Si discute di salvare i giornali facendone pagare la lettura in rete. Lo dice Carlo De Benedetti e bisogna credergli: noi non vediamo come, ma lui certamente sa. Uno però compra “la Repubblica”, il giornale di De Benedetti, grato che si faccia pagare ancora un euro, e che giovedì regali il prezioso “Trovaroma”, e non ci trova niente. Niente che valga di essere letto. A parte l’orrida cifra della tiratura, che arrembava verso il milione di copie, e ora scivola va verso il mezzo milione.
È patetico il silenzio su Chiamparino. O il poco spazio a Cinzia e Delbono, che si regalavano i soldi nostri e non sembra che lo ritengano un peccato - come del resto i Procuratori della Repubblica di Bologna: a Bologna tutti si regalano i soldi nostri? È allarmante il ritorno in pagina costante di Genchi, l’uomo di tutte le intercettazioni, nella vesta di moralizzatore. In difesa di Lapo, che i servizi segreti spiano, dice la superspia, e non gli è venuto in mente che Lapo ha un bisogno matto e disperato di uscire sui giornali – e quali servizi (non) spiavano Berlusconi al compleanno di Noemi? È incredibile il professor Guolo, che vuole difendere, non si sa perché, i mariti mussulmani che velano le loro donne, e non vuole dircelo. “In un contesto, come quello europeo, in cui la globalizzazione cancella confini e accentua le deterritorializzazione degli attori societari, ormai anche transnazionali”. Chissà che vorrà dirci Guolo (non avrà un’amante col burqa?). L’islam ha ben altro che il burqa da offrirci, quando non vuole semplicemente rompere i coglioni. Perché di questo si tratta: quanto alle donne, i padri ammazzano le figlie liberamente, anche senza il burqa.
Insomma, non si sa dove girarsi. Sarebbe rabelaisiano il professor Cordero, che dice Berlusconi un gangster. Ma poi non lo dice, dopo averlo promesso: strologa da giudice costituzionale su e già per lo statuto albertino (lo statuto albertino?) e la quasi settantenne Costituzione, ma senza averne l’autorevolezza, da leguleio. “«Confugio»”, gli scappa detto a un certo punto, “era il nome corrente nel foro napoletano quando chiese e conventi ospitavano gli immuni”, il che significa che il giudice è contro il diritto d’asilo, vorrebbe essere Sade oltre che Rabelais, e va bene. Ma non sarà che il “professore emerito autore prolifico” dell’autobiografia in rete è di formazione pagliettistica?
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