Incredibile l’attualità di un testo di quarant’anni fa, e della lettera di trent’anni fa che l’accompagna agli Straub, sui conflitti ebraici: in Palestina e con l’essere ebreo. Fortini sa, capisce, è del mondo, è tutto politico. Ma quando “crea” – scrive per l’eternità – si aggroviglia. Per l’originario, qui strabordevole, vizio intellettuale o piccolo-borghese: assolutizzazione della politica, canonizzazione dei comportamenti, strumentazioni rigide, cioè limitate. Che volentieri si esprime nella deprecazione – contro il piccolo borghese anzitutto. Da qui forse, da questa identificazione con una condizione tanto deprecata, l’irrequietezza, l’abominio di sé.
Franco Fortini, I cani del Sinai
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