Preciso, spedito, sensato, il presidente della Repubblica ha dato per san Silvestro una lezione di politica quale l’Italia da tempo ha scordato e non ama. Che tuttavia s’impone, la qualità s’impone. Soprattutto al governo, che ancora stenta a crederci: Napolitano ha spiegato cosa il governo ha fatto, il vertice dignitoso dell’Aquila, le missioni di pace dei suoi militari, le riforme varate, quelle in corso, quelle da avviare, compresa la non rinviabile riforma della giustizia. Per il bisogno che ha il presidente della Repubblica di tenersi il governo eletto e, sperabilmente, farlo lavorare per l’Italia. E perché non se ne può più di un Berlusconi “ladro di voti”, che se ne approfitta per le sue noiose, incontinenti ciance, e per i bagni di folla a compensazione dei dispiaceri familiari.
Senza dirlo, e senza sicuramente volerlo, quale referente di una costituzione parlamentaristica di cui è e vuole essere il depositario, Napolitano ha “rappresentato” l’esigenza di un esecutivo in grado di governare. A suo modo, cioè con le idee, ma forte di un sicuro status costituzionale: la presidenza della Repubblica è la carica politica più garantita delle istituzioni (i magistrati sono più garantiti di lui, anche se felloni accertati, ma quello è un altro discorso, non li eleggiamo). A suo modo Napolitano ha detto: il presidente sono io, dell’Italia e quindi del governo. La riforma che non ha citato ritenendo probabilmente la più utile e urgente, per rimediare a quel “governo attraverso la crisi” che da troppo tempo s’è imposto all’Italia aggravando i ritardi e le colpe della funzione pubblica - l’esecutivo è il punto debole sempre scoperto della Costituzione, fin dai tempi di De Gasperi, roba da quarta Repubblica francese, quella per intenderci finita cinquant’anni fa: il presidente del consiglio non ha nessun potere costituzionale, nemmeno quello di dimettere un ministro lestofante o traditore. Notevole tra parentesi la non dissmulata insofferenza per il presidente della Camera Fini, l'unico non citato, per l'uso strumentale della carica a fini di bottega.
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