Che squallore la lettura delle intercettazioni dei carabinieri su Bertolaso e dintorni. Che squallore la lettura delle intercettazioni su un solo giornale, il “Corriere della sera”, a cui evidentemente sono state “vendute”, non sono atti dell’inchiesta, non le hanno “Repubblica”, “La Stampa”, “Il Messaggero”. Che squallore che il “Corriere della sera” titoli “Ecco le carte”, e poi produca paginate di niente, qualsiasi telefonata di de Bortoli con la proprietà del giornale sarebbe più alluring. Giocando di furbizia, grande abilità retorica certo, tra “carte” e “prove”: la carte non sono prove, sono le carte del giudice Lupo, ma chi legge non fa certo il filologo. Carte sovrastate dall’occhiello: “Anche i nomi di Matteoli, Verdini, Pepe e Viceconte nelle telefonate”, e uno finisce per chiedersi: solo quelli? Siamo ridotti a questo. Una uscita non casuale, non dovuta alla fortuna o al fiuto di un reperter, vi è impegnata una squadra, con i migliori cronisti, Bianconi, Sarzanini, un’operazione programmata.
È inomma uno scandalismo da non sottovalutare. La Protezione Civile che sa fare i miracoli e lo stesso Bertolaso ne usciranno, se le carte dopo una settimana sono queste. Ma l’accordo D’Alema-Corriere della sera, patrocinato da Bazoli, che ha già prodotto la D’Addario e ora Francesca-Monica, porterà altri danni. Non scandali veri, come sarebbe opportuno, qualche volta. Si sa che tutti rubano negli appalti, ma si sa anche che nessuno vuole andare a fondo, non D’Alema che sarebbe il primo a rimetterci, lui che aveva fatto di palazzo Chigi una finanziaria. L’etica viene limitata agli schizzi di fango, quanto basta per l’orgasmo dell’uomo della strada. E su questa strada D’Alema può fare molto male: non mandare dentro qualche corrotto, ma impedire al governo di governare, questo sì. Tutto questo è “Milano” e D’Alema ha da tempo riposto ogni ambizione da statista, si accontenta di galleggiare, di servire come non questa Milano dalla quale un anno fa esattamente è stato rimesso in carreggiata.
D’Alema non controlla solo Bari e Firenze, controlla Bologna e Venezia, e soprattutto Napoli. Dove il suo candidato non ha avuto concorrenti, si è semplicemente imposto alla sinsitra per le regionali, mentre la Procura sollecita caricava di avvisi di garanzia i bianchi del Pd, gli ex popolari e gli ex democratici di Prodi-1999. Inoltre è da un anno, da quando Rutelli ha scartato nel Pd, in pectore e poi di fatto a capo dei servizi segreti. “Controlla” cioè i carabinieri. Le indagini non indagini della polizia giudiziaria nel caso Bertolaso non hanno altra spiegazione: è roba da spioni. Chiedere il cognome di “Francesca” per esempio, la data di nascita, la professione. O di “Monica”. Non ci voleva molto, e invece le carte del dottor Lupo non arrivano nemmeno a questo. Sono roba di bassa lega, da servizio scorte, ambìto per gli straordinari, ma per il quale bastano due metri di niente. In grado tuttavia di fare molto male. Così come l'industria delle intercettazioni, che come le scorte non ha da faticare. Di fare male non a Bertolaso naturalmente, povera stella, né a Berlusconi, chi è Berluconi, se poi vince col Milan, ma che il governo non si permetta di governare.
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