortire ma una diciottenne non può scopare. E il perbenismo non ipocrita di sua moglie, quella che la dà per assicurare il patrimonio, poi basta.

È violento Fini nella riconversione a sinistra, intimando ai deputati di fare “più laica” la legge sulla bioetica. È a sinistra quello che era a destra. Avrà sorriso il presidente Napolitano, che a sinistra c’è stato una vita, e ha saputo presiedere la Camera efficacemente e pulitamente come nessun altro, non d’autorità nelle pause fra un’immersione e l’altra.
È perentorio sempre, Fini, anche sugli immigrati. Non solo per la statura e il collo alto della camicia: è sempre il vecchio capo dell’oleografia, certo vestito da civile. Non è politico, non convince, asserisce – più spesso quello che tutti sanno. È uno dei pilastri della seconda Repubblica, e questo è già una buona spiegazione del deficit dell’Italia.

Muoiono a centinaia nel canale di Sicilia, ma non c’è emozione. Un po’ di politichicchia e basta. Compreso il giornale dei vescovi, che dice che è in atto una Shoah: si dice per non dire.
C’è indifferenza anche ai bagni di mare, esercizio indispensabile e irrinviabile, come si sa, quando sulla spiaggia c’è il morto sotto il lenzuolo. È la crisi italiana? È la condizione urbana, la disattenzione. Dove si è presi incessantemente dal niente, i consumi antropofagi. E dal tempo obbligato: pendolarismo, doppio lavoro, tempo libero. Una modernità che è solo divorante.

L’1 per cento di share perso dalla Rai (che poi non è vero) si merita la prima e una pagina intiera di “Repubblica”. Che nel titolo, nell’occhiello e nella finestra di prima ne dà la colpa al divorzio da Sky. Tutta la notizia è qui: perché “Repubblica” è paladina di Murdoch.

domenica 30 agosto 2009

La Dc, la droga dei vescovi

Il Vaticano con l’aborto, l’eutanasia, le unioni omosessuali, e i cattolici celtici? È un fatto, c’è poco da meravigliarsi. Il free for all del debole pontificato di Ratzinger ha liberato gli istinti profondi della curia italiana, che sono poi quelli della vecchia Dc, e nessuna infamia – agli occhi della chiesa – è esclusa. Ci sono stati papi, del resto, che si alleavano coi turchi, contro re cristianissimi. I vescovi sentono profumo di Dc, e nulla più li tiene.
Nel fronte affrettato con “Repubblica” si trovano anche alleati a chi ne contesta l’8 per mille, l’insidia peggiore ai loro occhi, e tuttavia non ci vedono: la politica è la loro droga. Ruini li aveva tenuti a bada perché non avevano sponde in Vaticano, con il papa di acciaio polacco che aveva rotto nella curia le camarille italiche, con durezza, con costanza. Si trattasse di questioni di fede o del mercimonio dela Sacra Rota. Col papa tedesco è diverso: è anziano, è un bambinone, non ha voglia né il carattere per dedicarsi al governo della chiesa, figurarsi dei vescovi italiani.
Per anni i vescovi hanno atteso che Berlusconi restituisse i “loro” voti. Prima per l’atteso disfacimento del suo “partito di plastica”. Poi per la morte attesa dello stesso Berlusconi. Ora per l’aids morale trasmesso dalla D’Addario e dalla signora Berlusconi. Si dice che si siamo mossi per le sirene di Casini, ma i vescovi sanno chi è Casini, non erano nati quando lui era in politica. Sanno invece per esperienza, avendo dovuto fare i confessori, che dalle vendette delle donne non ci si salva. E si rivedono già nel loro vecchio ruolo di power broker, nei grandi affari e nelle minute questioni quotidiane – ruolo, a onor del vero, anche dei mullah mussulmani.
Non manca fra i vescovi il frescone, quello che è comunque contento di uscire sul giornale, come in un gogoliano racconto. Ma i più sono mossi dall’inestirpabile vizio della politica. Recenti studi e il cardinale Ruini hanno certificato che in questi quindici anni senza Dc la chiesa ha avuto tutto quello che voleva e anche di più, una legislazione e una pratica compiacente in materia di scuole e cliniche private, e di opere assistenziali (Aids, droga, anziani, immigrati), e una netta chiusura alle legislazioni laiciste in materia di matrimonio, buona morte, bioetica, perfino di ora di religione e di crocefisso negli uffici, nonché una disponibilità e rendere più restrittivo l’aborto. Ma i vescovi sono impermeabili al calcolo dei profitti e perdite quando si tratta di comandare.

"Repubblica" e "Corriere" affondano l'Inpgi

Centoventinque prepensionamenti di cinquantottenni mettono in crisi l’Inpgi, la previdenza dei giornalisti, ottantacinque di “Repubblica” e quaranta del “Corriere della sera”, i maggiori e più ricchi giornali italiani. Si è dibattuto molto in consiglio d’amministrazione su questa ondata di prepensionamenti, che affossa per un lungo periodo, e probabilmente per sempre, la gestione dell’Istituto, ma alla fine ha prevalso l’orientamento politico: l’Istituto è gestito da una maggioranza di centro-sinistra, per il quale le due editrici sono schierate.
Ora, la paura si sposta sulla Rai: l’emittente pubblica ha in carico 1.700 giornalisti, e potrebbe dover ricorrere anch’essa presto a un alleggerimento. Se non quest’anno, per il bilancio 2010. La Rai è stata finora il polmone di finanziamento dell’Inpgi, i suoi sono poco meno di un terzo di tutti i contributi per posti di lavoro a tempo indeterminato.
Ogni anno di prepensionamento ai minimi di età, 58 anni, quindi per sette anni, ai maggiori livelli retributivi, qual è il caso di “Corriere” e “Repubblica”, si calcola che costi alle casse dell’Inpgi mediamente mezzo milione di euro. Il paradosso è che Berlusconi, il nemico del cda Inpgi, che impiega nei suoi giornali e le sue televisioni poco meno di mille giornalisti, non ne ha mai scaricato uno sull’Inpgi.