Era prevedibile, dopo la furbata della Corte Costituzionale sul lodo Alfano - il ministro aveva ottemperato alla precedente decisione della Corte, cinque anni prima, ma non aveva visto una e. Il ministro ha accusato il colpo ma, ottemperando a un’altra decisione della Corte, in favore di due operai, specie protetta, ha messo allo studio un “decreto breve”, che non consente a Berlusconi di sfangarla nel trojaio milanese, ma gli allunga la vita di tre mesi. Se non che subito la Corte ha fatto sapere che troverà altre vocali nella sua decisione operaistica. Allora, zàcchete, il ministro dice che la decisione della suprema Corte non ha bisogno di un decreto del governo, c’è solo da applicarla. E la Corte? S’immagina riunita pensosamente a ponzare il colpo d’incontro. Dirà che non ha deciso niente? Che quello che ha deciso non è quello che dice Alfano? Che la sua decisione si applica agli operai ma non a Berlusconi? Qualcosa domani dirà, le idee al napoletanissimo consesso non difettano certo. Né c'è da dubitare che il Consiglio superiore della magistratura del senatore illustre Mancino non correrà in soccorso, anzi, è strano che in queste ore si sia eclissaro - avrà prolungato le ferie?
Ma, nelle more, le Corti amano le more, questa volta Berlusconi li ha fregati, i suoi tre mesi di vacanza giudiziaria è difficile che glieli tolgano - magari dirà, di nuovo, che lui è il primo degli operai. E questa è la giustizia. Si capisce che il presidente Napolitano non si raccapezzi, e moltiplichi gli inviti a stare tranquilli. Ma non potrebbe mandarli direttamente nelle stanze di fronte, la Corte sta di fronte al Quirinale? Anche con un pizzino, se vuole risparmiare sulla carta. Anche con una cerbottana, se vuole risparmiare sui commessi.
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