Può sembrare patetico, e lo è. Ma l’ambizione non manca a Draghi. L’ambizione è di buttare giù il governo con i suoi falsi studi. Di buttarlo giù prima che possa procedere a non confermarlo alla Banca d’Italia. La scadenza è lontana, fine 2011, ma il governo si troverebbe a doverla gestire a metà del suo percorso, insomma agevolmente, e questo Draghi non può permetterselo. Si spiega così la fila di castronerie che fa diffondere dal suo Ufficio Studi, da ultimo con l’ufficialissimo “Bollettino Economico”. Che ha fatto suo, senza più, il calcolo della disoccupazione dell’Ires-Cgil, l’ufficio studi del sindacato del Pd: tre punti in più di quella dell’Istat.
Un paio di settimane fa lo stesso Ufficio Studi ha rilevato che la produzione industriale nel 2009 è scesa al livello del 1984. Di venticinque anni, niente di meno. In volume: il volume delle merci prodotte “nella scorsa primavera si è riportato al livello della metà degli anni Ottanta”. Che non vuole dire niente dal punto di vista economico – l’Italia può avere un’altra struttura produttiva, i valori sono certamente diversi, e che vuole dire, “volume delle merci”?
Draghi è stato nominato da Berlusconi e Tremonti nel 2005. Lo stesso Tremonti che aveva buttato giù Fazio, il governatore in carica. Ma su indicazione dell’allora presidente della Repubblica Ciampi. Mentre ora Tremonti ha il suo proprio candidato, Lorenzo Bini Smaghi. Ineccepibile, essendo uno dei governatori della Banca centrale europea, e quindi inoppugnabile. Da qui la guerriglia assurda della Banca d’Italia al governo: Draghi fa il matador che nobilmente lascia la fase delle banderillas agli aiutanti.
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