Rizzo e Stella fanno il conto sul “Corriere della sera” che il loro editore incassa di sussidi governativi solo il 4,4 per mille del fatturato del giornale. Sui 2,5 milioni di euro l'anno. Peraltro per scopi cui il “Corriere” volentieri rinuncerebbe, quali l’uso obbligato di Poste Italiane e la diffusione in molti posti all’estero. “Niente a che vedere”, aggiungono, “con i sussidi destinati a giornali concorrenti”. Che non sono da poco, per come li cifrano: C’è chi, magari facendo prediche sugli sprechi, incassa sotto varie forme… il 10 per cento del fatturato, chi il 16,3 per cento, chi addirittura il 20 per cento”.
Sono cifre enormi. Ma Rizzo e Stella non dicono chi sono i percettori. Anzi peggio: fanno capire che accedono a questi aiuti con pratiche poco leali, se non illegali. In un sistema, dicono, che soprattutto difetta di “regole chiare, patti chiari, concorrenza chiara”. Ma non li denunciano. Come sarebbe loro dovere. Mandano un avvertimento?
E da chi Rizzo e Stella hanno avuto le cifre? È probabilmente una primizia che dei giornalisti affermati, colonne del loro giornale, montino la guardia per conto dell’editore. Non sarebbe stato meglio che il presidente Marchetti o l’amministratore delegato Perricone firmasse a suo nome questi conti? E ci dicesse come li ha ricavati? Come è possibile che un giornale si faccia dare dal governo gratuitamente il 20 per cento del suo fatturato?
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