mercoledì 17 febbraio 2010

L'antipolitica del "Corriere"

Si leggono con sgomento, a giorni alterni, le quattro, sei, otto pagine del “Corriere della sera” sul nulla dell’inchiesta di Firenze. Roba da depressione. Non per le frivolezze delle intercettazioni, a chi interessano la psicologia e la filologia da caserma?, ma che il più grande e qualificato giornale d’Italia ce le contrabbandi per prova di chissaché. Con contorno di intellettuali proni al ricamo virtuoso, pur di "uscire" sul “Corriere”. Mentre qualsiasi pettegolezzo di “Novella” ha più sostanza. C’è la corruzione in Italia, oh se c’è, a Milano poi non ne parliamo. Ma quello che si legge sul “Corriere della sera” è tutta un’altra cosa: pranzi, massaggi, amicizie, raccomandazioni.
È lo sconforto totale, roba da vomito. Non per la caserma, sia chiaro, dalla quale non ci si aspetta più di tanto, quanto per il nobile e stimato giornale. Che non è un giornale scandalistico. Né fa controinformazione, non è il “Manifesto” del 2010. Ma conferma in tutto e ancora una volta di essere “Milano”. La Milano che ci governa con l’antipolitica. Da vent’anni ormai. Per coprire la grande corruzione che da Milano ci divora. Con la scusa della corruzione, che questa “Milano” non combatte e anzi alimenta. In realtà per impedire un governo, un qualsiasi governo, che solo può combattere la corruzione, certamente non le note di servizio, le foto rubate, gli scampoli di conversazioni montati da filologi in divisa: con la furbizia, con la superbia (si veda Maierato che spazio ha in quel giornale, un sesto di pagina, San Fratello neanche quello), con l'ipocrisia. Ora, per esempio, che prepara il terreno per l'offensiva delle banche angloamericane e degli hedge fundscontro la Bce e l'euro per il debito italiano, messo in cascina il bottino dell'operazione Grecia. In una con la gloiosa armata del "Financial Times", l'"Economist" e il "Wall Street Journal" che da tempo affilano le armi e scompaginano il vocabolario, dilatanto i Pigs (porci, per Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) in Piigs, aggiungendoci la I dell'Italia. Senza disdegnare la violenza.
Successe nel 1994, quando il “Corriere della sera” liquidò il governo Berlusconi appena eletto col falso avviso di garanzia. L’estate scorsa, quando azzoppò il governo, ancora una volta Berlusconi, con le testimonianze a caro prezzo di Bari, anche allora in esclusiva. Ora con l’attacco a una cosa che indiscutibilmente funziona, la Protezione Civile, senza alcuna vera ragione. Con la benedizione sempre degli arcivescovi, che a Milano sono con l’ex Opera delle chiese un centro di corruzione, uno dei tanti. Con le banche, la Borsa, la Procura, i giornali, e il calcio.
La vera questione morale è la questione morale stessa che questa Milano agita. La prova è nell’esclusiva. Le carte che il “Corriere della sera” pubblica non sono procurate, non c’è giornalismo investigativo sulle trascrizioni delle intercettazioni, quelle carte sono “date”. Da una fonte istituzionale, cioè un giudice o uno degli investigatori, di cui il giornale possa fidarsi. Si dice, o meglio si lascia intendere, che sono fornite dalle Procure, di Firenze, di Bari, eccetera. In realtà non si dice, perché una Procura non può fornire alcunché, può solo promuovere atti giudiziari. Di cui tutti siano a conoscenza. Le note, inoltre, sono fornite “montate”, cioè trascritte, tagliate e cucite. Ogni volta con un oggetto preciso di scandalo. Un giorno le donne, un giorno gli appalti, un giorno le nomine, un giorno le raccomandazioni, magari a un amico d’infanzia. Abbiamo dunque un pubblico ufficiale fellone. E il più grande giornale nazionale che fa da grancassa alle veline di fonti segrete.
Velinisti di poteri oscuri (ma non tanto)
La controprova è la scarsa attenzione che Milano dà, per primo in Procura, alla corruzione. Alla corruzione di chi conta, Milano è severamente classista. La lista degli evasori fiscali in Lussemburgo, procurata dalla polizia tedesca, è rifiutata dalla Procura di Milano perché solo l’acquisizione di notizie con le prescritte rogatorie sono utilizzabili penalmente. Mentre i piccoli esportatori di capitali di Lugano, farmacisti, grossisti, trasportatori, battilamiera, che si affidano agli spalloni con i bigliettoni in tasca, sono perseguibili senza alcuna rogatoria. Non sono perseguibili i Moratti per il collocamento in Borsa della Saras. Come non sono perseguibili Telecom, Pirelli e Tronchetti Provera, che hanno fatto spiare i dipendenti e mezza Italia. O la Rizzoli Corriere della sera, dove 1.300 miliardi sono spariti quindici anni fa, e tutti rubavano, si pagavano in nero in Svizzera, pagavano i partiti, come risultò da prove acquisite dai revisori contabili, ma non per la Procura. O prima per la vera storia della Sme, un colosso da cinquemila miliardi ceduto nel 1986 da Prodi a Carlo De Benedetti per niente, anzi dotato di trenta miliardi di credito pubblico gratuito. Si punge Berlusconi, per infrazioni anche molto minori rispetto a queste, ma solo perché si è prefisso di governare l’Italia: questo è dichiarato, dal giudice Borrelli, quello dell’avviso di garanzia del 1994, e da altri.
Si deduce da tutto questo, ma poi si sa, che il “Corriere della sera” non è solo. C’è un apparato giudiziario e investigativo feroce sotto il suo ombrello. Con una protezione politica oggi individuabile in D’Alema, su cui gli apparati investigativi da tempo hanno puntato. Anche scopertamente. Per la carriera. E per l’impunità? Si sa che c’è un buco nero nella storia dell’Italia, dalle bombe alla Fiera di Milano e poi da Piazza Fontana, su cui non è possibile fare chiarezza – le bombe impunite, sui treni, i ponti, le piazze, sono un paio di migliaia. Ma le bombe sono come la mafia: più spesso non si può provare nulla, ma sempre si sa chi e che cosa ha fatto. Il buco nero è comunque a Milano, su questo non c’è dubbio. E il riflesso è anch’esso palese sul suo maggior giornale: le carte sovversive sono fornite in esclusiva al “Corriere della sera” per la certezza che il giornale dà che verranno utilizzate tal quale, allo scopo che chi lo fornisce si prefigge. Che può essere giusto infangare Bertolaso, o Berlusconi, senza mai una prova di un crimine, che sarebbe risolutiva. Insomma, d’impedire un governo e indebolire la politica. È la controprova della “manovra”, di un’informazione spionistica più che giudiziaria: sono carte di chi si vuole appunto sovversivo, non risolutivo.

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