venerdì 5 febbraio 2010

Il fallimento sarebbe più sano

È stato un paradosso all’inizio, che il mercato si sia voluto far salvare dallo Stato, cioè dai contribuenti. Non la General Motors, che è, è stata, l'America, ma è stata lasciata alla procedurafallimentare. No, le banche. Alcune banche, Lehman Brothers e un centinaio di banche minori sono state lasciate al fallimento, senza danni. Una furbata, i salvataggi. Ma a un anno e mezzo sono un grosso macigno sulla strada della ripresa, in contrasto con la concorrenza, e cioè col mercato stesso. E non è un paradosso ma una tragedia, se ci fosse ancora il senso del tragico, che le rapine e gli errori delle banche privilegiate siano pagati dagli Stati, dalle popolazioni, dai poveri. Nel caso italiano la crisi viene addirittura giocata dalle banche contro la liquidità, sommergendo i risparmiatori di derivati sul debito pubblico, cioè di costose polizze su un titolo che è cento volte più solido delle banche che lo assicurano. Mentre in Spagna il Banco Santander può dichiarare profitti record e tacere che è sommerso da crediti inesigibili, un buon terzo dell’immobiliare spagnolo, esposto per 350 miliardi.
È dubbio che la camicia di forza dell’euro possa garantire un salvataggio. Anche se ne escono la Grecia, la Spagna e il Portogallo, si ragiona, il sistema può continuare a lavorare. E invece no. Nell’impossibilità di un allentamento della rigida politica monetaria e del debito europea, sarebbe opportuno che le banche che non ce la fanno, o i paesi che non riescono a pagare il debito, dichiarassero default. Sarebbe un terremoto per tutto il sistema finanziario, ma sarebbe anche un bubbone che scoppia senza infettare l’organismo. O comunque lasciando l’organismo libero di recuperare, una ricostruzione immaginabile dopo il sisma. Anche perché non c’è una vera protezione civile contro i disastri, non c’è una guida o un’idea per uscire dalla crisi, non è Obama, non è l’Unione europea. Più debito pubblico per un debito privato ingovernabile è un sisma distruttivo continuo, già a questi livelli il debito è un mostro divorante.
Il mondo creato dale banche
Il segno di questa crisi sarà che l'informazione è dominata dalle banche. Tuttora, dopo la crisi da esse provocata, l'informazione che è poi la realtà in cui viviamo. Nei giornali, con la occasionale eccezione del "Sole 24 Ore", nei telegiornali, nei commenti degli specialisti. Più di tutti nelle cosiddette bibbie degli affari, "Financial Times", "Economist", "Wall Street Journal" - gli stessi che grasiosamente pongono la virtuosa Italia tra i Pigs, che è un acronimo per Portogallo, Italia, Grecia, Spagna, ma significa porci, i paesi che minacciano il mercato, paesi mediterranei, non la Gran Bretagna o gli Usa. Veramente, la I di quel "porci" dovrebbe stare per Irlanda, ma per non infierire ancora sugli irlandesi gli inglesi benevolenti ci hanno aggiunto l’Italia, Piigs - che poi torna Pigs senza l'Irlanda.
La verità è che lacrisi è gestita dalle banche, non è stata da esse soltanto provocata. Col mercato delle voci e dell'opinikne pubblica. Coi superprofitti che denunciano nel pieno della crisi. Con la feroce sopeculazione in atto, contro la Grecia. E poi contro la Spagna - o in alternativa contro Non molto più di un anno fa l'"Economist" promuoveva a pieni voti malgrado la crisi la Spagna, tanto più, scriveva, per il raffronto con l’Italia, “nella morsa di un declino senza rimorsi” (gli spagnoli erano anche più alti, avendo un cestista di m. 2,13...). Oggi il Bilbao e il Santander non fa più pubblicità?
Perché non è vero che gli spagnoli sono più alti degli italiani. Se dieci banche italiane, due o tre ministeri e sei o sette industrie ne comprassero venti pagine, l’"Economist" non avrebbe problemi a riconoscerlo: i “rapporti” dell’Economist si fanno in base al numero delle pagine pubblicitarie che vengono prenotate.
Tanto, Italia o Spagna, sempre paesi latini sono per Londra, buoni per scherzarci su. Non a torto, visto il credito che danno aalla perfida Albione. Tanta acribia si fa valere anche se l'ottimismo che si esibisce (il credito della Spagna, l'aumento di capitale Unicredit...) è quotidianamente svergognato.
Ma, non va riopetuto abbastanza, i giornali poi contano poco, in quanto sono lo specchio delle banche angloamericane. Sono loro che hanno prodotto la crisi, a loro vantaggio, e la alimentano ora con la speculazione distruttiva contro gli Stati. La politica è sempre relegata in un angolo, non solo in Italia, dall'ideologia non innocente dell'antipolitica, anzi da qualche tempo scopertamente truffaldina, il cui gioco sono le tre carte, nelle pause dell'abbattimento o indebolimento dei governi.

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