astolfo
Andreotti – Il quinquennale processo di Palermo lo ha eretto a protagonista assoluto della storia degli ultimi quaranta o cinquant’anni – si piega che vi abbia partecipato di buon grado. I soliti piemontesi Violante e Caselli hanno semplificato la storia in un drammone in cui solo comunisti e democristiani esistono: i democristiani erano i cattivi, la mafia, i comunisti sono i buoni. È uno scandalo, per la giustizia e per la storia. Che Andreotti facesse affidamento su Lima, e che Lima fosse stato da tempo catturato dalla mafia, non c’era bisogno di cinque o sei anni di indiagini, con foto che ci sono e non ci sono, e dibattimenti per saperlo. Ma è una soperchieria ingegnosa: Andreotti, il più piatto dei leader Dc, ne è nel suo intimo commosso, ne hanno fatto un gigante.
E la mafia? Se la mafia è una protesi del potere, a cosa la attacchiamo oggi?
Antipolitica - Come l'antimafia, è specchio del suo oggetto. Deformante, anche se sembra impossibile: è la passione eccessiva, invadente, opportunistica, violenta, applicata alla politica. È una politica, deteriore.
Clinton – È l’uomo, oltre che il presidente, del passaggio dalla storia viva alla storia a fumetti. Alle idee che fluiscono con appropriato software, inelastiche e insensibili. E ai soggetti senza giro di vita, senza articolazioni nervose, senza colore. Impensabile alla storia. Già Reagan era insensibile. Ma riteneva ancora che bisognasse parlare con gli altri, fingere un dialogo, con Gorbaciov, con Kohl, con la Thatcher. I Clinton no: sono l’espressione umana, oltre che politica, di una vita programmabile e programmata. Misurano in centimetri la penetrazione, e fanno la tipologia del coitus interruptus anche negli amori ancillari. È pura fumettistica di fantascienza la guerra alla Serbia: l’invenzione della resistenza, la guerra dall’oggi all’indomani, già programmata, i bombardamenti notturni, la vita ordinaria di giorno. Con alleati dalle lontane province che sono echi, come le bombe – che non fanno più bum ma lampi. O il negoziato di Seattle: un film della resistenza urbana, del genere brutti, sporchi e cattivi.
Anche figurativamente, se ci fossero cloni umani uno li immagina come i Clinton: stirati, colorito uniforme, aitanti, un po’ rigidi, con una figlie e un cane su cui prospettare belle pagine di home web. Il cinema, arte popolare che ha quindi antenne sensibilissime per la realtà, è sempre più giocato su questa Oggettività Regolata: gli scarti dei personaggi – ribellione, diserzione - sono malfunzionamenti, non c’è in essi desiderio o odio. Il rapporto più ravvicinato, il coito, si misura quantitativamente: lunghezza, spessore, numero di colpi, durata.
Comunismo – È una vocazione più che un’ideologia, da ortopedia: piega la vita e tutte le sue terminazioni, le copre abbondantemente di gesso, e aspetta che si secchi.
Europa – Non a due velocità ma a due società: una è quella degli interessi, controllati con durezza, l’altra sono le nuove leve desideranti, giovanili, femminili, cioè stupide – l’utopia è infantile, quindi stupida. Da qui l’irrilevanza della politica, del buon governo: il danaro ha sopravanzato la politica, lasciando tutto ciò che non dà guadagno agli enfantillages dei buoni propositi, meglio se estremisti. Giovani e donne danno l’illusione di fare, di realizzare le loro illusioni, e la politica perde la forza della mediazione e dell’iniziativa.
Potere - L’Urss dopo l’Iran – e la Cina? – dimostrano che la teoria novecentesca del potere, ipostatizzato, assolutizzato, è vacua. La triade partito-polizia-esercito non è se non a sua volta una funzione – ignobile come triade e oscena per il partito, che per definizione è politico, ma funzionale. A ideologia, tradizioni, mode, generazionali e propagandistiche. Con un di più negli interessi, che però sono saprofiti, si adattano alle schiene che tirano.
Il potere è nella carne degli uomini. È la suggestione dei rituali, del “Trionfo della volontà”, della “Corazzata Potiomkin”, se e finché esse non diventano manifestazioni ridicole. In un certo senso è opportuno non far vedere “Il trionfo della volontà”, che evidentemente suggestiona ancora: i governanti hanno il dovere della pedagogia. I governanti sono pedagoghi.
Nella vecchia analisi del potere il comunismo non poteva crollare in Urss – e in Cina – né lo scià poteva scomparire senza residui. Secondo l’analisi “classica” – fino a Hannah Arendt - del totalitarismo. Meglio aveva fatto Adorno, prima di Foucault: meglio aveva indagato, meglio di H.Arendt, il totalitarismo nelle sue radici, le pulsioni. Il potere è nel cuore degli uomini: imprinting, riflessi, abitudini.
Sindacato – L’organizzazione è il suo limite, l’inadattabilità. Liberato dal classismo avrebbe dovuto trovare nuovi spazi e più coraggio: erano vive le associazioni libere di mutuo soccorso prima della lotta di classe.
Sviluppo - È un fatto nuovo: il perseguimento della ricchezza è un fatto nuovo. Si può immaginare un paese ricco di oro e diamanti, e di manodopera a buon mercato, di schiavi perfino, e tuttavia povero, anzi impoverito: è il Sud Africa. Si può immaginare in Calabria, nella piana di Gioia Tauro oppure a Lamezia, una base Nissan o Toyota per l’Europa, con gli incentivi europei e italiani, e la trasformazione di un’economia agricola e mafiosa a centro innovativo e propulsore per tutta l’Italia. Ma, se anche fosse possibile, se il liberismo europeo fosse reale, in Italia non sarebbe avvenuto: il comune, la provincia, la regione, lo Stato, il prefetto, il giudice e ogni autorità burocratica sarebbe contro. E questo è il secondo punto: lo sviluppo libera.
Un parallelo Usa-Europa in materia d’incentivi, fisco, regolamenti ambientali, per la sicurezza, sanitari, sindacali, ne dà ampia testimonianza, con tutti i limiti della libertà negli Usa. Che la ricchezza sia libertà è paradosso solo apparente: ogni libertà è ricchezza, anche in senso materiale.
Tecnologia - È un fatto sociale, prima che tecnico. Non è un fiore sull’immondizia, si forma per concrezione.
astolfo@antiit.eu
sabato 6 marzo 2010
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