sabato 16 gennaio 2010

La mafia dell'antimafia

Calogero Mannino è stato processato per vent’anni come mafioso, a lungo anche incarcerato, perché voleva fare politica all’insegna dell’antimafia e perché dava fastidio a Ciancimino, mafioso acclarato. Non è un errore, e non è un caso. È un dato costante che risale alla gestione della Procura di Palermo da parte di Giancarlo Caselli, di cui il meglio che si possa dire è che non vedeva l’evidenza. Avallando tra l’altro personaggi e procedure che il suo predecessore Chinnici denunciava pubblicamente – non a caso assassinato con grande fragore alla maniera di Beirut, con un’autobomba.
C'era un rischio nel concentrare la lotta alla mafia sulla politica e le istituzioni, che ora è una squallida certezza. La Procura di Palermo si è specializzata nel perseguire come collusi o favoreggiatori chi ogni giorno combatte i mafiosi, quali Contrada, e alcuni ufficiali dei carabinieri, il generale Mori in testa, lasciando alle forze dell’ordine la caccia ai criminali. Dopo vent’anni siamo ancora a una mafia gestita da Riina e Provenzano, e questo chiunque sa che non può essere. Ma chi sono i nuovi capi non interessa alla Procura di Palermo, come si paga il pizzo, dove, a chi, chi traffica la droga, attraverso quali canali, chi investe per conto dei mafiosi. Un atteggiamento omissivo che configura, questo sì, il reato di favoreggiamento, ma qualora in Italia ci fosse una giustizia.
Nella stessa Procura le accuse reciproche di mafiosità peraltro si sprecano, per esempio tra Ingroia e Pignatone, l’attuale capo della Procura di Reggio Calabria. Fanno parte della stessa leggerezza d’animo, impunità si dice a Roma, con cui la Procura palermitana si garantisce protezioni invalicabili processando in piazza allegramente Berlusconi e Dell’Utri. Non per i loro affari più o meno torbidi, ma in quanto mafiosi. Con un pentito da tempo squalificato, Di Carlo, che accusò quindici anni fa Berlusconi di traffico di cocaina per farsi estradare dalla Gran Bretagna, dove il carcere era serio, in Italia. E un pentito, Spatuzza, che dice in aula che prende ordini dai suoi capimafia… Non passa giorno che non ci sia occasione di celebrare Falcone e Borsellino, ma di Chinnici, che faceva i nomi, si è perduto pure il ricordo.
Contro Mannino sono stati portati venticinque falsi pentiti. Ma questo numero è già ricorso, nel falso processo, sempre per mafia, contro Giacomo Mancini. Non sarà, questa antimafia, un fatto esoterico, di numeri magici?

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