Draghi al posto di Papademos, il vice-presidente della Banca centrale europea in scadenza a luglio. È questa l’unica candidatura che l’Italia, e il governo Berlusconi, possono portare avanti con qualche probabilità di riuscita. E ancora, con qualche difficoltà interna: c’è già un italiano tra i governatori della Bce, Lorenzo Bini Smaghi, che quindi dovrebbe lasciare, sommuovendo l’intero consiglio. Ma la cosa è possibile, tanto più che Bini Smaghi prenderebbe il posto di Draghi al vertice della Banca d’Italia. Nulla da fare invece per un candidato italiano alla presidenza della Bce. Tanto meno per Draghi, che è presidente del Financial Stability Forum, l’antagonista cioè istituzionale della Bce, rappresentando l’“industria” del credito, cioè le banche. Ed è un presidente che potrebbe presto diventare capro espiatorio, se l'industria delle banche che lui rappresenta decidesse di attaccare l'Italia, il dbeito italiano, dopo la Grecia - la speculazione sa solo essere feroce, non ha debiti di lealtà
Per Berlusconi, ma a questo punto anche per Draghi, l’uscita verso la Bce rappresenterebbe una conveniente via d’uscita. Berlusconi non ha alcuna intenzione di confermare Draghi, che pure ha voluto alla Banca d’Italia quattro anni anni, alla scadenza fra un anno. Dopo l’opera costante di picconamento del suo governo operata dalla Banca d’Italia. Anche per le non celate ambizioni di Draghi di succedergli a palazzo Chigi, a capo di un governo tecnico, o di un governo di unità nazionale, le ubbie del “partito della crisi” l’estate scorsa.
Il rinnovo a scadenze diverse del vertice della Bce, la vicepresidenza a luglio, la presidenza a febbraio 2011, ha aperto il toto nomine e le candidature. L’Italia ha buone chance di avere un proprio rappresentante al vertice, dopo la condotta eccezionalmente buona tenuta dalla politica monetaria negli ultimi due anni, gli anni della crisi. Il cui merito è del ministro dell’Economia Tremonti e non della Banca d’Italia. Ma Tremonti è ormai un politico a tutto tondo e non ambisce spostarsi a Bruxelles, come è nelle ambizioni del cosiddetti grandi esperti. E d’altra parte l’Italia, seppure abbia maturato una sorta di “diritto di nomina” ai rinnovi, non può pretendere alla presidenza. Che per un patto non detto dovrà andare, dopo il “latino” Trichet, succeduto a sua volta all’olandese Wim Duisenberg, a uno del Nord. Che questa volta, difettando la Svezia e il Belgio di candidati credibili, dovrebbe essere il presidente della Bundesbank Weber.
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