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giovedì 18 febbraio 2010

Letture - 26

letterautore

Agiografia – Semplifica ma è semplice. E dunque veritiera. Non mitizza ma aneddotizza. Col vantaggio quindi della narrazione, ma con lo stile “fratto”, del realismo.

Arte – Fa gli artisti, li illumina, li nobilita, li salva. Il viceversa non è vero: un artista bello e nobile non necessariamente fa arte.

Negli esteti è esercizio di eccellenza, di superiorità. È in questo tipo di estetica che si trovano le peggiori devianze: se Dorian Gray è inoffensivo, Hitler non lo è più – il nazismo come esercizio di potenza estetizzante non è esercizio vacuo.

È lì per farci durare, il sogno dell’eternità nella posterità. La vita è il fare, artigianale o cumulativo, sentimenti compresi. O il non fare.

Biblioteca – È un mito. Il luogo ordinato della mente, o anima. È un mito povero, benché Borges lo abbellisca, non animativo.
Quella di Ecateo-Diodoro in realtà non c’è. Ecateo non la trovò a Tebe, non Diodoro a Alessandria. Si disse che era bruciata, nei secoli più volte, ma non bruciava, non essendoci. Quella di Efeso, che è rimasta, era un monumento funebre. E quella di Pergamo, con la quale siamo già nella logica autonoma della biblioteca, in questo caso il mercato della linea: classico-antico-autorevole. Di essa è collaterale il fuoco, che accentua la rarità.
Al mercato si collega l’autenticità: è succedaneo del fuoco per corroborare l’esclusivo possesso. E per moltiplicare la biblioteca: Didimo fu autore di quattromila volumi di sintesi e di commento. Che non può essere vero, a un volume a settimana ci vogliono 77 anni di vita attiva. Ma è “vero”: la biblioteca è un organismo di superfetazione, che s’impone agli autori, e tanto più a quelli remoti, i classici – quali testi, quali righe, quali significati. È un animale a sé. Solo apparentemente è un animale inoffensivo.

Birignao – Da Manzoni a Feltrinelli e agli alternativi surgelati Einaudi, solo frasi costruite: forme vuote, niente storie, niente personaggi, niente sentimenti. Le ire di Gadda si devono camuffare di convolvoli. Al meglio si sceglie la marginalità – Landolfi: quasi il silenzio. Prima, ancora nel Seicento, nel Settecento, dentro la forma involuta ci sono storie, novità, sorprese, fratture, sberleffi.
Poi, nell’Otto-Novecento, che il mondo hanno arricchito di fantastica poesia e di romanzi, la piattezza precotta, predigerita. Con un piacere del testo ridotto all’ammicco al critico formalista, unico lettore, con un occhio alla classificazione delle storie letterarie.
È la letteratura di una borghesia cava, vuota, che ritiene di avere qualche principio da sostenere ma non mette forza nelle mani, nessuna energia, nessun sudore – tra colonnati di tufo, di cartapesta, il teatro della letteratura e non della vita o della storia. È la letteratura fatta a Milano, genere lombardo dunque. Dice: è la letteratura industriale. No, anche i prosciutti sono industriali, anche i vini,ma sono saporiti. È il conformismo del denaro, del potere.

Borges – Amabile illusionista, della parola unica, della biblioteca, del labirinto, delle ombre viventi, o dei sogni, della reincarnazione, dell’impossibile naturalità, delle origini. Tutta roba inerte, residuata dal decadentismo, bric-à-brac. Ma quanto potente la sua capacità di montarvi illusioni!

Giallo - Sulla deduzione Achille Campanile ha un racconto-saggio illuminante in “Manuale di conversazione”: il “sistema deduttivo” è autoreferente, non porta a nulla.

L’indagine a partire dai particolari è dell’attribuzionista Giovanni Morelli, il deputato e senatore di Bergamo, che molto guadagnò comprando a poco e vendendo a molto, anche lui medico di formazione come Conan Doyle. A fine Ottocento il metodo di Morelli, che fece molti discepoli, era praticato e noto in tutta Europa.

Letteratura della Repubblica 2 – “La realtà acquista un linguaggio nuovo ogni qualvolta si verifica uno scatto morale, conoscitivo, e non quando si tenta di rinnovare la lingua in sé… Se ci si limita a manipolare langua per darle una patina di modernità, ben presto essa si vendica e mette a nudo le intenzioni dei manipolatori”, Ingeborg Bachmann, “Letteratura come utopia”, pp. 23-24. Le fragilità delle avanguardie milanesi di plastica degli anni 1950-1960 sono talmente evidenti che si fatica a credere abbiano potuto governare l’Italia delle lettere. Anche se qualcuno, Eco, Arbasino, faceva il contrario di quello che diceva - volevano “partecipare”, e si sono costretti per questo alla mediocrità (sì, middlebrow, midcult, mezza calzetta…).
Bachmann lo diceva in anticipo, alle pp. 22-23: “Tutte le opere veramente grandi di questi ultimi cinquant’anni, quelle che hanno reso visibile una nuova letteratura, non sono nate dalla volontà di sperimentare nuovi stili, né dal tentativo di esprimersi ora in un modo ora in un altro, né dal desiderio di essere moderni, esse sono nate sempre laddove, prima di ogni conoscenza, un pensiero nuovo, con la sua forza dirompente, ha dato il primo impulso, cioè dove, prima ancora di ogni formulabile etica, la spinta morale è stata abbastanza grande da concepire e progettare una nuova possibile etica”.

Massa - La cultura di massa è soffocante perché cultura di epigoni, ripetitiva. Le masse nella cultura potrebbero produrre sfracelli, anche gratificanti. Ma la cultura di massa è il supermercato, come si dice, dove scaffali uguali propongono prodotti indistinti.

Proust - “Ho pensato ai nomi leggendo Proust”, dice Ingeborg Bachman in una delle conferenze di Francoforte nell’inverno del 1959, a proposito dei nomi in letteratura. Quelli di Proust, se non sono a chiave, e per il lettore in libreria non possono, sono inconsistenti. Molto scritti, minuziosi, pignoleschi, da vendetta molto mirata, e molto inconsistenti: Marcellino li gonfia e poi li cancella, li trascura - “gusci vuoti” li direbbe Bachmann. Ha consistenza solo Albertine, ma sotto mentite spoglie, poiché era un signore baffuto. I duchi resistono, ma in quanto duchi.

Romantico – Riccioli, barbe, sciarpe colorate, occhi lucidi, pessimismo coltivato, paure: è il somatismo del deluso dall’amore, di chi ne ha paura. Diventa sentimentale perché deluso in una sua fantasia. Da qui il senso di morboso.
Il romanticismo è l’orrore dell’amore, della natura? Sì, è un dilettarsi che nasconde un’avversione, un intimismo che è un piacere sadico.

Sciascia – Il libro che (non) ha scritto su Manzoni. Una forma di autoritratto. Del Manzoni noto come poeta, alto, di odi, tragedie, inni, in realtà tormentato dalla storia – al tempo di Sciascia si diceva dalla passione civile: la rivoluzione dell’‘89, il Risorgimento, i Longobardi, il Seicento a Milano (che secolo!). Che esplode inatteso – Goethe-Eckermann – nel romanzo storico.

letterautore@antiit.eu

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